In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38 comma 2 del d.lgs. N.385 del 1993 è elemento essenziale del contenuto del contratto ed il suo mancato rispetto determina la nullità del contratto stesso, con possibilità di conversione in ordinario finanziamento ipotecario ove ne sussistano i relativi presupposti, e costituisce un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l’attività di impresa.
Questo il principio ribadito dalla Corte d’Appello di Firenze , Sez. II, Pres. -Rel. Monti nella sentenza n. 1327 del 30 giugno 2021
Nel caso di specie, veniva proposto appello contro la sentenza del Tribunale che dichiarava la nullità di un mutuo che si riteneva avesse superato il limite di finanziabilità previsto dall’art. 38 T.U.B.
Orbene, nell’ipotesi di superamento del limite di finanziabilità di un mutuo fondiario la soluzione della nullità radicale del rapporto non ha convinto la Corte d’Appello.
La ratio di garanzia che a norma dell’art. 38 TUB deve assistere il mutuo fondiario sta nell’esigenza di salvaguardare la solidità patrimoniale della singola banca erogante e, con essa, del sistema bancario in generale, con la conseguenza che la norma in esame è in prima battuta finalizzata per impedire lo squilibrio tra garanzie acquisite e concessione di credito e quindi prevenire per quanto possibile il rischio di sovraesposizione, rappresenta comunque il mezzo per raggiungere l’obiettivo di una sana e prudente gestione dell’attività del singolo operatore professionale del mercato creditizio in generale e bancario in particolare.
Il discrimine tra mutuo ordinario e mutuo fondiario sta nella soglia prudenziale della garanzia patrimoniale, ma non tocca gli estremi strutturali della fattispecie, sicché il superamento del limite di finanziabilità fondiaria non urta alcun elemento imperativo dello schema contrattuale fondamentale, che resta valido, se voluto dalle parti.
E’ incongrua la decisione, che, dopo avere dichiarato nulla l’erogazione del mutuo fondiario sottogarantito, finisce per risarcire paradossalmente il mutuatario, assicurandogli a titolo “risarcitorio” la disponibilità definitiva del tantundem, espunto dal patrimonio della banca e di conseguenza dalla solidità del sistema bancario.
Il rimedio della conversione ex art. 1424 c.c. per quanto indubbiamente pertinente, sembra tuttavia superfluo allo scopo di degradare il mutuo fondiario in mutuo ipotecario comune, avendo a che fare con figure riconducibili allo stesso tipo, legate da un rapporto di genus a species, mentre l’istituto in commento opera per definizione tra uno schema contrattuale e l’altro.
Restando all’interno della stessa tipologia, una volta esclusa la validità delle clausole specializzanti, l’accordo è destinato per sua natura a rientrare nella categoria di base, a meno che la volontà delle parti non fosse esclusivamente orientata alla configurazione speciale.
Davanti alla constatazione del superamento del limite di finanziabilità, la sanzione coerente allo spirito dell’ordinamento consiste insomma semplicemente nell’eliminare il peculiare regime fondiario, riconducendo l’accordo di finanziamento alla disciplina della figura basilare, sempreché il risultato non si ponga in contrasto con la contingente volontà delle parti.
Per tali ragioni, la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado impugnata, operando la riqualificazione del rapporto di finanziamento controverso alla stregua di comune mutuo ipotecario.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LIMITE DI FINANZIABILITA’: la violazione non comporta la nullità del contratto di mutuo
È una disposizione imperativa che non incide sul sinallagma contrattuale
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Giudice Andrea Palma | 22.11.2018 | n.2492
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