In tema di credito fondiario, il limite di finanziabilità previsto dal secondo comma dell’art. 38 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come stabilito dalla Banca d’Italia su delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, non esaurisce i suoi effetti sul piano della condotta dell’istituto di credito mutuante, ma è elemento essenziale per la valida qualificazione del contratto di mutuo come fondiario e quindi per l’applicabilità della relativa disciplina di privilegio, sostanziale e processuale, in favore del creditore; pertanto, il superamento di tale limite comporta certamente, tanto ove sia necessario inferirne la nullità dell’intero contratto, salva la sua conversione ai sensi dell’art. 1424 cod. civ., quanto ove sia sufficiente la riqualificazione di quello come mutuo ordinario con disapplicazione della disciplina speciale di privilegio, la non operatività della norma che esenta il creditore fondiario dall’obbligo di previa notifica del titolo esecutivo, ai sensi del primo comma dell’art. 41 del richiamato d.lgs. n. 385 del 1993.
Il limite di finanziabilità non è riconducibile ad una mera regola di condotta per il mutuante in ragione della funzionalizzazione della relativa norma ad un interesse pubblico superiore a quello delle parti del mutuo fondiario, cioè la stabilità del mercato attraverso la stabilità del singolo mutuante: non c’è bisogno di valutare se dalla violazione di quel limite derivi anche la radicale nullità del contratto di mutuo fondiario (neppure parendo, almeno o se non altro prima facie, potersi fare luogo alla conversione in ragione della condotta delle parti risultante dagli atti accessibili nel giudizio di legittimità), oppure se ne consegua solamente, in dissenso dalla conclusione dell’ormai preponderante giurisprudenza di questa Corte ma condivisane la conclusione della rilevanza sulla struttura stessa del contratto, l’effetto di una riqualificazione di questo quale mutuo ordinario.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. III civ., con la sentenza n. 17439 del 28.06.2019, che di seguito si riporta.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso OMISSIS proposto da:
DEBITORI
– RICORRENTI –
contro
BANCA
– CONTRORICORRENTE –
avverso la sentenza n. 11819/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 09/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/04/2019 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato OMISSIS;
FATTI DI CAUSA
- DEBITORI proposero, con atto di citazione notificato il 15/10/2014 ed invocando principalmente la violazione degli artt. 479 e 480 cod. proc. civ., opposizione agli atti esecutivi avverso il precetto loro notificato tra il 26/09/2014 ed il 10/10/2014 dalla Banca, siccome non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo e carente di menzione della relativa data, per non operare il privilegio processuale dell’esenzione da tali formalità previsto dalla normativa sul credito fondiario – l’art. 41 d.lgs. 385/93 – per l’inapplicabilità di questa derivante dall’impossibilità di qualificare come fondiario il titolo azionato, in dipendenza dell’univoca definizione datane dalle parti e, comunque, della sua nullità in quanto tale per il superamento del limite massimo di finanziabilità prevista dall’art. 38 del d.lgs. 385/93 e dalla successiva delibera 22/04/1995 del CICR (Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio).
- La contrapposta tesi della precettante sull’applicabilità della disciplina sul credito fondiario fu condivisa, in rigetto dell’opposizione, dall’adito Tribunale di Roma, il quale, in primo luogo, negò rilevanza, al fine di escludere la qualificazione del mutuo come fondiario, della definizione di «mutuo ipotecario» operata nel relativo contratto, dovendo prevalere sulla qualificazione formale data dalle parti il rilievo della sussistenza o meno delle caratteristiche a quel fine imposte dalla normativa, «in ossequio al principio della prevalenza della sostanza sulla forma», oltretutto in presenza di ripetuti richiami alla speciale normativa.
