ISSN 2385-1376
Testo massima
1. La nullità del contratto di mutuo fondiario contratto per estinguere debiti pregressi di natura chirografaria.
La I^ sezione della Cassazione Civile con sentenza del 17/12/2013 n. 4185 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale in base al quale un finanziamento per il quale si invocano le garanzie di cui all’art. 39 del TUB (Testo unico bancario D.Lgs. 1/09/1993, n. 385) può essere dichiarato nullo, anche parzialmente allorché risulti che le parti avrebbero comunque voluto il contratto, seppure con un contenuto ridotto eliminando le clausole viziate (Cass. Civ., sent. N. 9219 del 1/09/1995).
La ragione che spinge a considerare nullo il contratto nasce dalla considerazione che con il contratto di mutuo “fondiario”, le somme mutuate non sono messe concretamente a disposizione della parte mutuataria ma sono destinate ad estinguere unicamente pregresse esposizioni debitorie di natura chirografaria verso la banca mutuante. In tal modo la banca acquisisce una prelazione ipotecaria che precedentemente non aveva, utilizzando uno schema che gli assicura prerogative e vantaggi, non ultimo il consolidamento dell’ipoteca entro 10 giorni nonché garanzie processuali consistenti nella indifferenza al fallimento dell’impresa mutuata.
In effetti,in tale contesto, il credito fondiario gode di una disciplina speciale, caratterizzata dalle seguenti regole:
1) esenzione da revocatoria per la concessione di ipoteche a garanzia dei finanziamenti (art. 39, quarto comma, primo periodo, t.u.b.);
2) esenzione da revocatoria per i pagamenti effettuati dal debitore a fronte di crediti fondiari (art.39, quarto comma, secondo periodo, t.u.b.);
3) diritto degli istituti di credito di poter continuare o iniziare l’esecuzione individuale pur in presenza di fallimento del debitore (art. 41, secondo comma,t.u.b.);
4) destinazione alla banca delle rendite degli immobili ipotecati (art. 41, terzo comma, t.u.b.).
Si spiega così il tentativo, sovente posto in essere dalle banche, in presenza di segnali di depauperamento della situazione economico-finanziaria del soggetto affidato, di porre un argine alle conseguenze di una eventuale procedura esecutiva o concorsuale in testa al mutuante proponendo allo stesso di trasformare il debito chirografario in mutuo fondiario, magari con l’intesa di corrispondere una ulteriore iniezione di liquidità.
D’altra parte, non appare possibile che comportamento opportunistici del genere, possano essere ritenuti accettabili e non subire il vaglio giudiziario.
Diversa è la fattispecie nella quale, invece, sia il cliente a chiedere alla banca la concessione di ulteriore finanza e il consolidamento di tutte le esposizioni in un mutuo ipotecario.
Queste due diverse ipotesi giustifichino le conclusioni della S.C. che in presenza di fenomeni del genere ha comminato la sanzione della nullità totale (nel primo caso) o parziale (nel secondo caso).
Su un piano squisitamente giuridico la nullità viene affermata in applicazione dell’art. 1418 c.c. che dispone che “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge“; in tal senso è orientata la giurisprudenza di merito, vedi per tutti: Trib. Venezia, sez. fall., decreto 26/07/212.
Analogamente, la nullità per difetto di causa di un mutuo di scopo è stata espressamente dichiarata dalla Corte di Cassazione, sent. n° 8564/2009, risultando accertata la mancata ultimazione dei lavori di un complesso edilizio per la quale il mutuo era stato concesso, perché l’ accordo appariva ab initio incentrato sul pagamento di debiti preesistenti del mutuatario.
Ovviamente la declaratoria di nullità, anche parziale, del contratto di mutuo fondiario comporta la decadenza del regime di favore accordato in sede fallimentare.
In particolare, per ciò che attiene alla revocatoria, già con sentenza n. 20622 del 2007, la S.C. ha statuito che è sufficiente che la curatela fallimentare agisca con il meccanismo revocatorio di cui all’art. 67, co. 1, n. 2 L.F. e non è necessario che chieda, o comunque vada dichiarata, la nullità del contratto di mutuo fondiario. Ciò in quanto l’art. 67 L.F. dispone che sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Pertanto, non solo la radicale nullità, o la simulazione, del mutuo fondiario, ma anche la mera revoca dello stesso, comporta l’inopponibilità al fallimento ed è sufficiente ad escludere il beneficio del consolidamento dell’ipoteca previsto dall’art. 39 del TUB.
