Provvedimento segnalato dall’Avv. Mauro Colandrea, del Foro di Torre Annunziata, che ha patrocinato il giudizio
In tema di marchio forte, vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume la sua attitudine individualizzante.
Questo il principio affermato dal Tribunale di Napoli, Giudice Ilaria Grimaldi, con provvedimento del 08 novembre 2024.
La vicenda tra origine da un procedimento ex art. 700 c.p.c. e 20 c.p.i. promosso da un noto stabilimento turistico-balneare della Penisola sorrentina nei confronti di una società di diving.
Il ricorrente, titolare di registrazione ultradecennale, ha lamentato la violazione dei suoi diritti di privativa per aver la controparte non solo, utilizzato un marchio pressoché identico a quello registrato ma, al contempo, per aver creato un logo “nuovo” che, pur presentando modificazioni rilevanti rispetto al marchio registrato, finiva per ingenerare il rischio di confusione poiché utilizzato in associazione al marchio contraffatto soprattutto tramite le piattaforme social.
Ebbene, il Tribunale di Napoli, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel ritenere integrata la violazione dell’art. 20, co. 1, lett. b), c.p.i. ha precisato come tale fattispecie si configuri ogni qual volta si sia in presenza di segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, quando a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
Il Giudice ha altresì chiarito come l’apprezzamento sulla confondibilità dei segni debba essere svolto, nel caso di affinità dei prodotti, non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica. Il giudizio, per quanto parametrato all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi mediante una valutazione che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo, e condotto in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, non può che assumere come elemento dirimente l’identità o comunque la similitudine. Il raffronto deve essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda e il ricordo dell’altro, e deve essere motivato mediante l’indicazione, per quanto sintetica, delle ragioni che lo hanno orientato e degli elementi che attirano primariamente l’attenzione del fruitore (cfr. per tutte Cass. civ., sez. I, 03/03/2023, n. 6530).
Il giudicante ha ulteriormente evidenziando come il marchio debba possedere capacità distintiva, normalmente garantita attraverso un distacco concettuale, più o meno accentuato, fra il segno e il bene (prodotto o servizio) a cui si riferisce, secondo una ideale curva progressiva del parametro della capricciosità e dell’arbitrarietà del collegamento, che va dalla generica denominazione del prodotto o servizio stesso (con tasso di distintività pari a zero), sino all’assenza assoluta di collegamento logico (distintività massima), attraverso gradini intermedi che declinano in via decrescente l’intensità del collegamento logico fra segno, da una parte, prodotto o servizio, dall’altra. Se il collegamento logico è intenso, si parla di marchio debole, se il collegamento logico si fa sempre più evanescente, si parla di marchio sempre più forte. La ratio sottesa a tale principio vuol impedire che attraverso la privativa sul segno si venga a precostituire un monopolio sullo stesso prodotto o servizio contraddistinto.
Inoltre, il grado di tutela accordata al marchio muta, in termini di intensità, a seconda della sua qualificazione quale marchio «forte» (e cioè costituito da elementi frutto di fantasia senza aderenze concettuali con i prodotti contraddistinti e, quindi, senza capacità descrittiva rispetto alla tipologia di prodotto contrassegnata) o «debole» (ossia costituito da un elemento avente una evidente aderenza concettuale rispetto al prodotto contraddistinto).
La distinzione fra i due tipi di marchio, debole e forte, si riverbera sulla loro tutela di fronte alle varianti: nel senso che per il marchio debole anche lievi modificazioni o aggiunte sono sufficienti ad escludere la confondibilità, mentre, al contrario, per il marchio forte devono ritenersi illegittime tutte le variazioni e modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del «cuore» del marchio, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandolo in modo individualizzante.
Nella fattispecie dedotta in giudizio è stato affermato, sulla scorta della copiosa documentazione depositata, che il marchio registrato di cui veniva invocata la tutale è senz’altro qualificabile come marchio forte; pertanto, soggetto a tutela “rafforzata” che lo preserva anche contro modifiche sostanziali e rilevanti che, tuttavia, non ne alterino il carattere individualizzante.
Sulla base di queste considerazioni, il Tribunale ha integralmente accolto il ricorso proposto dal titolare del marchio ed ordinato: l’inibitoria dalla prosecuzione delle condotte di contraffazione; l’immediata rimozione di segni identici o simili al marchio registrato dall’insegna, dalla ditta, da ogni altro elemento e/o accessorio utilizzato per esercitare, promuovere o commercializzare i servizi per cui è causa, nonché dal sito internet e dalle pagine dei social network; fissato una penale per ogni eventuale ulteriore violazione e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
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