- In secondo luogo, il giudice capitolino escluse potersi configurare nella specie l’invocata nullità per il superamento – con ogni evidenza incontestato, per quel che qui si desume – del limite di finanziabilità, in condivisione dell’orientamento di legittimità fino a quel momento consolidatosi (espresso già da Cass. 28/11/2013, n. 26672, seguita da Cass. ord. 04/11/2015, n. 22446) in ordine alla qualificazione di quel limite come mera norma di comportamento per le banche tutelata soltanto da un sistema sanzionatorio, volta ad impedire un’esposizione creditoria nei confronti di terzi oltre il limite di ragionevolezza ed in funzione della stabilità patrimoniale della banca erogante, ma inidonea ad incidere sul sinallagma contrattuale e quindi non implicante norme inderogabili sulla validità del contratto; e comunque restando irrilevante il precedente di Cass. 01/09/1995, n. 9219, che ad opposta conclusione era pervenuta, ma in relazione alla diversa figura del mutuo edilizio, quale mutuo di scopo finalizzato ad agevolare la disponibilità di immobili non di lusso e quindi collegato ad un interesse pubblico generale tale da qualificare la relativa soglia di finanziabilità (della metà del valore cauzionale dell’immobile), previsto per di più da una normativa (quella di cui all’art. 3 delle legge 29 luglio 1949, n. 474) ormai abrogata (ai sensi dell’art. 161, co. 1, del medesimo d.lgs. 385/93).
- Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 09/06/2017 col n. 11819, notificata a mezzo p.e.c. il 19/06/2017, ricorrono DEBITORI per il tramite di atto notificato, anch’esso a mezzo p.e.c., il 03/08/2017, cui resiste con controricorso l’intimata Banca; e, per la pubblica udienza del 30/04/2019, entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. ed i ricorrenti chiedono inoltre al Primo Presidente la rimessione alle sezioni unite di questa Corte della questione di massima di particolare importanza delle conseguenze del superamento del limite di finanziabilità fondiaria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- In via preliminare, la copia autentica del messaggio di posta elettronica certificata con cui è stata notificata la sentenza impugnata è munita sì di asseverazione di conformità all’originale digitale, ma tale asseverazione non è autografa: e tuttavia, non avendo la controricorrente – unica intimata – contestato alcunché al riguardo neppure all’udienza pubblica di discussione, ricorre una delle ipotesi in cui non si fa luogo alla declaratoria di improcedibilità, secondo quanto statuito da Cass. Sez. U. 25/03/2019, n. 8312.
- Ciò posto, i ricorrenti deducono, col PRIMO MOTIVO, «nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.: motivazione apparente» (non anche contraddittoria, almeno nell’intestazione a pag. 4): qualificando contraddittorio lo sviluppo motivazionale di argomentazioni viziate dal travisamento di fatti, dinanzi all’insussistenza di almeno uno dei presupposti di fatto e cioè della necessaria iscrizione in primo grado dell’ipoteca a garanzia del mutuo invocato come fondiario, visto che quella concessa permaneva come di secondo grado anche all’atto della «ricezione del finanziamento», secondo quanto si ricavava dallo stesso art. 5 del contratto di mutuo (a tutto concedere comportante l’obbligo di provvedere all’estinzione del finanziamento garantito dall’ipoteca di grado precedente) e da altri elementi testuali di quello e degli allegati.
- Il MOTIVO è inammissibile: infatti, in violazione del disposto di cui all’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. i ricorrenti non riportano adeguatamente, in ricorso e non valendo alcuna successiva sua integrazione, né la trascrizione, né la menzione della sede processuale di deduzione, dei passaggi dei loro atti difensivi con i quali avrebbero sottoposto la tesi al giudice del merito, ma in relazione al termine di decadenza dell’art. 617 cod. proc. civ. e della preclusione di motivi nuovi in tutte le opposizioni esecutive; infatti, tale argomentazione andava proposta con l’opposizione agli atti esecutivi entro i venti giorni dalla notifica del precetto, ma in ricorso vi è solo la trascrizione (a pag. 7) di uno stralcio del verbale di udienza del 16/05/2017, evidentemente tardivo rispetto a quei termini. E tanto comunque a prescindere dal fatto che il giudice del merito ha espressamente e chiaramente qualificato come ipoteca di primo grado quella concessa a garanzia del mutuo per essere state estinte quelle di grado precedente «contestualmente alla ricezione del finanziamento» (primo periodo di pag. 4 della gravata sentenza), sicché una motivazione pienamente sussiste e, sempre che vi fosse stata – come invece non è successo – la rituale deduzione di quando e come la tesi sarebbe stata sottoposta al giudice del merito, la contestazione dei presupposti di fatto non può certo essere operata invocando invece insussistenti vizi di forma della motivazione.
