ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contribuente che ha errato nell’utilizzare un codice al posto di un altro nel modello F24, ben può emendare tali errori materiali e solo formali anche in sede contenziosa, evitando, in tal modo, la realizzazione di un prelievo fiscale indebito e più gravoso di quello previsto dalla legge.
È questo il principio di diritto emerso dalla sentenza n.22692 pronunciata dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria, in data 04/10/2013.
Nel caso di specie la società ricorrente aveva erroneamente utilizzato, sul modello F24, un codice al posto di un altro e, pertanto, l’Agenzia delle Entrate notificava l’avviso di accertamento con cui procedeva al recupero del credito d’imposta per incremento occupazionale, ritenendo che il contribuente lo aveva utilizzato indebitamente.
La società, avverso l’atto impositivo, ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, affermando che si era verificato un mero errore formale in quanto aveva proceduto ad assunzioni ex art.4 legge 449/97 e non ex art.4 legge 448/98, errando nell’indicare il codice del tributo.
L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto le motivazioni della ricorrente, ricorreva alla Commissione Tributaria Regionale che, in totale riforma della decisione, sosteneva che l’errore del codice sul modello F24 poteva essere corretto solo mediante l’istituto del ravvedimento operoso presentando un altro modello con il codice esatto.
La società contribuente proponeva pertanto ricorso in Cassazione eccependo che “il ravvedimento operoso, che la CTR aveva implicitamente posto a base della gravata sentenza, era invece precluso, in quanto era stata già contestata la violazione; che comunque essa società non era tenuta ad alcuna rettifica, potendo far valere in sede di accertamento la bontà della dichiarazione o del pagamento effettuato“.
La Suprema Corte concludeva per l’accoglimento del ricorso e cassava la sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione, infatti, ha rilevato che il contribuente, anche in sede contenziosa, ben può emendare errori materiali e solo formali, in tal modo evitando la realizzazione di un prelievo fiscale indebito e più gravoso di quello previsto dalla legge, in contrasto con i principi costituzionali della capacità contributiva e della correttezza dell’azione amministrativa, che avrebbero dovuto indurre l’Ufficio a prendere atto dell’errore e annullare l’atto impugnato.
Testo del provvedimento
Svolgimento del processo
La (
) proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Benevento avverso l’avviso di accertamento con il quale la locale Agenzia delle Entrate aveva proceduto al recupero del credito d’imposta, ritenuto indebitamente utilizzato dalla detta società per incremento dell’occupazione ex art.4 L 23-12-1998 n. 448.
Sosteneva la società che in realtà aveva proceduto ad assunzione ex art.4 L 449/97 a non ex art.4 L 448/98, erroneamente indicando nel modello F24 il cod. 6705 (relativo all’assunzione ex art.4 L 448/98) al posto del codice corretto (6700) previsto per f assunzione ex art.4 L 449/97; esibiva atto il quale il Centro Imposte dirette ed indirette di Pescara aveva comunicato di avere accolto la richiesta di credito d’Imposta ex art.4 L 449/97.
L’adita CTP accoglieva il ricorso, riconoscendo essersi trattato solo di errore materiale e che quindi la ricorrente aveva diritto al credito d’imposta.
La CTR accoglieva l’appello dell’Ufficio, sostenendo che l’indicazione nel mod. F24 di un codice errato doveva essere corretta compilando il mod. F24 con il cod. esatto (ravvedimento operoso); in mancanza non era possibile controllare l’utilizzo del credito vantato e l’effettiva sussistenza dello stesso; dal che la legittimità dell’operato recupero.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la società, affidato a due motivi; l’Agenzia non svolgeva attività difensiva
Motivi della decisione
Con iI PRIMO MOTIVO la società, deducendo -ex art.360 n.3 e 5 cpc- violazione e falsa applicazione degli artt.13, comma 1, d.lgs 472/1997, 4 L. 449/1997 e 10, comma 1, L. 212/2000, nonché omessa, Insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisiva della controversia, sosteneva: che il ravvedimento operoso, che la CTR aveva implicitamente posto a base della gravata sentenza, era invece precluso, in quanto era stata già contestata la violazione; che comunque essa società non era tenuta ad alcuna rettifica, potendo far valere in sede di accertamento la bontà della dichiarazione o del pagamento effettuato; che la società aveva dimostrato di avere diritto al credito d’imposta ex art.4 L. 449/97, sicché non vi era dubbio che nella specie si era verificato un mero errore materiale.
Con il SECONDO MOTIVO la società, deducendo -ex art.360 n. 4 cpc- nullità della sentenza, rilevava che quest’ultima non conteneva l’esposizione dei fatti, sicché era impossibile l’individuazione delle motivazioni poste a base del dispositivo.
Siffatto motivo, da esaminarsi per primo per ragioni di ordine logico, é infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la gravata sentenza contiene una concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, e, attraverso gli stessi, é agevole individuare i tratti essenziali della lite e gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione; di conseguenza, stante anche il principio della strumentalità della forma, per il quale la nullità non può essere mal dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art.156, comma 3, cod. proc civ.), il motivo non può trovare accoglimento.
Il primo motivo è, invece, fondato.
Al riguardo va preliminarmente precisato che, come risulta dalla sentenza gravata, i fatti sono pacifici, sicché deve ritenersi che l’utilizzazione nel modello F24 di un codice (6705) al posto di un altro (6700) è stata dovuta ad un mero errore materiale del contribuente, riconosciuto come tale, in sede contenziosa, sia dall’Agenzia sia dallo stesso contribuente.
Ciò posto, va rilevato che il contribuente, anche in sede contenziosa, ben può emendare errori materiali e solo formali, in tal modo evitando la realizzazione di un prelievo fiscale indebito e più gravoso di quello previsto dalla legge, in contrasto con i principi costituzionali della capacita contributiva e della correttezza dell’azione amministrativa, che avrebbero dovuto indurre l’Ufficio a prendere atto dell’errore e annullare fatto impugnato (v., In senso conforme, sia pur in tema di ritrattabilità della dichiarazione redditi, Cass. 1926/2008; Cass. 2226/2011; Cass. 5852/2012).
In conclusione, pertanto, va accolto il ricorso e cassata l’Impugnata sentenza; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito e va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
In considerazione dell’evolversi della vicenda processuale, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le patti le spese del giudizi di merito; le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna l’Agenzia al pagamento del compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si liquidano In complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per spese; oltre accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 586/2013