È invalido il mutuo concesso al cliente, il quale, con tale erogazione, acquista prodotti finanziari di dubbia redditività, emessi dalla stessa banca. L’interesse perseguito mediante un contratto atipico, avente ad oggetto il compimento di operazioni negoziali complesse che comprendano anche titoli di dubbia redditività, il cui rischio sia unilateralmente trasmesso sul cliente non è meritevole di tutela, sicché è inefficace ove si traduca nella concessione, all’investitore, di un mutuo, finalizzato all’acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice.
L’illecito non riguarda né il trasferimento del rischio dell’oscillazione del valore dei fondi né quello della insolvenza del cliente, in sé astrattamente legittimi, ma la commistione di essi e la finalizzazione dell’uno all’altro: combinazione che finisce con l’attribuire in sostanza alla banca il vantaggio della garanzia patrimoniale generale del cliente in ordine ai suoi stessi titoli. A fondare il complessivo giudizio di non meritevolezza della causa concreta è la considerazione del prepotere della banca finanziatrice, che costringe il soggetto che ha chiesto ed ottenuto il mutuo di destinare una parte delle somme mutuate ad un investimento a rischio di perdita in quanto il potenziale guadagno dell’investimento nella normalità dei casi è inferiore al tasso passivo di interesse sul mutuo.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Civitavecchia, Giudice Francesco Vigorito, con la sentenza n. 1040 del 20.07.2019, che si riporta di seguito.
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CIVITAVECCHIA
SEZIONE CIVILE
nella persona del giudice dott. Francesco Vigorito ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. OMISSIS del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell’anno 2012 assunta in decisione all’udienza del 17 gennaio 2019 con termine per il deposito delle memorie di replica scaduto in data 9 aprile 2019 vertente
TRA
società
ATTRICE-OPPONENTE
CONTRO
BANCA
CONVENUTA-OPPOSTA
OGGETTO: opposizione all’esecuzione (art. 615 comma 1 c.p.c.) e agli atti esecutivi (art. 617 comma 1 c.p.c.)
CONCLUSIONI:
All’udienza del 17 gennaio 2019 i procuratori delle parti concludevano come segue:
Per la parte opponente:
ammettersi la richiesta integrazione della consulenza tecnica d’ufficio, al fine di accertare la effettiva quantità di denaro messa a disposizione della società dalla Banca, provvedendo a ricalcolare l’effettivo dare/avere tra le parti sulla base del capitale realmente finanziato ed, in ogni caso, per l’integrale accoglimento delle seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale Civile di Roma adito, contrariis reiectis
– dichiarare, preliminarmente, la nullità e/o inefficacia e/o inammissibilità dell’atto di precetto notificato dalla BANCA, per i motivi di cui in narrativa e segnatamente stante la mancata notifica alla società del titolo esecutivo e la mancata costituzione di un valido titolo esecutivo nei confronti del debitore;
– in via principale dichiarare inefficace, nullo e di nessun effetto il precetto notificato dalla BANCA perché il credito non sussiste nella misura fatta valere nei confronti della SOCIETÀ dalla BANCA, in quanto frutto di contratto aleatorio unilaterale non meritevole di tutela perché realizzato in violazione dell’art. 1322 c.c.
– sempre in via principale, dichiarare inefficace, nullo e di nessun effetto il precetto notificato dalla BANCA perché il credito non sussiste nella misura fatta valere nei confronti della SOCIETÀ dalla BANCA, atteso che il superamento del tasso soglia usura comporta, ai sensi dell’art. 1815, comma 3, c.c., l’inevitabile nullità delle eventuali clausole che tale superamento determinano, con la conseguenza della non debenza di alcun interesse.
– In via subordinata, dichiarare inefficace, nullo e di nessun effetto il precetto notificato dalla BANCA perché il credito non sussiste nella misura fatta valere nei confronti della SOCIETÀ dalla BANCA, atteso che il superamento del tasso soglia usura comporta, ai sensi dell’art. 1815, comma 3, c.c., l’inevitabile nullità delle eventuali clausole e la conseguente automatica sostituzione delle stesse anche ai sensi dell’art. 1419 c.c., comma 2 e art. 1319 c.c. Con vittoria di spese”.