- Col SECONDO MOTIVO i ricorrenti si dolgono di «violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1371 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.»: lamentando come insufficiente la considerazione della mera rubrica del contratto e la mancata disamina degli artt. 1 e 7 del medesimo, il travisamento dell’art. 5, la posteriorità di grado dell’ipoteca concessa ed infine il superamento espresso del limite di finanziabilità.
- I diversi profili sono inammissibili o infondati: inammissibile quello relativo alla pretesa omessa considerazione della carenza del requisito dell’ipoteca di primo grado, per quanto argomentato più sopra in relazione al primo motivo e comunque dinanzi alla raggiunta conclusione dell’estinzione delle ipoteche di grado poziore contestualmente all’erogazione del finanziamento; inammissibile quello relativo agli articoli 1 e 7 del contratto – di cui si trascrivono due brevi stralci che danno conto della definizione data dalle parti al contratto quale «mutuo» e del valore di garanzia di € 570.000,00 (a fronte di un’erogazione a mutuo di € 540.000,00) – e sull’omessa considerazione del superamento del limite di finanziabilità, perché, a parte l’evidente inidoneità del primo ad escludere che il mutuo fosse (altresì connotato come) fondiario, sul superamento del limite la sentenza si sofferma con adeguata ampiezza nella sua seconda parte (pag. 5 e metà della 6), così escludendosi le carenze motivazionali formali; complessivamente inammissibili quanto alla qualificazione della volontà delle parti, non risultandone affatto implausibile l’interpretazione, istituzionalmente rimessa al giudice del merito se, come nella specie, scevra dai soli gravissimi vizi motivazionali di cui a Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014.
- Infine, col TERZO MOTIVO, i DEBITORI lamentano «violazione o falsa applicazione degli art. 38 e 41, comma 1, DLgs 385/1993 e degli artt. 479 e 480 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.»: premettono di non avere mai chiesto la declaratoria di nullità del contratto, ma semplicemente la disapplicazione della normativa speciale; prendono le mosse dal tenore testuale dell’art. 38, co. 2, t.u.b. e della delibera CICR del 22/04/1995, indicando come la pronuncia di legittimità applicata dal Tribunale di Roma (Cass. 26672/13), già di per sé contraria ad un precedente di legittimità del 1995, sia stata disattesa nel senso della nullità – sia pure con possibilità di conversione in mutuo ordinario ¬del mutuo fondiario concesso in violazione del limite in parola dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Cagliari; in precedenza, peraltro, già quelli di Monza, Firenze, Venezia, Lodi, Udine, del cui provvedimento riporta ampi stralci).
- Di tale MOTIVO va esclusa l’inammissibilità ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., visto che le ragioni della contestazione alla pronuncia del tribunale capitolino sono adeguatamente esposte, sia pure per relationem, con la riproposizione degli argomenti posti a base da un giudice di merito del suo provvedimento in dissenso esplicito dalla pronuncia di Cass. 26672/13 e con ampia ed autonoma 19 riconsiderazione delle argomentazioni su cui questa si basava: e soprattutto perché, se è vero che la qui gravata sentenza ha fatto corretta e meditata applicazione della giurisprudenza di legittimità del tempo, le conclusioni cui questa era giunta sono state poi riviste da questa Corte proprio nelle more tra la proposizione del ricorso e l’udienza di discussione, sicché quello non può dirsi più contrario ad un orientamento ermeneutico consolidato.
