“Quanto all’apparenza della motivazione, la giurisprudenza di questa Corte afferma che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.
“Il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5 c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.”
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Orilia – Rel. Giannaccari, con l’ordinanza n. 5394 del 29 febbraio 2024.
Con atto di citazione del 26.9.2012, un comproprietario conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Brescia i comunisti per chiedere lo scioglimento della comunione ordinaria di un cortile sul quale si affacciavano gli immobili delle rispettive proprietà.
La domanda veniva rigettata, in quanto il Tribunale riteneva che non fosse possibile disporre la divisione parziale del cortile in assenza del consenso dei condividenti per il principio dell’universalità dello scioglimento della comunione, derogabile solo per volontà dei comproprietari.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 18.2.2019, rigettava il gravame degli attori con diversa motivazione: pur affermando che fosse ammissibile una divisione parziale del bene nell’ambito della comunione ordinaria, la Corte di merito riteneva necessario l’accordo dei condividenti che, nella specie, non sussisteva; inoltre, osservava che il cortile non era interamente divisibile dal momento che l’accesso sarebbe avvenuto attraverso una strettoia avente la larghezza massima di metri 2,12. Infine, riteneva l’impossibilità di ripartire materialmente il bene in porzioni corrispondenti alle quote che erano vantaggiosamente utilizzabili dai singoli partecipanti.
Per la cassazione della sentenza il comproprietario proponeva ricorso deducendo, con il secondo motivo, la nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.4, perché la medesima non avrebbe spiegato le ragioni per le quali era impossibile ripartire materialmente il bene in porzioni corrispondenti alle quote dei partecipanti.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato, specificando che “Quanto all’apparenza della motivazione, la giurisprudenza di questa Corte afferma che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.
Nel caso di specie, secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva concluso nel senso dell’impossibilità di ripartire il bene in porzioni corrispondenti alle quote vantaggiosamente utilizzabili dai singoli partecipanti, senza spiegare le ragioni per le quali le porzioni derivanti dalla divisione parziale non sarebbero state utilizzabili.
Siffatta motivazione, non consentendo di percepire il fondamento della decisione, era da ritenersi, sempre secondo la Suprema Corte, apparente e dunque non soddisfacente “il minimo costituzionale”, considerato che lo stesso consulente tecnico di ufficio era pervenuto a conclusioni diametralmente opposte.
E infatti gli Ermellini hanno ritenuto fondato anche il terzo motivo di appello, per il quale la Corte di secondo grado non aveva considerato le conclusioni della CTU disposta nel grado di giudizio precedente, la quale aveva accertato, appunto, la divisibilità parziale del bene e l’avvenuta annessione di fatto delle porzioni di area cortilizia operata da entrambe le parti a servizio delle proprietà esclusive.
Risultava, infatti, dalle conclusioni dell’appellante che il CTU aveva elaborato un progetto divisionale “attribuendo a ciascuna delle parti condividenti la porzione antistante le rispettive unità immobiliari, così come evidenziate (in colore arancio ed azzurro) dal CTU e mantenendo- sempre secondo le indicazioni del CTU- la proprietà comune ed indivisa della porzione di cortile adibita a strada“.
Secondo la Suprema Corte, la Corte d’Appello si era limitata a menzionare la CTU solo per evidenziare la larghezza del vicolo di accesso al cortile (mt. 2,12), senza spendere invece alcuna considerazione sul progetto divisionale.
Per gli Ermellini “Il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5 c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cassazione civile sez. III, 26/05/2021, n.14599; Cassazione civile sez. VI, 07/09/2020, n.18598; Cassazione civile sez. III, 31/05/2018, n.13770; Cass. 13922/2016).”
Alla luce di tali considerazioni giuridiche, la sentenza è stata cassata in riferimento ai due motivi di ricorso, i quali sono stati accolti con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contenuti pubblicati in Rivista:
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L’ERRONEA CONSIDERAZIONE DELL’ASSORBIMENTO DA PARTE DEL GIUDICE COMPORTA L’ASSENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE
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MOTIVAZIONE SENTENZA: È INSINDACABILE SE RISPONDE AL PARAMETRO DEL C.D. MINIMO COSTITUZIONALE
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