Per la parte opposta:
In via preliminare:
– dichiarare inammissibile l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività del titolo per non avere SOCIETÀ notificato a BANCA l’istanza di fissazione d’udienza per il 1 giugno 2012, ritenendo la stessa rinunciata; in ogni caso, la predetta istanza andrà respinta in quanto inammissibile oltre che infondata non avendo SOCIETÀ in alcun modo argomentato la sussistenza di gravi motivi;
Nel merito:
– in via principale, rigettare tutte le domande attoree, in quanto inammissibili per tutti i motivi di cui in atti e in ogni caso infondate in fatto e in diritto;
– in particolare, rigettare l’avversario rilievo della nullità del contratto di mutuo per difetto di formulazione della relativa domanda e, in ogni caso, per essere tale rilievo generico e privo di allegazione dei relativi fatti costitutivi, oltre che palesemente smentito da quanto emerge dai documenti in atti; in via meramente subordinata, dichiarare la nullità solo parziale del contratto di mutuo ex art. 1419 c.c., limitatamente all’importo di Euro 500.000 o al minore importo che verrà accertato come in concreto impiegato per l’acquisto di prodotti finanziari in violazione dell’art. 1322 c.c.: per l’effetto, disporre in ogni caso la restituzione, ex art. 2033 c.c., da parte dell’attore a BANCA di tutte le somme conseguenti sia a titolo di capitale che a titolo di interessi legali e di mora;
– in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale non dovesse riconoscere l’efficacia del titolo esecutivo tra le odierne parti della controversia, e, pertanto, dovesse dichiarare nullo e/o inefficace e/o inammissibile l’Atto di Precetto, accertare il diritto di BANCA – in forza dell’Atto di Surroga – al pagamento di capitale e interessi per l’intero importo specificato nell’Atto di Precetto, e per l’effetto:
– previo accertamento del diritto di BANCA in forza dell’Atto di Surroga e della relativa rituale annotazione nel registro immobiliare, condannare SOCIETÀ al pagamento della somma ivi indicata, pari a Euro 1.387.602,52, a titolo di capitale ed Euro 40.594,75, a titolo di interessi, oltre quelli maturandi sino al soddisfo e, in ogni caso, condannare SOCIETÀ al pagamento della diversa somma che dovesse essere accertata in corso di causa;
– in via ulteriormente subordinata, qualora l’Ill.mo Tribunale ritenesse la maggiorazione del 2,1% non applicabile ai fini della legge n. 108/1996 e, per l’effetto, ritenesse che tutti o parte degli interessi moratori applicati siano tali da superare il c.d. tasso soglia privo di tale maggiorazione, dato atto che BANCA si è resa disponibile a rinunciare a tutti gli importi di interessi che dovessero superare tale tasso soglia, condannare SOCIETÀ al pagamento a BANCA del capitale pari a Euro 1.387.602,52 e degli interessi moratori in misura pari al tasso che l’Ill.mo Tribunale riterrà di applicare;
– in via istruttoria, rigettare tutte le avversarie istanze istruttorie perché inammissibili e comunque infondate, per tutte le ragioni di cui in atti.
– con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, ritualmente notificato, la SOCIETÀ ha convenuto in giudizio la BANCA per ivi sentire accogliere le conclusioni sopra riportate.