- A tale riguardo, va poi disattesa l’istanza degli stessi ricorrenti di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte, sia sotto il profilo del contrasto di giurisprudenza, sia sotto quello della configurabilità di una questione di massima di particolare importanza: infatti, può anzi definirsi consolidata l’impostazione cronologicamente successiva della prima sezione di questa Corte, non rilevando in contrario né l’isolata Cass. ord. 31186/17, né il diversificato atteggiamento della giurisprudenza di merito, né un conflitto solamente potenziale con eventuali dissonanti decisioni di questa sezione; e, ad ogni buon conto, risultando irrilevante, ai fini della concreta risoluzione delle questioni oggi all’esame di questa Corte, pure la sola eventuale diversificazione eventualmente necessaria rispetto alle conclusioni dell’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità.
- Di quest’ultimo va senz’altro condiviso e pertanto tenuto fermo il presupposto, consistente nel riconoscimento alla prescrizione normativa del limite di finanziabilità del rango di norma imperativa, immediatamente idonea a conformare il contenuto del contratto di mutuo fondiario, come ampiamente argomentato da Cass. 13/07/2017, n. 17352, in aperto e meditato dissenso dal precedente di cui a Cass. 28/11/2013, n. 26672, che, in base all’esclusione della riconduzione di tale norma al novero delle nullità previste dall’art. 117, comma 8, del t.u.b. (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), aveva pure negato ogni conseguenza della sua violazione sulla validità del contratto stesso; ma ben può la risoluzione della questione devoluta oggi all’esame di questa Corte prescindere dalla verifica della correttezza dell’ulteriore conclusione, che integra il proprium del mutamento di giurisprudenza del 2017, che la violazione di detta norma comporti cioè la nullità dell’intero contratto e della sua accessoria garanzia ipotecaria, salva la sola conversione in ordinario mutuo ipotecario ai sensi, sui presupposti e con le gravose modalità di cui all’art. 1424 cod. civ. in tema di conversione del negozio nullo.
- Al riguardo, è noto che, ai sensi del primo comma dell’art. 38 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (d’ora in avanti, anche solo t.u.b.), «il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili»; inoltre, il secondo comma della medesima disposizione prevede che la Banca d’Italia, in base alle delibere del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (d’ora in avanti CICR, di cui all’art. 2 del medesimo t.u.b.), stabilisca l’importo massimo dei finanziamenti, da individuarsi in rapporto al valore dei beni ipotecati ed al costo delle opere da eseguire, nonché le condizioni alle quali, in presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie, sia comunque consentita la concessione dei finanziamenti, da qualificarsi anch’essi come fondiari; ed infine il CICR, con delibera del 22/04/1995, recepita dalla Banca d’Italia con suo aggiornamento del 26 giugno 1995 alla circolare n. 4 del 29 marzo 1988 (recante «Istruzioni in materia di particolari operazioni di credito» e pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 155 del 05/07/1995), ha stabilito, quale «limite di finanziabilità», quello dell’ottanta per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, aumentabile al cento per cento in presenza di garanzie integrative, soggiungendo che, nei casi di finanziamenti concessi su immobili già gravati da precedenti iscrizioni ipotecarie, l’importo finanziabile deve essere determinato sommando al nuovo finanziamento il capitale residuo di quello precedente.
- È certo, infatti, da condividere che l’esclusione di una nullità testuale – in relazione, in particolare, all’art. 117 t.u.b., che significativamente non richiama appunto l’art. 38 cpv. – comporti de plano pure l’esclusione di una nullità virtuale, come è da condividere la valutazione di finalizzazione della disciplina sulla soglia o limite di finanziabilità alla tutela di interessi economici pubblici, posta dal più recente orientamento di questa Corte al centro della sua argomentazione e con esplicita esclusione della funzionalizzazione di quella disposizione alla stabilità patrimoniale della singola banca.
