ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione gli Avv.ti Federico Monti e Luca Parazzini
Nel caso in cui il Giudice penale disponga il sequestro del capitale sociale ex art. 20 D. Lgs. 159/11, individuando tutti i beni dei quali le persone fisiche sottoposte alle misure di prevenzione antimafia possano disporre direttamente o indirettamente, deve ritenersi che dette misure investano esclusivamente i soggetti “persone fisiche” (soci ed amministratori) e non la società.
Di conseguenza, le ragioni di credito che il terzo, compresa la Banca convenuta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, vanti nei confronti della società, non vanno accertate secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 del citato D. Lgs., e quindi all’interno di una sorta di procedura “parafallimentare”, estranea all’ordinaria sede di cognizione.
Ne deriva la piena procedibilità della domanda monitoria, risultando l’accertamento del credito del tutto estraneo alla procedura prevista d.lgs. 159/2011.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Milano, dott. Antonio S. Stefani, con sentenza n. 5742, depositata in data 07.05.2015.
Nel caso in esame, la Banca otteneva decreto ingiuntivo nei confronti delle Società Alfa e Beta rispettivamente debitrice principale e garante in forza di fideiussione omnibus in relazione al credito scaturente dallo scoperto di n.3 contratti di conto corrente.
Avverso tale provvedimento, spiegavano opposizione le società ingiunte, le quali, in via preliminare, eccepivano che le ragioni creditorie della banca, poiché indirizzate nei confronti di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, avrebbero dovuto essere oggetto di accertamento secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 del D. Lgs. 159/2011 e quindi all’interno di una sorta di procedura “parafallimentare”, estranea all’ordinaria sede di cognizione.
Quanto al merito, le opponenti insistevano per la revoca del decreto ingiuntivo deducendo altresì l’usura oggettiva, l’illegittima applicazione, da parte della Banca, di interessi anatocistici e c.m.s., oltre che la nullità della prestata fideiussione, in quanto sottoscritta in stato di conflitto di interesse.
Il Tribunale adito, nel disporre l’integrale rigetto della spiegata opposizione, ha preliminarmente escluso la nullità del decreto opposto, disattendendo la relativa eccezione sollevata dalle opponenti. Il rilievo su cui si innestato le statuizioni del provvedimento in esame, è rappresentato dal fatto che “la conferma di sequestro nei confronti del capitale sociale di queste due società sia stata, di fatto, disposta in virtù dell’art. 20 del d.lgs. 159/2011”.
In particolare, il Giudice adito, intervenendo in un contesto giurisprudenziale sul punto particolarmente controverso, ha affermato che “nel caso di specie, il Tribunale di Latina (che aveva disposto il sequestro del capitale sociale) ha avuto cura di individuare tutti i beni dei quali le persone sottoposte alle misure di prevenzione antimafia potessero disporre direttamente e indirettamente; nel far ciò ha disposto un dettagliato elenco in calce al citato decreto che riporta tutti i beni nei cui confronti il sequestro è confermato e all’interno del quale non risultano annoverati i rapporti finanziari, di qualunque natura, che le due società hanno intrattenuto o intrattengono con la Banca. Pertanto, l’accertamento del credito che la Banca chiede di operare nel presente giudizio è del tutto estraneo alla procedura prevista d.lgs. 159/2011, il decreto opposto non è nullo e la domanda è procedibile”.
Del pari infondate le doglianze di parte opponente relative al superamento del tasso soglia ed all’applicazione di interessi anatocistici, risultando le relative eccezioni formulate in maniera del tutto generica e sfornite delle necessarie allegazioni.
Relativamente all’applicazione della commissione di massimo scoperto, il Tribunale ha rilevato che “l’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall’art. 1322 c.c. consente alle stesse di convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare l’onere della Banca di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto (cfr. Istruzioni Banca d’Italia per rilevazione tassi usura, ed. 2002, par. C5) ed è quindi meritevole di tutela giuridica. Non sussiste, conseguentemente, la denunciata nullità del patto per difetto di causa”.
Da ultime, le statuizioni relative all’eccezione di nullità e/o annullabilità della fideiussione prestata dalla società Beta, in quanto sottoscritta in stato di conflitto di interesse da quello che all’epoca dei fatti era il rappresentante comune ad entrambe le società. Sul punto, il Tribunale ha precisato che “la mera duplicità di posizioni rivestita dallo stesso amministratore non è di per sé decisiva per la sussistenza di un conflitto di interessi, che deve sussistere in concreto. Inoltre, gli elementi fattuali descritti nel citato decreto di sequestro e confisca dimostrano che entrambe le società facevano capo alla medesima attività di direzione e coordinamento, di modo che tale circostanza, valutata unitariamente alla assoluta genericità dell’eccezione impone di ritenere la non sussistenza di situazione di conflitto di interessi”.
In conclusione, il Tribunale ha rigettato la spiegata opposizione, con condanna delle società ingiunte alla rifusione delle spese di lite a favore della Banca convenuta.
Testo del provvedimento
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