ISSN 2385-1376
Testo massima
Commento a cura dell’Avv. Achille Janes Carratù
L’estinzione del giudizio di opposizione, conseguente alla mancata attivazione del procedimento di mediazione disposto dal Giudice, produce gli stessi effetti dell’estinzione del giudizio di impugnazione: il decreto ingiuntivo opposto diviene definitivo ed acquista l’incontrovertibilità tipica del giudicato.
Si è espresso in questi termini il Tribunale di Nola, dott. Fabio Maffei, con la sentenza n. 2856, pubblicata il 10.11.2015, che ha dichiarato l’improcedibilità della opposizione a decreto ingiuntivo con conseguente passaggio in giudicato del provvedimento opposto, a seguito del mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice. Il Giudice ha ritenuto che tale posizione sia “l’unica che si armonizza con i principi generali in materia di effetti della inattività delle parti nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e che valorizza la stessa ratio deflattiva del procedimento di mediazione“.
Il Tribunale, “premesso che la mancata attivazione della mediazione disposta dal giudice, al di là della terminologia utilizzata dal Legislatore e dalla sanzione prevista (improcedibilità della domanda giudiziale, anche in appello), altro non è che una forma qualificata di inattività delle parti, per avere le stesse omesso di dare esecuzione all’ordine del giudice” ricorda che “secondo la legge processuale l’inattività delle parti rispetto a specifici adempimenti comporta, di regola, l’estinzione del processo“, e che in caso di estinzione riguardante il giudizio di opposizione a D.I.. è previsto che “il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva giusto il disposto di cui all’art. 653, I co. c.p.c.“, richiama la costante giurisprudenza di legittimità (concorde la dottrina), secondo la quale l’estinzione del giudizio di opposizione produce gli stessi effetti dell’estinzione del giudizio di impugnazione, sottolineando l’analogia di ratio e di disciplina tra l’estinzione dell’opposizione a D.I. e quella del processo di appello; seguono ulteriori richiami alle sanzioni processuali previste in caso di tardiva costituzione in giudizio dell’opponente (improcedibilità) ed in caso di proposizione dell’opposizione una volta spirato il termine di cui all’art. 641 c.p.c. (inammissibilità), evidenziando in entrambi i casi l’analogia di trattamento rispetto a quanto previsto per le impugnazioni.
Secondo il Tribunale “tale disciplina risponde all’elementare esigenza di porre a carico della parte opponente/appellante, che si avvale dei rimedi previsti per evitare il consolidarsi di provvedimento giudiziale idoneo al giudicato e per ottenerne la revoca/riforma, l’onere di proporre e coltivare ritualmente il processo di opposizione/ di gravame, ponendo in essere ritualmente tutti gli atti di impulso necessari“.
Il Tribunale, evidenziato altresì che “ritenere che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo comporterebbe che, in contrasto con le regole processuali proprie del rito, si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò contraddicendo la ratio del giudizio di opposizione che ha la propria peculiarità proprio nel rimettere l’instaurazione del giudizio – e, quindi, la sottoposizione al vaglio del giudice della fondatezza del credito ingiunto – alla libera scelta del debitore”, statuisce che “l’interpretazione delle disposizioni di cui al D. Lgs. N. 28/10 e s.m.i. in materia di conseguenze dell’omessa mediazione, non possa prescindere dalla particolare natura dei giudizi cui essa si riferisce, e segnatamente dalle peculiarità del giudizio di opposizione a D.I., che presenta i suddetti aspetti di analogia con i giudizi impugnatori. Al fine di non optare per una interpretazione dell’art. 5, II co. D. Lgs citato, incoerente e dissonante con le suddette peculiarità, deve pertanto ritenersi che nell’opposizione a D.I., così come per i procedimenti di appello, la locuzione “improcedibilità della domanda giudiziale” debba interpretarsi alla stregua di improcedibilità/estinzione dell’opposizione (o dell’impugnazione in caso di appello) e non come improcedibilità della domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo“.
Segue una critica all’opposta tesi, “fondata essenzialmente
su una mera interpretazione letterale della disciplina” evidenziando che “così argomentando, si verrebbe a configurare, come è stato evidenziato in dottrina, una singolare “improcedibilità postuma” che dovrebbe colpire un provvedimento giudiziario condannatorio idoneo al giudicato sostanziale, già definitivamente emesso, ancorché sub judice. Si tratterebbe, in sostanza, di sanzione processuale che non consta abbia uguali nell’ordinamento processuale. Il tutto senza considerare l’inopportunità di porre nel nulla una pretesa che è già stata scrutinata positivamente dall’autorità giudiziaria, sia pure non nel contraddittorio delle parti, con provvedimento idoneo al giudicato sostanziale“.
Sotto altro profilo, il Tribunale passa a valutare gli effetti concreti dell’applicazione della tesi disattesa, evidenziando che la stessa porterebbe “all’inevitabile conseguenza, sempreché nelle more non siano maturate decadenze o prescrizioni, che il processo potrebbe ricominciare da zero (nuovo ricorso monitorio, conseguente opposizione ecc.), restando così vanificata la ratio deflattiva dell’istituto della mediazione delegata“, con la conseguenza che “in caso di omessa mediazione nell’opposizione a D.I. non si avrebbe alcun deflazionamento effettivo, bensì il raddoppio dei processi e degli adempimenti. Il creditore che non ottiene soddisfazione dal processo “improcedibile” non esiterà, nella maggior parte dei casi, a riproporre in via giudiziale la medesima domanda”, laddove, invece, “la soluzione interpretativa proposta esalta la portata e l’efficacia deflattiva dell’istituto, essendo evidente che il formarsi del giudicato rende non più ulteriormente discutibile il rapporto controverso, con conseguente rigetto in rito dell’eventuale riproposizione della medesima domanda (o di altre con questa incompatibili)“.
Dopo aver statuito che porre l’onere dell’avvio della mediazione a carico del debitore opponente non comporta alcun sacrificio economicamente apprezzabile, il Tribunale afferma che la tesi prescelta “appare l’unica coerente con la necessità di fornire alla disciplina dettata dal d.lgs. 28/2010 un’interpretazione sistematica, che sia coerente non solo con l’intero universo normativo in materia di giudizio opposizione a decreto ingiuntivo ma anche con la ratio che ha animato il legislatore nell’introdurre l’istituto della mediazione obbligatoria, armonizzandosi col contesto normativo in cui si inserisce il giudizio di opposizione e, in particolare, con il sistema di sanzioni previste dall’ordinamento a fronte dell’inattività del debitore ingiunto“.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 601/2015