- Peraltro, il carattere categorico di tale conclusione non convince appieno, perché impedisce di considerare adeguatamente come la stabilità patrimoniale della singola banca, cui la norma in esame è in prima battuta finalizzata per impedire lo squilibrio tra garanzie acquisite e concessione di credito e quindi prevenire per quanto possibile il rischio di sovraesposizione, rappresenti comunque il mezzo per raggiungere l’obiettivo di una sana e prudente gestione dell’attività del singolo operatore professionale del mercato creditizio in generale e bancario in particolare, significativamente sottoposto ad un sistema pubblicistico di vigilanza assai sofisticato: principio, questo della sana e prudente gestione, infine positivamente recepito già dall’art. 5 del medesimo t.u.b.
- A sua volta, la sana e prudente gestione del singolo operatore è certo lo strumento primario per il raggiungimento dello scopo generale di stabilità, correttezza, efficienza e competitività di quel mercato: tanto non soltanto corrisponde ad elementari nozioni di economia (in base alle quali la stabilità dei singoli operatori è comunque precondizione, ovvero condizione necessaria benché non sufficiente, della stabilità del mercato che quelli compongono), ma è del resto reso evidente, se non in base alla prova controfattuale data dalla serie di devastanti conseguenze negative per l’economia a livello nazionale e mondiale delle crisi degli operatori creditizi già dal primo decennio di questo secolo, anche dal rilievo dei sempre più frequenti interventi di salvataggio di singoli operatori di quel mercato posti a carico dell’erario per una pubblicistica valutazione di intollerabilità del negativo impatto degli effetti cumulativi delle crisi di quelli, in ultima analisi, sull’economia nazionale.
- In questo contesto, deve effettivamente escludersi che la norma del capoverso dell’art. 38 t.u.b. sia confinata ad una rilevanza limitata al profilo delle condotte dei contraenti e, quanto alla banca od istituto di credito, alla loro responsabilità amministrativa: piuttosto, è vero che la speciale disciplina del credito fondiario presuppone il rispetto appunto e proprio di quei requisiti minimi dettati dalla legge per la qualificazione di un mutuo ipotecario come fondiario, come previsti già dal richiamato art. 38 t.u.b.; ciò che non necessariamente deve condurre alla drastica conclusione della nullità del contratto di mutuo e della correlata stipulazione della relativa garanzia ipotecaria in caso di violazione di quella norma.
- Non è questa la sede per valutare appieno la natura e la funzione del credito fondiario alla stregua dell’evoluzione normativa che lo ha riguardato, essendo ormai superata l’originaria struttura disegnata dal r.d. n. 646/1905 (incentrata sul requisito soggettivo della peculiare organizzazione dell’esercente il credito fondiario e su quello oggettivo del contenuto del contratto) e quella più cauta del d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, o del successivo art. 4 della legge n. 175 del 1991 (tra cui quelle sui limiti complessivi di durata e complessivi di finanziabilità): un tale originario sistema trovava la sua giustificazione nella funzione pubblicistica esercitata dal creditore fondiario ed integrante la mobilizzazione del credito, la quale si sostanziava nell’intermediazione – sostanzialmente gratuita – tra mutuatari e portatori di cartelle fondiarie, basata sull’emissione di cartelle fondiarie a fronte di ciascun mutuo concesso e finalizzata a privilegiare l’interesse del portatore delle cartelle, attraverso l’imposizione dell’obbligo, a carico dell’istituto emittente, di pagare al portatore della cartella il relativo importo e gli interessi coi propri mezzi, qualora il mutuatario fosse rimasto inadempiente.
- Al giorno d’oggi, scomparso il riferimento a soggetti particolarmente qualificati ed alle esigenze di tutela della loro posizione di garanti dell’effettiva mobilizzazione dei crediti garantiti da ipoteche di primo grado, la disciplina del credito fondiario ha resistito anche al vaglio di conformità alla Carta fondamentale, avendo la Consulta, con sentenza n. 175 del 2004, dichiarato cd inammissibile la relativa questione di legittimità costituzionale per non avere il giudice remittente valutato se una tale mobilizzazione della proprietà immobiliare – e, in tal modo, l’accesso a finanziamenti idonei anche a consentire il superamento di crisi del mutuatario cd imprenditore – costituisse una scelta di politica economica del legislatore, non censurabile se non manifestamente irrazionale.
