Nel contratto di mutuo è irrilevante la mancata indicazione in contratto del coefficiente del divisore Euribor per cui non si determina alcuna violazione degli articoli 1345, 1418 e 1284 del Codice Civile.
Il requisito della pattuizione scritta degli interessi ultralegali, prescritta dall’art. 1284 cod. civ., viene ritenuto soddisfatto anche “per relationem” non essendo necessario che il documento contrattuale contenga l’indicazione in cifre del tasso d’interesse pattuito.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Sondrio, dott. Luca Giani, con la sentenza n. 249 pubblicata in data 30/05/2016, con cui è stato affrontato il caso di un mutuo a tasso variabile, parametrato in base all’Euribor (Euro Interbank Offered Rate), in cui, in nessuna parte del contratto sottoscritto fra le parti, veniva specificato se la base del parametro variabile, l’Euribor appunto, dovesse essere 360 o 365.
Innanzitutto è bene precisare che non esiste un unico tasso Euribor, ma esistono differenti versioni classificabili in base a due distinti parametri, ossia in base alla durata del tasso ed in base al suo divisore.
In base alla durata distinguiamo l’Euribor a un mese, a tre mesi, a sei mesi, etc. Questa tipologia di versione dell’Euribor è strettamente collegata alla durata del prestito. In linea generale e teorica, un prestito che prevede il rimborso mediante pagamento di rate mensili o in cui il tasso viene rivisto su scala mensile prevede, o dovrebbe prevedere, un tasso variabile parametrato in base all’Euribor a un mese. Al contrario, se il tasso Euribor considerato è a tre o a sei mesi, la restituzione del prestito avviene, o dovrebbe avvenire, mediante il pagamento di rate con cadenza rispettivamente trimestrale o semestrale. Tale assunto è vero solo in linea teorica o di principio, potendo ad ogni modo le parti derogare a tale regola generale prevedendo, ad esempio, che un prestito rimborsato mediante rate trimestrali, preveda di considerare quale parametro variabile l’Euribor ad un mese piuttosto che a sei mesi. Nella pratica, pertanto, esiste un certo margine di discrezionalità da parte degli operatori economici, senza per questo esserci alcuna lesione di principi normativi, ma rientrando tale comportamento nella logica di libertà contrattuale delle parti.
In base al divisore, invece, si distingue tra Euribor divisore 360 ed Euribor divisore 365. La distinzione della base, 360 o 365, è squisitamente di natura matematica e dipende da come si considera la durata dell’anno. Se si considera l’anno commerciale di 360 giorni (12 mesi da 30 giorni cadauno), ci si dovrebbe riferire a logica all’Euribor base 360. Al contrario, se si riferisce all’anno solare di 365 giorni, l’Euribor dovrebbe avere base 365. Anche in questo caso, definita come sopra la regola generale, gli operatori economici potrebbero optare diversamente. In siffatta ipotesi, ad ogni modo, non vi è nessuna violazione di norme imperative di legge.
Dal punto di vista matematico, per cambiare la base di riferimento dell’Euribor, basta dividere il saggio d’interesse per la base usata nel calcolo e moltiplicare per la base che interessa. Ad esempio, per passare dal tasso Euribor base 360 a quello base 365 basta effettuare il seguente semplice calcolo:
Tasso365 = (Tasso360 / 360) × 365
Ora, la scelta fra tasso Euribor base 360 e base 365 non è così irrilevante, tanto dal punto di vista di chi corrisponde gli interessi, così come da quello del soggetto percettore. Infatti, il tasso Euribor divisore 360 si dimostra essere sempre inferiore rispetto a quello divisore 365.
A titolo meramente esemplificativo si consideri la tabella sottostante:
Media mese di aprile 2016 | Su base 360 | Su base 365 |
Euribor 1 mese m.m.p. | -0,340 | -0,345 |
Euribor 3 mesi m.m.p. | -0,248 | -0,251 |
Euribor 6 mesi m.m.p. | -0,137 | -0,139 |
Perciò dal punto di vista di chi riceve il finanziamento, la scelta economicamente più vantaggiosa ricade sul tasso Euribor base 360, dovendo quindi corrispondere interessi passivi in misura minore, a svantaggio di chi ha erogato il finanziamento. Parallelamente, il soggetto a cui sono corrisposti gli interessi, trarrà vantaggio dal parametrare il finanziamento all’Euribor365, ricevendo interessi in misura superiore.
