La differenza funzionale intercorrente tra la clausola floor – strumento a garanzia della Banca ed atto a prevedere un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere – e la clausola cap – idonea a garantire il mutuatario che gli interessi corrispettivi non superino il valore percentuale individuato dalla clausola stessa, esclude l’obbligo degli Istituti di credito di inserire entrambe le clausole in un’unica tipologia contrattuale, pur prescindendo dall’idoneità delle medesime clausola a calmierare gli interessi entro una percentuale massima a vantaggio del cliente; pertanto, l’illegittimità della clausola floor sotto il profilo della vessatorietà deve valutarsi caso per caso, e solo a condizione che le condizioni contrattuali risultino formulate in modo oscuro e poco comprensibile
Lo scrutinio sulla non usurarietà va effettuato sia sugli interessi corrispettivi, sia sugli interessi moratori, ma tuttavia la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza sommarli tra loro, atteso che detti tassi sono dovuti in via alternativa tra loro e la sommatoria rappresenta un ‘non tasso’ od un ‘tasso creativo’, in quanto percentuale relativa ad interessi mai applicati e non concretamente applicabili al mutuatario.
La nullità della clausola che prevede gli interessi moratori, è e resta tamquam non esset per cui non travolge gli interessi corrispettivi, destinati ad operare anche se la clausola nulla non fosse mai stata prevista.
L’obbligazione di pagamento nascente dalla clausola penale non si pone in diretta connessione con le obbligazioni principali reciprocamente assunte dalle parti, per cui la somma conseguibile a detto titolo essendo inidonea a integrare i profitti illegittimi richiesti per la configurazione del delitto di usura a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento, non rileva ai fini del calcolo del TSU.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Chieti, Dott. Federico Raia con la sentenza n. 587 del 03.10.2017.
Nella fattispecie processuale esaminata dei mutuatari convenivano in giudizio una Banca mutuante e dolendosi della usurarietà dei tassi di interesse applicati al rapporto di mutuo, nonché della statuizione relativa alla penale di estinzione eccepiva la nullità della cd. clausola floor inserita nel medesimo rapporto contrattuale.
Si costituiva in giudizio la Banca mutuante chiedendo il rigetto degli avversi assunti in quanto infondati in fatto ed in diritto.
Il Giudicante ha ritenuto di dover esaminare, in via preliminare, la questione attinente alla possibilità o meno di ritenere usurari non solo gli interessi corrispettivi, ma anche gli interessi moratori, e conformandosi alla tesi prospettata più volte dalla S.C. ha osservato che lo scrutinio sulla non usurarietà va effettuato sia sugli interessi corrispettivi, sia sugli interessi moratori, ma tuttavia la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza sommarli tra loro, atteso che detti tassi sono dovuti in via alternativa tra loro e la sommatoria rappresenta un ‘non tasso’ od un ‘tasso creativo’, in quanto percentuale relativa ad interessi mai applicati e non concretamente applicabili al mutuatario.
Chiarita tale prima questione, il Giudicante ha ritenuto opportuno pronunciarsi su un ulteriore punctum dolens in materia, e cioè capire se, in caso di usurarietà dei soli interessi moratori e non anche di quelli corrispettivi, nessun interesse sia dovuto ovvero se solo gli interessi moratori siano non dovuti osservando in tal senso che in caso di nullità della clausola che prevede gli interessi moratori essa è e resta tamquam non esset a differenza della regola operante per gli interessi corrispettivi, che sarebbe destinata ad operare anche se la clausola nulla non fosse mai stata prevista.
Per una migliore chiarezza espositiva il Giudicante ha spiegato che dalla diversità ontologica-funzionale delle due tipologie di interessi deriva che l’usurarietà degli interessi moratori travolge solo gli interessi moratori, non anche gli interessi corrispettivi legittimamente pattuiti (per cui l’eventuale nullità della pattuizione relativa ai moratori non pregiudica la validità della pattuizione concernete i corrispettivi), in quanto la summenzionata distinzione isola le singole clausole dal corpo del regolamento contrattuale ai fini della declaratoria di nullità.
Inoltre, in riferimento all’asserita nullità del mutuo stante la previsione della penale di estinzione anticipata il Giudicante ha osservato che – ferma restando l’erroneità della sommatoria tra corrispettivi-moratori allorché nemmeno le spese contrattualmente previste vanno inserite nel TEGM, – l’obbligazione di pagamento nascente dalla clausola penale non si pone in diretta connessione con le obbligazioni principali reciprocamente assunte dalle parti, per cui la somma conseguibile a detto titolo essendo inidonea a integrare i profitti illegittimi richiesti per la configurazione del delitto di usura a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento, non rileva ai fini del calcolo del TSU.
Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto parimenti infondato l’assunto relativo all’asserita nullità della clausola floor, spiegando che: I. la differenza funzionale intercorrente tra la clausola floor – strumento a garanzia della Banca ed atto a prevedere un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere – e la clausola cap – idonea a garantire il mutuatario che gli interessi corrispettivi non superino il valore percentuale individuato dalla clausola stessa, esclude l’obbligo degli Istituti di credito di inserire entrambe le clausole in un’unica tipologia contrattuale, pur prescindendo dall’idoneità delle medesime clausola a calmierare gli interessi entro una percentuale massima a vantaggio del cliente.
Il Giudice sul punto, ha inoltre rilevato che una clausola “floor” ove pure non adeguatamente compensata da una clausola “cap” non può pertanto dirsi nulla o comunque inefficace perchè non v’è ragione di considerarla viziata da profili di illegittimità.
Se non altro, il Giudicante osservando che sebbene un contratto di mutuo ben potrebbe essere legittimamente stipulato secondo 4 differenti ipotesi ovvero a) nessuna contemporanea presenza di clausole floor e cap; b) presenza della sola clausola floor; c)presenza della sola clausola cap; d)presenza contemporanea di entrambe le clausole; ha spiegato che l’illegittimità della clausola floor sotto il profilo della vessatorietà deve valutarsi caso per caso, allorché in conformità con quanto ritenuto dall’ABI le clausole del genere possono essere sindacate nel nostro ordinamento giuridico, sotto il profilo della vessatorietà, solo a condizione che le condizioni contrattuali risultino formulate in modo oscuro e poco comprensibile
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Tribunale ha rigettato la domanda promossa dai mutuatari compensando le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
MUTUO: L’INSERIMENTO NEL CONTRATTO DI UNA “CLAUSOLA FLOOR” NON COMPORTA VIOLAZIONE DELL’ART. 1346 C.C.
L’OGGETTO RIMANE POSSIBILE, LECITO E DETERMINATO
Ordinanza | Tribunale di Avellino, Dott.ssa Maria Cristina Rizzi | 06.07.2016 |
CONTRATTO DI MUTUO: NESSUNA VIOLAZIONE IN CASO DI CLAUSOLA FLOOR
L’OGGETTO DEL CONTRATTO È LECITO, POSSIBILE E DETERMINATO
Sentenza | Tribunale di Ferrara, dott.ssa Caterina Arcani | 16.12.2015 | n.1131
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