- Permane oggi quindi una disciplina caratterizzata da una serie di privilegi sostanziali e processuali attribuiti al finanziatore, alcuni dei quali di significativo impatto anche sui principi generali del processo esecutivo individuale e concorsuale, tra i quali: la facoltà di eleggere, ai fini dell’iscrizione ipotecaria, presso la propria sede, invece che nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede la conservatoria dei registri immobiliari (art. 2839 cod. civ.); il c.d. consolidamento breve dell’ipoteca fondiaria, non soggetta a revocatoria fallimentare quando sia stata iscritta dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza di fallimento del debitore concedente o del terzo datore di ipoteca; l’estensione della garanzia ipotecaria anche in caso di clausole di indicizzazione, ove menzionate nella nota di iscrizione, in deroga all’art. 2855 cod. civ.; l’esenzione dalla revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati dal debitore poi dichiarato fallito; una serie di ulteriori agevolazioni nel procedimento esecutivo individuale, tra cui l’esonero dall’obbligo di notificazione previa del titolo esecutivo, la facoltà di proporre o di proseguire il processo esecutivo anche in caso di fallimento del debitore, il normale versamento diretto al creditore di rendite e prezzo di aggiudicazione.
- Ora, la fondamentale pronuncia di Cass. 17352/17 cit., confermata dalla prevalente giurisprudenza successiva, ricostruisce la violazione della norma sui limiti di finanziabilità fondiaria come causa di nullità del contratto di mutuo e di concessione della relativa garanzia sul presupposto evidente che si tratti di un tipo negoziale diverso o comunque di un contratto differente rispetto al mutuo ipotecario ordinario: tale è la premessa della conclusione della ammissibilità esclusivamente di una conversione ai sensi dell’art. 1424 cod. civ., a mente del quale, come è noto, il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.
- Una tale conclusione è però stata oggetto di vivace critica ad opera di avvertita dottrina e di una parte della giurisprudenza di merito, tra l’altro sotto il profilo: dell’eccesso della misura applicata rispetto alla finalità della norma violata, esigendosi dall’interprete il rispetto di un criterio di ragionevolezza e di proporzionalità tra interesse leso e rimedio prescelto; dei dubbi sulla ricorrenza stessa dei presupposti di quell’istituto, per la perplessità sulla configurazione di diversità dei tipi negoziali coinvolti, anziché di un rapporto di species a genus tra mutuo fondiario e mutuo ipotecario, vista la preponderanza di elementi in comune e la presenza, nel primo, soltanto di elementi accidentali caratterizzanti; della complessità della ricostruzione di una consapevolezza e volontà delle parti in relazione al carattere aleatorio della stima cui ancorare la convertibilità; della conseguenza di notevoli limitazioni alla proposizione dell’istanza di conversione; delle cospicue conseguenze sulla stabilità patrimoniale delle stesse banche inosservanti delle condizioni per il riconoscimento del carattere fondiario del mutuo.
- E non è mancata un’opinione intermedia, la quale – fermo il presupposto che il limite di finanziabilità posto dall’art. 38 non sia mera regola di condotta della banca – risolve la questione sul piano della qualificazione giuridica del contratto, ritenendo che, al di là del nomen iuris utilizzato dalle parti, il mutuo pur qualificato come fondiario, ove non in regola con le disposizioni dell’art. 38 t.u.b. per intervenuto superamento dei limiti di finanziabilità, altro non sarebbe che un ordinario mutuo ipotecario: con la conseguenza che il superamento del limite di finanziabilità non comporterebbe, in quanto ad esso estrinseco, la nullità del sinallagma né la verifica della possibilità di dar luogo alla conversione in altro tipo di contratto, ma semplicemente la disapplicazione della speciale disciplina del mutuo fondiario, con conservazione del contratto di mutuo ipotecario originario e della garanzia ipotecaria.
