ISSN 2385-1376
Testo massima
L’accordo raggiunto tra le parti nell’ambito del procedimento di mediazione è assoggettato alla disciplina dei contratti; pertanto, non vi è alcun motivo ragionevole per non ritenere applicabile all’accordo raggiunto in mediazione anche alla condizione sospensiva di cui all’art. 1353 c.c.
Questo il principio affermato dal Tribunale di Roma, dott. Marcello Buscema, con la sentenza del 22 ottobre 2014.
Il fatto
Nell’ambito di una controversia vertente sulla divisione di beni ereditati, alcuni eredi decidevano di giungere ad un accordo in sede di mediazione con la sola esclusione della moglie del de cuius, nei cui confronti era stata richiesta, nelle more del procedimento, la nomina dell’amministratore di sostegno.
L’efficacia dell’accordo veniva quindi subordinato alla condizione sospensiva della nomina e approvazione da parte dell’amministratore di sostegno, poi effettivamente avvenuta.
Tuttavia, successivamente, la signora impugnava l’accordo asserendo di essere incorsa in un errore di fatto sulla stima dei beni ed inoltre che la mediazione aveva avuto una durata superiore ai 4 mesi previsti dalla normativa, inficiandone in tal modo la validità.
La decisione
Il giudicante ha affermato che l’accordo raggiunto a seguito di mediazione altro non è che una vera e propria transazione per così dire assistita, ossia garantita dalla presenza dei legali delle parti e da un soggetto terzo (l’organismo di mediazione) il cui ruolo è quello di mediare le posizioni conflittuali per cercare un punto di accordo per tutti i contendenti.
Dunque, non vi è motivo ragionevole per escludere che l’accordo, secondo la disciplina generale del contratto, sia assoggettato alla condizione sospensiva ai sensi dell’art. 1353 c.c. non ravvisandosi in ciò alcuna preclusione o elemento ostativo nei riguardi del contratto di transazione.
Il Giudice ha anche rigettato l’argomento dell’attrice secondo cui l’accordo sarebbe stato inficiato perché non conclusosi nel termine previsto dalla normativa.
Tale termine (nel testo ratione temporis applicabile, 4 mesi) è connesso alla condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Tale limite temporale non può che operare esclusivamente per l’azionabilità delle domande in sede giudiziale e non, viceversa, costituire un limite temporale per la formazione dell’accordo.
Tale limite temporale, in altri termini, involge esclusivamente gli aspetti procedurali e non invece quelli sostanziali, i cui effetti sono stati pattiziamente sottoposti a condizione sospensiva senza fissazione di un termine per il verificarsi della condizione.
In conclusione, il Giudice ha condannato l’attrice a rifondere alle controparte le spese di lite liquidate in euro 15.000,00 in favore di ciascuna parte.
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Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 486/2014