Come anticipato in premessa, la causa oggetto della sentenza n. 249/2016 verteva proprio sulla mancata indicazione in contratto della base di riferimento dell’Euribor. In siffatta casistica, infatti, si è in presenza di una duplice scelta: si potrebbe utilizzare per il calcolo degli interessi connessi alla restituzione del prestito l’Euribor base 360, che si è dimostrato produrre interessi in misura sempre inferiore, oppure l’Euribor base 365, sempre di valore superiore rispetto al precedente indicatore. Quest’ultimo, dunque, risulterà essere penalizzante per il mutuatario e più conveniente per l’istituto di credito, determinando maggiori interessi passivi.
Ora, l’art. 1346 del Codice Civile prevede che “L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”.
La determinabilità è definibile come la possibilità di identificare chiaramente l’oggetto sulla base dagli elementi prestabiliti dalle parti.
Secondo il succitato articolo, le parti devono definire la futura determinazione dell’oggetto stesso nonché i criteri e le modalità da osservarsi a tale scopo proprio in sede di stesura del contratto. Nel caso di un prestito, il requisito di determinatezza dell’oggetto, sarà identificabile con il piano di rimborso, ovvero con il piano di restituzione graduale del capitale, che si realizza attraverso il pagamento periodico delle rate.
Il soddisfacimento di tale requisito dipende dalla precisione e della esaustività delle clausole contenute nel contratto di mutuo nel descrivere la modalità di restituzione della somma prestata.
Infatti, laddove le clausole, che dovrebbero consentire di determinare il piano di rimborso di un prestito, non consentano un’univoca applicazione, ma richiedano la necessità di una scelta tra più alternative possibili, il piano di rimborso risulta indeterminato.
Di fatto, dalle clausole contrattuali indicate, dovrebbe discendere uno ed un solo piano di ammortamento possibile. Ossia, ex ante, dovrebbe essere possibile costruire in modo preciso un univoco piano di ammortamento. Non dovrebbe essere in alcun modo possibile avere dubbi interpretativi circa le clausole contrattuali e conseguentemente circa la loro modalità di applicazione, con conseguente impossibilità di definire più piani di rimborso per lo stesso accordo.
Nel caso di specie, invece, non essendo specificata la base del tasso Euribor per il calcolo degli interessi (base 360 o 365), si è in presenza di una duplice possibilità:
- applicare l’Euribor base 360
- applicare l’Euribor base 365.
Entrambe le scelte sarebbero da ritenersi corrette, posto che nulla è indicato in contratto. Laddove fosse stato dimostrato che la Banca avesse applicato l’Euribor base 365, si sarebbe anche dimostrato che tale scelta avrebbe determinato l’addebito di maggiori interessi da corrispondersi in capo al mutuatario, posto che l’Euribor base 365 è sempre superiore rispetto all’Euribor base 360.
Di diverso orientamento, invece, il Tribunale di Sondrio, secondo il quale la mancata indicazione del divisore Euribor non determina alcuna violazione degli articoli 1345, 1418 e 1284 del Codice Civile.
Secondo il giudicante, infatti, “Il parametro di riferimento ed il criterio di determinazione sono riconducibili con sufficiente precisione e non sono dipesi da una “arbitraria” decisione della banca”. Il differenziale fra la base 360 e 365, “di contenuta misura non è tale da fare ritenere configurabile alcuna indeterminatezza passibile di nullità”.
A nulla rileva, dunque, il fatto che Euribor 360 e 365 siano di fatto differenti e non precisati nel contratto, a condizione che, la Banca abbia applicato il tasso 360 in luogo del tasso 365 (come detto più sfavorevole per il cliente) e che non abbia arbitrariamente optato per l’applicazione dell’uno o dell’altro a seconda della convenienza economica. Si legge infatti nella sentenza: “Peraltro è emerso agevolmente dalla CTU come il criterio di calcolo sia stato utilizzato con coefficiente pari a 360 per tutta la durata del contratto, non essendo quindi stato operato alcun mutamento da anno ad anno, potenzialmente pregiudizievole per la parte mutuataria”… “Né è ravvisabile alcuna invalidità sopravvenuta o condotta contraria alla buona fede contrattuale da parte dell’istituto di credito, considerato che in corso di rapporto di mutuo, come rilevato dal CTU e non contestato dai CTP, è stato applicato il divisore 360.
Tale scelta è risultata maggiormente vantaggiosa per il mutuatario in termini economici … non avendo, quindi, parte opponente alcun interesse all’applicazione del divisore 365 a sé più favorevole.”
Per tali ragioni il Tribunale ha rigettato l’opposizione con condanna al pagamento delle spese processuali.
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