- Non è però necessario in questa sede prendere posizione, una volta comunque condiviso il presupposto della non riconducibilità del limite di finanziabilità ad una mera regola di condotta per il mutuante in ragione della funzionalizzazione della relativa norma ad un interesse pubblico superiore a quello delle parti del mutuo fondiario, cioè la stabilità del mercato attraverso la stabilità del singolo mutuante: non c’è bisogno di valutare se dalla violazione di quel limite derivi anche la radicale nullità del contratto di mutuo fondiario (neppure parendo, almeno o se non altro prima facie, potersi fare luogo alla conversione in ragione della condotta delle parti risultante dagli atti accessibili nel giudizio di legittimità), oppure se ne consegua solamente, in dissenso dalla conclusione dell’ormai preponderante giurisprudenza di questa Corte ma condivisane la conclusione della rilevanza sulla struttura stessa del contratto, l’effetto di una riqualificazione di questo quale mutuo ordinario.
- Non potrebbe negarsi, infatti e in linea di principio, la necessità di interrogarsi se e come tale diverso approdo possa apparire più in linea col fine pubblicistico perseguito dalla norma: la stabilità del mercato attraverso la stabilità del singolo operatore del credito, che resterebbe fortemente perturbata, secondo intuitive leggi economiche o regole di comune esperienza, da una integrale – e difficilmente superabile, se non attraverso le aleatorie strettoie della conversione – nullità del mutuo e delle relative garanzie nonostante l’intervenuta erogazione del capitale.
- Ma ai fini che qui rilevano, quanto al motivo in esame (per essere stato già disatteso quello dell’assenza del requisito del primo grado dell’ipoteca concessa) la qualificazione del credito come fondiario o meno rileva appunto ai soli fini della ritualità o legittimità dell’esenzione dall’obbligo di previa notifica del titolo esecutivo: e l’esclusione del carattere fondiario derivante dal superamento di quel limite comporta in ogni caso la fondatezza della doglianza, basata sulla contestazione del presupposto in diritto della gravata decisione (benché conforme alla giurisprudenza di legittimità del temp
- Rilevato il carattere pacifico del superamento di quel limite, il terzo MOTIVO di doglianza è pertanto fondato e va accolto, sussistendo la nullità da omessa previa notifica del titolo esecutivo in difetto di esenzione dal relativo obbligo, in applicazione del seguente principio di diritto:
«in tema di credito fondiario, il limite di finanziabilità previsto dal secondo comma dell’art. 38 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come stabilito dalla Banca d’Italia su delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, non esaurisce i suoi effetti sul piano della condotta dell’istituto di credito mutuante, ma è elemento essenziale per la valida qualificazione del contratto di mutuo come fondiario e quindi per l’applicabilità della relativa disciplina di privilegio, sostanziale e processuale, in favore del creditore; pertanto, il superamento di tale limite comporta certamente, tanto ove sia necessario inferirne la nullità dell’intero contratto, salva la sua conversione ai sensi dell’art. 1424 cod. civ., quanto ove sia sufficiente la riqualificazione di quello come mutuo ordinario con disapplicazione della disciplina speciale di privilegio, la non operatività della norma che esenta il creditore fondiario dall’obbligo di previa notifica del titolo esecutivo, ai sensi del primo comma dell’art. 41 del richiamato d.lgs. n. 385 del 1993».
- Conseguono, fondato essendo il MOTIVO ed in parte inammissibili ed in parte infondati i primi DUE, la cassazione della gravata sentenza ed il rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità; ma, poiché il ricorso è stato almeno in parte accolto, non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da essa proposta, a norma del co. 1-bis del detto art. 13.
PQM
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la gravata sentenza e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 30/04/2019
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno