ISSN 2385-1376
Testo massima
Il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 38 e ss., non è mutuo di scopo: di esso, cioè, non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità (Cass. 9511/2007, 317/2001), non può, pertanto, essere negata tale qualificazione, sul rilievo della previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili.
È quanto affermato dagli ermellini nella sentenza n. 4792/2012, che ancora una volta è intervenuta a chiarire i rapporti esistenti tra mutuo fondiario e mutuo di scopo.
Sul punto, occorre innanzitutto precisare che il mutuo di scopo è quel contratto col quale generalmente l’istituto di credito concede al proprio cliente una somma di denaro (o altre cose fungibili) con l’obbligo per il mutuatario di farne un determinato utilizzo. Il mutuatario, sarà pertanto vincolato ad usare la somma nel modo ed (eventualmente) secondo le modalità e nei tempi indicati nel contratto. Se tale destinazione non viene realizzata, il contratto è nullo e il correntista non è tenuto alla restituzione delle somme alla banca.
Il finanziato è dunque obbligato ad una “utilizzazione vincolata” della provvista.
In verità, numerosi dubbi sono sorti in dottrina e in giurisprudenza quanto alla sua configurabilità in termini di contratto tipico o atipico, e dunque circa la sua possibile natura reale o consensuale. Relativamente a questo ultimo punto, si è oggi giunti a sostenere, quasi all’unanimità, che il mutuo di scopo sia un contratto consensuale e che la consegna costituisca un obbligo del mutuante. Secondo alcuni autori, infatti, il mutuo di scopo costituirebbe un frutto dell’autonomia privata che non è stato recepito dal legislatore e trasformato in un tipo contrattuale legale: le parti sono, pertanto, libere di inserire in un mutuo una clausola di destinazione, libere di scegliere lo scopo da perseguire, di determinare l’ammontare del mutuo, di stabilire la misura degli interessi e così via, oltre che di precisare a loro piacimento modi e tempi di esecuzione dell’obbligo di scopo. (ZIMATORE A.; CLARIZIA R., CONSOLO G.).
Ciò premesso, occorre interrogarci sul tema innanzi anticipato, circa cioè, i rapporti esistenti tra il mutuo di scopo e il negozio di credito fondiario, come, peraltro, affrontato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza de quo.
Come noto, il credito fondiario trova la sua disciplina nel T.U.B ove espressamente si dice: Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili; che, peraltro, in passato poteva essere esercitato solo da alcuni istituti di credito autorizzati, oggi questa possibilità è stata estesa a tutte le banche.
Esso nacque con un fine preciso, quello cioè di rigenerare e smobilizzare la proprietà terriera; ciò nonostante, le norme che lo hanno da sempre disciplinato non hanno mai previsto l’esplicita determinazione della destinazione, come invece avvenne, poi, per tutti gli altri crediti speciali (come ad esempio per il credito edilizio).
Sennonché il legislatore del 1993, nel dettare la nozione del credito fondiario, (sopra riportata – art. 38 T.U.B.), ha introdotto la nozione di “finanziamento“. Scelta, quest’ultima, che ha portato la dottrina tradizionale ed una parte della giurisprudenza a ritenere che la nozione di finanziamento coincidesse con quella di vincolo nell’utilizzo della provvista, finendola così per identificare con la disciplina del mutuo di scopo.
Progressivamente, poi, sia la dottrina che la giurisprudenza hanno abbandonato questa linea di pensiero in virtù di una nuova e sempre più “moderna” concezione di finanziamento, idonea cioè ad individuare qualsiasi mezzo di approvvigionamento dell’impresa o del privato (Pietragalla A.U. Bozza G.).
Si è così affermato, non senza pareri contrari, che la concessione del credito non vincola il beneficiario ad alcun particolare reimpiego, e ciò in virtù del fatto che l’impiego della somma mutuata non si inserisce nel contratto di prestito come elemento specifico della sua causa giuridica (Moglie C. Farina M.).
La definitiva soluzione alle dispute dottrinali è pervenuta, tuttavia, soltanto nel 1994 con la Comunicazione della Banca d’Italia del febbraio 1994 (BANCA D’ITALIA, Comunicazione del febbraio 1994, Bollettino di vigilanza n. 2, 1994) ove espressamente si è affermato che “la nuova disciplina del credito fondiario non prevede che il credito sia caratterizzato dallo scopo”, in quanto non sussistono vincoli di destinazione “ex lege” delle somme erogate.
Ne consegue l’inevitabile esclusione della riconducibilità del contratto di finanziamento fondiario alla tipologia del mutuo di scopo legale.
Testo del provvedimento
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