Ha dedotto la opponente che:
– la BANCA con atto di precetto notificato in data 1 marzo 2012, aveva intimato alla stessa SOCIETÀ il pagamento, entro dieci giorni, della somma di Euro 1.429.736,12, oltre interessi di mora dalla scadenza del termine intimato sino all’effettivo soddisfo, oltre le spese, i diritti e gli onorari successivi alla notifica dell’atto, a titolo di rate non pagate del contratto di mutuo ipotecario fondiario erogato dalla Banca 2 in data 7 luglio 2005, con l’avvertenza che in difetto avrebbe provveduto ad esecuzione forzata;
– la BANCA aveva dichiarato di essere titolare della posizione creditoria derivante dal contratto di muto stipulato dalla Banca 2 per avere provveduto al pagamento di Euro 1.387.602,52, pari all’importo dovuto dalla SOCIETÀ a titolo di capitale residuo, oltre all’importo di Euro 28.766,68, a titolo di interessi di mora, in surroga del debitore;
– la BANCA non vanta nei confronti della debitrice un valido titolo esecutivo ovvero un titolo esecutivo autonomo, diverso dal contratto di mutuo stipulato dalla Banca 2 e che, pertanto, nel caso di specie, non potendo il creditore surrogato godere dei privilegi processuali e di tutela espropriativa ex art. 58 T.U., la mancata notifica del titolo esecutivo costituisce causa di improcedibilità dell’azione esecutiva;
– il contratto di mutuo del 7 luglio 2005 deve essere dichiarato nullo per contrasto con l’art. 1322 c.c., in quanto la causa negoziale dello stesso non è meritevole di tutela da parte dell’ordinamento e che, in ogni caso, il tasso di interesse convenuto con contratto sopra menzionato è superiore al tasso soglia usura e, pertanto, del tutto illegittimo.
La BANCA costituitasi in giudizio ha contestato i motivi di opposizione.
All’esito del deposito delle memorie istruttorie, il G.I. ammetteva la richiesta CTU tecnico contabile e, all’udienza del 27 gennaio 2016, il CTU prestava il giuramento di rito.
Espletata la CTU all’udienza del 17 gennaio 2019, la causa veniva trattenuta per la decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Con l’atto introduttivo del giudizio la SOCIETÀ ha promosso una opposizione alla esecuzione ed una opposizione agli atti esecutivi.
Con l’opposizione alla esecuzione ha dedotto:
– che il contratto di mutuo del 7 luglio 2005 deve essere dichiarato nullo per contrasto con l’art. 1322 c.c., in quanto la causa negoziale dello stesso non è meritevole di tutela da parte dell’ordinamento;
– che, in ogni caso, il tasso di interesse convenuto con contratto sopra menzionato è superiore al tasso soglia usura e, pertanto, del tutto illegittimo.
La società opponente ha sostenuto, quindi, in primo luogo l’illiceità dell’operazione finanziaria posta in essere dalla Banca 2, la quale ha espressamente vincolato la concessione del mutuo all’acquisto da parte della OMISSIS di propri prodotti finanziari. Inoltre ha sostenuto l’aleatorietà dell’operazione.
La società opponente ha fatto rilevare che una società nello svolgimento della propria attività non può ritenere vantaggioso richiedere ad un Istituto di credito liquidità per 1.800.000,00 euro e, contestualmente, determinarsi ad immobilizzarne circa un terzo (500.000,00 euro) in gestioni patrimoniali della Banca 2, il rendimento delle quali non avrebbe potuto coprire i gravosissimi interessi ultralegali, oneri e competenze che la stessa società si era impegnata a corrispondere sul ben più consistente importo di Euro 1.800.000,00.
La circostanza di fatto posta a fondamento della opposizione non è contestata dalla banca convenuta che ha precisato in comparsa conclusionale che “Euro 500.000 sono stati destinati a liquidità trattenuta presso lo stesso istituto Mutuante a fini di investimento nelle due gestioni patrimoniali di cui sopra; gestione patrimoniale della quale ha beneficiato nel tempo SOCIETÀ”.
Il contratto oggetto di causa è nullo.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, dal cui orientamento – ormai consolidato – non vi è ragione di discostarsi, è invalido il mutuo concesso al cliente, il quale, con tale erogazione, acquista prodotti finanziari di dubbia redditività, emessi dalla stessa banca (Cass. 30 settembre 2015 n. 19559).
In particolare ha precisato il giudice di legittimità che l’interesse perseguito mediante un contratto atipico, avente ad oggetto il compimento di operazioni negoziali complesse che comprendano anche titoli di dubbia redditività, il cui rischio sia unilateralmente trasmesso sul cliente non è meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., ponendosi in contrasto con i principi desumibili dagli artt. 38 e 47 Cost. sulla tutela del risparmio sicché è inefficace ove si traduca nella concessione, all’investitore, di un mutuo, finalizzato all’acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice, e nel contestuale mandato conferito a quest’ultima per l’acquisto dei prodotti anche in situazione di potenziale conflitto di interessi (nello stesso senso anche Cass. 23 dicembre 2016 n. 26948).
L’illecito non riguarda né il trasferimento del rischio dell’oscillazione del valore dei fondi né quello della insolvenza del cliente, in sé astrattamente legittimi, ma la commistione di essi e la finalizzazione dell’uno all’altro: combinazione che finisce con l’attribuire in sostanza alla banca il vantaggio della garanzia patrimoniale generale del cliente in ordine ai suoi stessi titoli.
A fondare il complessivo giudizio di non meritevolezza della causa concreta è la considerazione del prepotere della banca finanziatrice, che costringe il soggetto che ha chiesto ed ottenuto il mutuo di destinare una parte delle somme mutuate ad un investimento a rischio di perdita in quanto il potenziale guadagno dell’investimento nella normalità dei casi è inferiore al tasso passivo di interesse sul mutuo.
Il principio è stato ribadito più volte dalla giurisprudenza della Suprema Corte che ha affermato (Cass. 10 novembre 2015 n. 22950, Cass. 27 ottobre 2017 n. 25630) che questo tipo di contratto non è meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., perché la struttura negoziale (che prevede l’acquisto di prodotti finanziari mediante un mutuo erogato dalla stessa banca che emette quegli strumenti, poi costituiti in pegno a garanzia dell’eventuale mancato rimborso del finanziamento, situazione del tutto analoga a quella oggetto di causa in cui una parte del finanziamento era destinata all’acquisto di strumenti finanziari parzialmente costituiti in pegno a garanzia dello stesso finanziamento) pone l’alea della operazione in capo al solo risparmiatore, il quale, a fronte dell’obbligo di restituire le somme mutuate ad un saggio d’interesse non tenue, non ha una certa prospettiva di lucro, laddove invece la banca consegue vantaggi certi e garantiti. Né il rischio dell’inadempimento del risparmiatore può farsi rientrare nell’alea contrattuale, così incidendo nel meccanismo funzionale del rapporto, atteso che l’interesse al corretto adempimento del proprio debitore è circostanza comune ad ogni contratto.
Deve, peraltro, considerarsi come l’ipotesi che l’investimento finanziario consenta al cliente di recuperare l’ammontare degli interessi passivi che maturano sulla somma mutuata e destinata alla effettuazione di tali investimenti è estremamente remota. In sostanza il cliente è obbligato, per ottenere il mutuo, a destinarne una parte alla effettuazione di investimenti finanziari su “prodotti” della banca mutuante con una operazione che per il cliente è quasi certamente in perdita.
Pertanto il rapporto che consegue ai negozi collegati non è certamente meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.
L’eccezione proposta dalla convenuta secondo la quale la società attrice nel formulare le conclusioni, non ha mai chiesto al Giudice di dichiarare l’insussistenza del credito vantato da BANCA. SOCIETÀ dato che la società attrice ha chiesto “dichiararsi inefficace, nullo e di nessun effetto il precetto notificato dalla BANCA perché il credito non sussiste nella misura fatta valere nei confronti della SOCIETÀ dalla BANCA, in quanto frutto di contratto aleatorio unilaterale non meritevole di tutela perché realizzato in violazione dell’art. 1322 c.c.” è infondata.