Di conseguenza si apre la questione di conoscere l’esito del contratto revocato in seno alla procedura concorsuale. Ci si chiede, pertanto, se l’invalidità del contratto di cui si discute consenta o meno alla banca di insinuarsi al passivo fallimentare dell’impresa mutuataria che sia fallita.
A riguardo diversi arresti della Cassazione (Cass. 26504/2013; Cass. 1807/2013; Cass. 4069/2003; Cass. 899/1973) hanno stabilito che l’ammissione al passivo del fallimento è ammessa, salvo che nell’ipotesi della simulazione o della novazione o, in altri termini, che la revoca del mutuo comporta la necessità di ammettere al passivo la somma realmente erogata atteso che all’inefficacia del contratto consegue pur sempre la necessità della restituzione della somma erogata sia pure in moneta fallimentare.
Si ha ipotesi di simulazione se le parti hanno munito di prelazione ipotecaria il preesistente debito, in realtà non estinto, simulando un mutuo non voluto. Si ha novazione nel caso di sostituzione della precedente obbligazione con una nuova assistita dalla garanzia ipotecaria.
Sotto altro aspetto la predetta operazione, creando artificialmente un credito privilegiato, può essere ritenuta in frode ai creditori e suscettibile di revocatoria. Il contratto concluso in frode ai creditori non è nullo ma questi possono attivare l’azione revocatoria o la simulazione.
La sentenza 4185/14
Nel solco sopra delineato, la sentenza della Cassazione n. 4185/2014, emessa a seguito di ricorso proposto da una banca avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 7/06/2008 con la quale si respingeva l’opposizione allo stato passivo del fallimento, lo ha rigettato confermando i seguenti principi:
a) è consentito al giudice delegato ammettere il credito derivante dal contratto di mutuo fondiario al contempo escludendo la garanzia ipotecaria. Il giudice è legittimato ad escludere la garanzia sulla base della semplice contestazione del curatore e il curatore non è tenuto a proporre in via riconvenzionale l’azione nell’eventuale giudizio promosso dal ceditore essendo sufficiente che si limiti a richiedere il rigetto della proposta opposizione allo stato passivo. Pertanto, il mancato riconoscimento da parte del giudice delegato di un credito o di un privilegio rimane circoscritto nell’ambito della verifica dello stato passivo a seguito della richiesta del curatore; si cfr. ora l’art. 95 L.F.
b) la revoca dell’ipoteca non necessariamente comporta l’esclusione dall’ammissione al passivo del credito azionato. Ciò si verificherebbe solo nell’ipotesi della simulazione o della novazione e non anche in quella cosiddetta del negozio indiretto atteso che la revoca del mutuo comporta la necessità di ammettere al passivo la somma realmente erogata giacché all’inefficacia del contratto consegue pur sempre la necessità della restituzione della somma erogata sia pure in moneta fallimentare;
c) gli elementi costitutivi dell’azione revocatoria (eventus damni e scientia decoctionis) si ritengono sussistenti in ragione della concessione di tre ipoteche nell’arco di un mese che avevano diminuito la garanzia patrimoniale del debitore nei confronti degli altri creditori, cui entro pochissimo tempo era seguita la revoca degli affidamenti da parte di tutti gli altri istituti di credito. Inoltre il bilancio della società fallita evidenziava perdite consistenti che avrebbero dovuto porre sull’avviso la banca.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29405/2008 proposto da:
T. F.S.P.A. (c.f./p.i. (OMISSIS)), e per essa BANCA S.P.A. (nuova denominazione assunta dalla U. BANCA S.P.A., già denominata ME. BANCA S.P.A.), nella qualità di mandataria di BANCA S.P.A., quest’ultima quale incorporante C. S.P.A. a sua volta mandataria, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 33, presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTO B.W. (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott. BA.RO., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso l’avvocato(OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di ANCONA – Rep.n. 196749 del 7.5.2009;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 357/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 07/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
La T. F. s.p.a. (cessionaria della posizione creditoria già della Unicredit s.p.a.) e, per essa, la mandataria BANCA s.p.a., ha proposto ricorso, notificato il 4 dicembre 2008, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona del 7 giugno 2008, la quale, a conferma della decisione di primo grado, ha respinto l’opposizione proposta avverso lo stato passivo del Fallimento di B.W..
La corte territoriale ha ritenuto, come già il tribunale, legittima l’esclusione – operata dal giudice delegato – del privilegio ipotecario con riguardo al credito vantato dalla banca ed afferente tre contratti di mutuo fondiario dalla medesima conclusi con il B., argomentando nel senso che, in tal modo, non è stato acquisito un ulteriore attivo fallimentare, mentre sussistono gli elementi costitutivi dell’azione revocatoria ordinaria, ai sensi della L. Fall., art. 66, e art. 2901 c.c., essendo stato posto in essere un procedimento indiretto mirante a costituire la garanzia reale in favore di un debito pregresso.
Resiste la curatela con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria.
Motivi della decisione
1. – Con il PRIMO MOTIVO, denunziando la motivazione contraddittoria ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla L. Fall., art. 67, la ricorrente censura l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l’esclusione dal passivo dell’ipoteca non avrebbe comportato alcuna acquisizione alla massa fallimentare di un maggior attivo, che, viceversa, è discesa proprio dalla liberazione degli immobili dall’ipoteca, in precedenza sugli stessi gravante.
Con il SECONDO MOTIVO, deducendo la motivazione contraddittoria, nonchè la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 66, art. 2901 c.c., e D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 39, osserva che è stata esclusa l’ipoteca, ma invece ammesso il credito vantato in forza dei contratti di mutuo fondiario, che quella intendeva garantire.
Con il TERZO MOTIVO, censurando la motivazione contraddittoria, rileva che il giudice del merito, una volta ritenuto posto in essere un procedimento indiretto per estinguere i precedenti debiti del mutuatario, avrebbe dovuto ricondurre la fattispecie alla diversa ipotesi della L. Fall., art. 67.
Con il QUARTO MOTIVO, deduce l’insufficiente motivazione circa la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi dell’azione revocatoria ordinaria, laddove, invece, il solo pregiudizio che questa contempla è l’aggravamento dell’insolvenza del debitore, quale eventus damni direttamente collegato all’atto impugnato, nel caso in esame inesistente; mentre neppure sussiste la conoscenza, da parte della banca, dell’asserito stato d’insolvenza, posto che non costituiscono elementi indiziari i dati riportati in bilancio, laddove l’istituto di credito non abbia motivi per dubitare della normale ripresa economica del debitore.
2. – I primi tre motivi, da trattare r congiuntamente in quanto fra di loro connessi, sono infondati.
Essi pongono la questione se rientra nei poteri del giudice delegato, in sede di procedimento di ammissione al passivo, ammettere il credito derivante in capo al mutuante dal contratto di mutuo fondiario, nel contempo escludendo (mediante la c.d. revoca in via breve o revocatoria incidentale) la garanzia ipotecaria che a quello accede, per l’esistenza dei presupposti della revocabilità dell’ipoteca.
2.1. – La figura della c.d. revocatoria incidentale è stata da tempo accolta dalla giurisprudenza, la quale ha osservato come nella fase di verifica dei crediti non è necessario, per escludere il credito o la garanzia, che venga formalmente proposta dal curatore l’azione revocatoria, perchè la legge consente al giudice delegato l’indicata esclusione sulla semplice contestazione del curatore medesimo, nè quest’ultimo è tenuto a proporre, in via riconvenzionale, tale azione nel giudizio promosso dal creditore ai sensi della L. Fall., art. 98, essendo sufficiente che si limiti a richiedere il rigetto della proposta opposizione allo stato passivo; tuttavia, non essendovi stata proposizione di azione revocatoria in senso formale, la richiesta del curatore non ha carattere autonomo, con la conseguenza che il mancato riconoscimento da parte del giudice delegato di un credito o di un privilegio resta circoscritto nell’ambito della verifica dello stato passivo, cui è strettamente funzionale la richiesta del curatore (Cass., sez. 1^, 27 novembre 2013, n. 26504; sez. 1^, 23 gennaio 2013, n. 1533; sez. 1^, 26 luglio 2002, n. 11029).
Il principio ha trovato ora riconoscimento nella L. Fall., art. 95, comma 1, che ha qualificato come eccezione la titolarità di tale potere in capo al curatore; così che la pronuncia giudiziale non dichiara l’inefficacia, nè dispone restituzioni, ma si limita ad escludere il credito o la prelazione, in ragione della revocabilità del titolo della pretesa.
2.2. – La ricorrente censura come contraddittoria la motivazione del giudice del merito, che ha considerato, da un lato, valido ed opponibile al fallimento il credito derivante dal contratto di mutuo concesso dalla ricorrente alla società, e, dall’altro lato, ha ritenuto (incidentalmente) inefficace l’ipoteca concessa sul bene a garanzia della restituzione della somma, mentre avrebbe dovuto coerentemente escludere del tutto l’ammissione di quel credito dal passivo.
2.3. – La pretesa incompatibilità della ammissione al passivo con la ritenuta revocabilità della sola garanzia non sussiste.
La sentenza impugnata ha affermato che l’atto di stipula di un mutuo fondiario, allorchè le somme siano destinate ad estinguere un debito precedentemente contratto dallo stesso mutuatario, acquisendo così il mutuante una causa di prelazione, costituisce un procedimento indiretto, in cui il negozio è sì realmente voluto, ma intende raggiungere uno scopo diverso rispetto alla funzione tipica dei negozi in tal modo collegati (cfr. p. 9 s.).
La questione, nei termini in cui è posta, è già stata considerata da questa Corte, la quale ha in più di un’occasione chiarito che la revoca della ipoteca non necessariamente comporta l’esclusione dall’ammissione al passivo del credito derivante dalla concessione della somma a titolo di mutuo, dal momento che comunque questa, una volta in effetti erogata, resta oggetto dell’obbligazione restitutoria ex art. 1813 c.c..
E stato così precisato come l’ammissione al passivo della somma mutuata possa ritenersi incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione, e non anche con quella del negozio indiretto – nel caso in cui si alleghi eterogeneo lo scopo perseguito dalle parti mediante il collegamento negoziale, e, specificamente, che si sia inteso in concreto munire di privilegio il credito preesistente – poichè, in tal caso, la stessa revoca dell’intera operazione e, quindi, anche del mutuo, comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe in ogni caso la necessità di restituzione, sia pure in moneta fallimentare (Cass., sez. 1^, 27 novembre 2013, n. 26504; sez. 1^, 28 gennaio 2013, n. 1807; sez. 1^, 20 marzo 2003 n. 4069).
Nè tale costante orientamento può dirsi contraddetto da altra decisione (Cass., sez. 1^, 6 novembre 2006, n. 23669), richiamata dalla banca ricorrente, secondo cui, qualora il credito fondato su di un contratto di mutuo fondiario sia stato ammesso allo stato passivo fallimentare, deve necessariamente riconoscersi anche l’ipoteca contestualmente costituita, la quale non può, quindi, essere revocata. Quella vicenda, infatti, riguardava l’ipotesi della simulazione del contratto, e, soprattutto, per il resto la sentenza contiene molteplici affermazioni coerenti con la tesi sopra riportata: laddove, invero, precisa come comunque “la revoca dell’intera operazione e, quindi, anche del mutuo comporta la necessità di ammettere al passivo la somma erogata in virtù del mutuo revocato, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessità di una restituzione in moneta fallimentare” e che, in tema di mutuo fondiario per l’estinzione di un debito pregresso, nella usuale “prassi negoziale, la nuova concessione di credito, oltre che voluta, è effettivamente realizzata”; mentre “in quanto costituita per garantire il nuovo finanziamento, la garanzia ipotecaria è contestuale e la sua revoca, in ogni caso, trattandosi di atto presunto oneroso (art. 2901 c.c., comma 2), implicava la prova che la banca era consapevole del pregiudizio arrecato con detto atto ai creditori”.
Proprio quest’ultima, invero, è stata la strada seguita dalla sentenza impugnata, che dunque non merita censure.
3. – Il QUARTO MOTIVO, con il quale si lamenta l’insufficiente motivazione circa la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi dell’azione revocatoria ordinaria, è infondato.
La corte d’appello ha ritenuto, con accertamento di merito sul punto insindacabile, che sussistessero sia l’eventus damni, sia la scientia decoctionis, quali elementi costitutivi dell’azione revocatoria ordinaria, in via incidentale accertati dal giudice delegato e poi dal tribunale: sotto il primo profilo, in ragione della concessione di tre ipoteche nell’arco di un mese, che avevano diminuito la garanzia patrimoniale del debitore nei confronti degli altri creditori, cui entro pochissimi mesi è seguita la revoca degli affidamenti di tutti gli altri istituti di credito e, soprattutto, il recesso dalla concessione di vendita di autovetture da parte dell’Au. s.p.a.; sotto il secondo profilo, in ragione del bilancio al 31 dicembre 1996, recante perdite per oltre dieci miliardi di lire, il quale, se da un lato era noto al debitore, dall’altro avrebbe potuto ben porre sull’avviso anche la banca, come era stato inconfutabilmente dimostrato dalle prove testimoniali assunte, laddove l’esperto incaricato del piano di ristrutturazione aveva confermato il colloquio, avvenuto nel febbraio 1996, con incaricati dell’istituto e volto alla ricerca di soluzioni di risanamento dell’azienda.
Tale motivazione risulta del tutto adeguata a sorreggere la decisione, onde anche questo motivo non merita accoglimento.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140, applicabile anche alle prestazioni professionali eseguite nel vigore delle previgenti tariffe (Cass., sez. un., 12 ottobre 2012, n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente FALLIMENTO B.W., che liquida in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014
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Numero Protocolo Interno : 232/2014