ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di mediazione, al fine del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non è sufficiente che l’affare sia stato concluso ma, in forza dell’art.1755 cc, occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore, il quale deve aver messo in relazione i contraenti con un’attività causalmente rilevante ai fini della conclusione del medesimo affare.
E’ questo il principio di diritto richiamato espressamente dalla sentenza pronunziata in data 03/02/2014 dal Tribunale di Verona in persona del dott. Massimo Vaccari, in materia di mediazione.
Nel caso di specie, un mediatore aveva citato in giudizio due società al fine di veder riconosciuto il proprio diritto alla provvigione in virtù dell’attività di mediazione dallo stesso espletata in favore delle predette e che, a suo dire, aveva portato alla conclusione tra loro di una compravendita avente ad oggetto un immobile.
A loro volta, le due società convenute, costituitesi in giudizio, avevano chiesto il rigetto della domanda attorea deducendo che l’affare non si era concluso per effetto dell’intervento del mediatore.
Ebbene, il giudice di merito, chiamato a pronunziarsi sul caso de quo, ha ritenuto di dover escludere il diritto alla provvigione del mediatore, atteso che l’affare concluso dalle parti era stato diverso da quello per il quale il mediatore aveva svolto la sua attività.
Ed infatti, dalle risultanze istruttorie, è emerso che l’oggetto del contratto di compravendita concluso tra le due società convenute fosse stato diverso da quello per il quale il mediatore aveva espletato l’incarico.
In motivazione, il Tribunale ha altresì richiamato un costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attività del mediatore, e la conclusione dell’affare, sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la messa in relazione delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto. Ne consegue che la prestazione del mediatore ben può esaurirsi nel ritrovamento e nell’indicazione di uno dei contraenti, [..]sempre che la prestazione stessa possa legittimamente ritenersi conseguenza prossima o remota della sua opera, tale, cioè che senza di essa il negozio stesso non sarebbe stato concluso, secondo i principi della causalità adeguata. (Cass. civ. sez.terza, sentenza n.3438 del 08/03/2002).
In conclusione, dunque, il giudice di merito ha rigettato la domanda attorea sul presupposto che il diritto alla provvigione possa essere riconosciuto al mediatore solo allorquando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera svolta e sempre che l’attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, che sia stata poi valorizzata dalle parti.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 80/2014