Procedimento patrocinato dall’Avv. Tommaso Proto del Foro di Roma, con la consulenza professionale dell’Autore
Nell’ambito di un’azione di accertamento e ripetizione di indebito è onere della parte allegare i fatti posti a base della domanda, ossia dimostrare l’esistenza di specifiche poste passive del contratto oggetto di causa, rispetto alle quali l’applicazione delle stesse avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Salerno, Dott.ssa Valentina Ferrara, nella sentenza n. 1903 del 15 luglio 2020.
Una mutuataria ha convenuto una banca per “accertare e dichiarare la nullità e inefficacia delle condizioni generali di mutuo” sottoscritto con l’istituto di credito “per capitalizzazione trimestrale di interessi, cms, competenze e oneri e per l’effetto condannare la banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate”.
Si costituiva in giudizio la Banca, al fine di chiedere l’integrale rigetto delle domande avversarie a fronte, da un lato, dell’incongruenza delle contestazioni mosse in quanto riferibili in maniera del tutto esclusiva ai contratti di conto corrente e non ai finanziamenti e, dall’altro, della bontà delle argomentazioni svolte afferenti principalmente alla legittimità della produzione di interessi su interessi per le operazioni di finanziamento con piano di rimborso rateale qualora questa venga operata, come nel caso di specie, in ossequio all’art. 120 TUB ed alla relativa delibera CICR n. 22400 del 09.02.2000.
Espletata l’istruttoria, con la sola esecuzione della CTU contabile, all’udienza del 06.02.2020 le parti reiteravano le proprie conclusioni, riportandosi agli scritti difensivi depositati in atti, ed il giudizio veniva trattenuto in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..
Spirati i predetti termini, entro i quali solo la Banca provvedeva al deposito della propria comparsa conclusionale (anche al fine di evidenziare la circostanza che le risultanze della consulenza espletata – comunque meramente esplorativa – non rilevavano vizi a carico del contratto oggetto di causa), la causa veniva decisa con la sentenza di cui si discorre con la quale il Tribunale adito rigettava la domanda promossa poiché “parte attrice non ha compiutamente assolto al proprio onere probatorio, non avendo depositato il contratto di mutuo e il relativo piano di ammortamento (nonché i pagamenti eseguiti), non ha avanzato richiesta ex art. 119 TUB”.
Pur fondandosi su di un principio granitico in giurisprudenza, le conclusioni raggiunte dall’Autorità Giudicante non possono di certo essere considerate scontate dal momento che, sempre più di frequente, i Giudizi assegnatari delle vertenze in materia bancaria, nel corso dei giudizi sottoposti alla loro cognizione, dispongono la nomina di un CTU, al fine di dipanare la matassa ingenerata dalla molteplicità di eccezioni formulate da parte attrice, anche quando la domanda giudiziale è, in maniera del tutto evidente, come nel caso di cui si discute, priva di supporto probatorio.
Nello stesso procedimento giudiziale oggetto di analisi, difatti, il Giudice, a cui era stata inizialmente demandata la cognizione del processo, disponeva la nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio al fine di verificare l’effettiva adozione delle pratiche anatocistiche da parte della Banca. Il tutto sebbene l’assoluta carenza probatoria ben evidenziata dal Magistrato estensore della sentenza oggetto di analisi denunciasse, inequivocabilmente, sin dalle prime battute della vertenza, il carattere meramente esplorativo di una eventuale Consulenza Tecnica d’Ufficio. Carattere da solo sufficiente, anche alla luce del costante insegnamento della Suprema Corte, a determinare l’inammissibilità della richiesta di intervento tecnico dell’Ausiliario operata dalle parti di causa. Difatti, come è noto, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, la consulenza tecnica d’ufficio non può essere considerata un mezzo di prova in quanto ha la funzione di fornire all’attività del giudice l’apporto di cognizioni che questi non possiede e non quella di esonerare la parte dalla prova anche documentale dei fatti dedotti e della quale è onerata (ex multis Cass. Civ. Sentenza n. 1132/2000).
Le risultanze di una eventuale consulenza contabile disposta d’ufficio d non possono essere utilizzate per sopperire ad un difetto di allegazione di parte e costituire la prova della pretesa attorea assolvendo all’onere gravante per legge in capo a chi vanta la pretesa stessa.
Di conseguenza, ogniqualvolta, a fronte dell’assenza di adeguato supporto probatorio alla domanda giudiziale, la richiesta di consulenza dovesse palesarsi quale attività con carattere meramente esplorativo la stessa non potrà che essere destinata al rigetto.
Per tali motivi il giudice ha affermato che la consulenza non doveva essere disposta, avendo avuto la stessa una valenza meramente esplorativa tesa a sopperire alle carenze assertive e probatorie di parte attrice.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
INDEBITO BANCARIO CTU: INAMMISSIBILE LA RICHIESTA SE MANCA LA COMPLETA DOCUMENTAZIONE CONTABILE
L’ONERE PROBATORIO CIRCA GLI AVVENUTI PAGAMENTI È IN CAPO AL CORRENTISTA
Sentenza | Tribunale di Forlì, Giudice Maria Cecilia Branca | 31.03.2020 | n.237
CTU-USURA BANCARIA: INAMMISSIBILE SE NON VENGONO PRODOTTI I DECRETI MINISTERIALI DI RILEVAZIONE DEL TASSO SOGLIA
LA CONSULENZA AVREBBE NATURA ESPLORATIVA
Ordinanza | Tribunale di Palermo, Giudice Adriana Pandolfo | 02.11.2019
RIPETIZIONE INDEBITO: LA CTU NON PUÒ ESSERE UTILIZZATA PER COMPIERE INDAGINI ESPLORATIVE
IL PERITO DI UFFICIO HA IL DIVIETO DI ACQUISIRE NUOVI DOCUMENTI TESI A SANARE IL MANCATO ASSOLVIMENTO DELL’ONERE DELLA PROVA
Ordinanza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Genovese – Rel. Iofrida | 30.10.2019 | n.27776
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