Al di là della formulazione letterale della domanda emerge che l’opponente ha eccepito la nullità del contratto dato che ha dedotto come il contratto non sia meritevole di tutela perché realizzato in violazione dell’art. 1322 c.c.
Pertanto deve dichiararsi la nullità del contratto di mutuo ipotecario fondiario stipulato dalla SOCIETÀ con la Banca 2 in data 7 luglio 2005.
Alla nullità del contratto che era il titolo esecutivo in base al quale era stato intimato il pagamento consegue la nullità dell’atto di precetto.
La parte convenuta per l’ipotesi di declaratoria di nullità del contratto di mutuo ha chiesto in via subordinata riconvenzionale accertare il diritto di BANCA al pagamento di capitale e interessi per l’intero importo specificato nell’atto di precetto, e per l’effetto previo accertamento del diritto di BANCA in forza dell’Atto di Surroga e della relativa rituale annotazione nel registro immobiliare, condannare SOCIETÀ al pagamento della somma ivi indicata, pari a Euro 1.387.602,52, a titolo di capitale ed Euro 40.594,75, a titolo di interessi, oltre quelli maturandi sino al soddisfo e, in ogni caso, condannare SOCIETÀ al pagamento della diversa somma che dovesse essere accertata in corso di causa ed in via ulteriormente subordinata, qualora l’Ill.mo Tribunale ritenesse la maggiorazione del 2,1% non applicabile ai fini della legge n. 108/1996 e, per l’effetto, ritenesse che tutti o parte degli interessi moratori applicati siano tali da superare il c.d. tasso soglia privo di tale maggiorazione, dato atto che BANCA si è resa disponibile a rinunciare a tutti gli importi di interessi che dovessero superare tale tasso soglia, condannare SOCIETÀ al pagamento a BANCA del capitale pari a Euro 1.387.602,52 e degli interessi moratori in misura pari al tasso che l’Ill.mo Tribunale riterrà di applicare.
In generale in caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto ed in caso di qualsiasi altra causa la quale faccia venir meno il vincolo originariamente esistente, l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo.
La domanda di ripetizione di indebito non è stata formulata poiché le domande riconvenzionali proposte hanno tutte come presupposto la validità del contratto di mutuo e l’applicabilità dei tassi di interesse previsti in contratto ed in nessuno degli atti vi è domanda specifica di ripetizione di indebito né una indicazione specifica degli eventuali criteri di calcolo da adottare per determinare la somma da restituire a titolo di indebito.
Con l’opposizione agli atti esecutivi la società opponente ha sostenuto che la BANCA non vanta nei confronti della debitrice un valido titolo esecutivo ovvero un titolo esecutivo autonomo, diverso dal contratto di mutuo stipulato dalla Banca 2 e che, pertanto, nel caso di specie, non potendo il creditore surrogato godere dei privilegi processuali e di tutela espropriativa ex art. 58 T.U., la mancata notifica del titolo esecutivo costituisce causa di improcedibilità dell’azione esecutiva.
Il primo comma dell’art. 41 del D. Lg. 385/93 dispone che “nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari è esclusa la notificazione del titolo esecutivo”. Nel processo esecutivo che si basa sul credito fondiario il creditore non ha quindi obbligo di notificare il titolo, ma il precetto deve comunque contenere l’indicazione del titolo esecutivo da cui il credito è assistito nel caso in esame la circostanza non è oggetto di contestazione.
L’opponente ha eccepito che il creditore surrogato non può godere dei privilegi processuali del creditore cedente compresa la deroga all’obbligo di notificare il titolo esecutivo.
Nel caso in esame la Banca 2, originario mutuante, è stata fusa per incorporazione in BANCA con efficacia dal 1 luglio 2009 è quest’ultima, pertanto, è subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi della prima; successivamente la BANCA è stata incorporata, con efficacia dal 1 gennaio 2010, dalla Banca 3. Tuttavia nel caso in esame non agisce la Banca 3 come sarebbe stato possibile in quanto la fusione per incorporazione costituisce una “…vicenda meramente evolutivo-modificativa…” del medesimo soggetto giuridico (non diversamente da quanto avviene con la trasformazione), senza che si produca alcun effetto successorio ed estintivo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2637 del 2006 e successivamente, tra le tante n. 19509 del 2010) ma la BANCA che ha dichiarato di essere titolare della posizione creditoria derivante dal contratto di mutuo stipulato da SOCIETÀ e la Banca 3 per avere provveduto al pagamento di Euro 1.387.602,52, pari all’importo dovuto dalla SOCIETÀ a titolo di capitale residuo, oltre all’importo di Euro 28.766,68, a titolo di interessi di mora, in surroga del debitore.
L’ipotesi di pagamento con surrogazione non sembra possa essere ricondotta nell’ambito del disposto dell’art. 58 del D. Lg. 385/93 che riguarda ipotesi tipiche.
L’art. 58 prevede infatti che: “La Banca d’Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d’Italia.
- La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità.
- I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti.
- Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del codice civile.
- I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva.
- Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente.
- Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall’articolo 106.
Pertanto deve ritenersi che alla situazione in esame non possa applicarsi il privilegio processuale di cui all’art. 41 del D. Lg. 385/93.
Infatti i privilegi processuali regolati dall’articolo 41 TUB non sono trasmissibili ai cessionari, salvi i casi in cui l’estensione dei medesimi privilegi sia prevista da apposite disposizioni normative. Ciò avviene in caso di cessione effettuata ex articolo 58 TUB (cessione di rapporti giuridici in blocco) o nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, ai sensi della legge 30 aprile 1999 n.130, in favore dei soggetti ivi indicati (banche o intermediari finanziari assoggettati alla vigilanza della Banca D’Italia). In tutti gli altri casi è esclusa la possibilità di giovarsi dei privilegi del fondiario, tra i quali la possibilità di iniziare o proseguire l’azione esecutiva anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore.
D’altronde la parte convenuta si è limitata a riferire che con atto di surroga e quietanza di pagamento, a rogito del Notaio OMISSIS, in data 8 aprile 2011, Rep. n. OMISSIS, tra BANCHE con riferimento alla posizione debitoria della società, la Banca 3 confermava e dava atto, rilasciando relativa quietanza, di aver ricevuto dalla BANCA, in esecuzione dell’obbligazione di garanzia derivante dal contratto di compravendita di azioni il pagamento di quanto indicato nella comunicazione del 6 novembre 2009 corrispondente all’importo complessivamente dovuto da SOCIETÀ, a titolo di capitale e interessi e dichiarava espressamente di surrogare BANCA nei propri diritti nei confronti della SOCIETÀ derivanti dal mutuo assistito dall’Ipoteca gravante sugli immobili ipotecati.
Ma da ciò non deriva l’applicazione dei privilegi processuali previsti per il mutuo fondiario.
Pertanto anche l’opposizione agli atti esecutivi deve essere accolta.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Civitavecchia definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado iscritta al n. OMISSIS disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così decide:
– accoglie l’opposizione alla esecuzione proposta dalla SOCIETÀ, dichiara la nullità del contratto di mutuo ipotecario fondiario stipulato dalla SOCIETÀ con la Banca 2 in data 7 luglio 2005 e la nullità dell’atto di precetto notificato ad istanza della BANCA in data 1 marzo 2012;
– accoglie l’opposizione agli atti esecutivi e dichiara anche a seguito di tale opposizione la nullità dell’atto di precetto notificato ad istanza della BANCA in data 1 marzo 2012;
– rigetta tutte le altre domande;
– condanna la BANCA al pagamento delle spese del giudizio sostenute dalla SOCIETÀ che si liquidano in euro 28.000,00 oltre rimborso spese generali, IVA e Cpa per compenso ed euro 155,00 per spese.
Civitavecchia, 8 luglio 2019.
Il Giudice
dott. Francesco Vigorito
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno