ISSN 2385-1376
Testo massima
Il limite dell’80 % dell’importo finanziabile, stabilito dalla Banca d’Italia con delibera Cicr del 22/4/1995, costituisce applicazione dell’art. 38 TUB, che determina il contenuto del contratto di mutuo fondiario, e non già dell’art. 117 , che sancisce la nullità dei contratti stipulati in difformità dai contenuti previsti dalla Banca d’Italia, per cui la violazione del limite dell’importo finanziabile non può costituire causa di nullità del finanziamento.
IL CONTESTO NORMATIVO
Testo Unico delle Leggi in materia Bancaria e Creditizia (TUB)
Art.38, comma 2 (“Nozione di credito fondiario”)
“La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
Art.117, comma 8 (“Contratti”)
“La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti e i titoli difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia”.
Art. 127 (“Regole generali”)
“Le disposizioni del presente titolo sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente.
Le nullità previste dal presente titolo possono essere fatte valere solo dal cliente”.
LA DECISIONE DELLA CORTE
Con i principi di diritto sopra riportati, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26672 del 28/11/2013, si è pronunciata in merito alla validità del contratto di mutuo fondiario stipulato con il superamento del limite finanziabile previsto dall’art. 38 TUB e fissato, dalla delibera Cicr del 22/4/1995, nella misura dell’80% del valore dell’immobile ipotecato.
La vicenda trae origine dall’opposizione allo stato passivo proposta da una Banca avverso il provvedimento di rigetto della domanda di ammissione al passivo della società (fallita) beneficiaria del finanziamento. La domanda di ammissione era stata rigettata sul presupposto dell’insussistenza del credito della Banca, essendo da considerarsi nullo il contratto di finanziamento fondiario per violazione del limite dell’importo finanziabile.
Rigettata l’opposizione, la Banca ha presentato ricorso per cassazione, articolato in una pluralità di motivi, tra cui l’erroneità della decisione in merito alla nullità del contratto per violazione del limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile.
La S.C., in primo luogo, ha affrontato la questione se la delibera del Cicr in esame sia applicazione diretta dell’art. 38 del TUB o se invece la stessa costituisca primaria applicazione dell’art. 117, comma 8 TUB che testualmente prevede: “la Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti e i titoli difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia”.
Ovvero, la Corte si è chiesta se la previsione del limite di finanziabilità prevista dall’art. 38 del Tub costituisca una ipotesi rientrante tra quelle previste dall’art. 117 TUB o se, invece, sia una autonoma previsione alla quale, come tale, le disposizioni di tale ultimo articolo non risultano applicabili.
In risposta a tali questioni, il Collegio ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, affermando il principio di diritto sopra richiamato e precisando che il limite dell’80 % dell’importo finanziabile, stabilito dalla Banca d’Italia con delibera Cicr del 22/4/1995, costituisce applicazione dell’art. 38 TUB, che conferisce alla Banca d’Italia non già il potere di stabilire una certa clausola del contratto di mutuo fondiario bensì solo quello di determinare la percentuale massima del finanziamento che costituisce l’oggetto del contratto e che è quindi un elemento di per sé già tipizzato e costituente una clausola necessaria.
L’art.117 TUB, invece, prevede una serie di ipotesi non tassativamente individuate – in cui la Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti o titoli abbiano un contenuto tipico determinato e che i contratti e i titoli difformi sono nulli.
Osserva la Corte che il limite di finanziabilità di cui all’art. 38 non rientra in una delle predette ipotesi indeterminate di cui all’art. 117 Tub e che ciò è dimostrato dal fatto che in questo caso il legislatore ha espressamente previsto quale fosse il contratto su cui la Banca d’Italia dovesse intervenire e quale fosse la disposizione secondaria da introdurre, senza lasciare a quest’ultima ogni valutazione circa la scelta del tipo di contratto su cui operare un intervento tipizzatorio e la scelta di quale clausola inserire.
Gli ermellini hanno rilevato, poi, come il rispetto del limite del finanziamento non risulti essere una circostanza rilevabile dal contratto, in quanto l’accertamento in proposito può avvenire solo tramite valutazioni estimatorie dell’immobile oggetto di finanziamento, suscettibili di opinabilità e soggette a margini di incertezza valutativa e come tali non rilevabili dal testo del contratto.
A tale proposito hanno aggiunto la Banca d’Italia, nel determinare il limite di finanziamento, non ha prescritto che nel contratto venissero indicati degli elementi di riferimento quali il valore dell’immobile o il costo delle opere, il che fa ulteriormente escludere che la previsione della circolare del 1995 abbia introdotto una clausola determinativa del contenuto del contratto.
Anche gli interessi tutelati dalle due norme sono differenti, in quanto l’art. 117 TUB è inserito nel Titolo 6^ relativo alla “trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti” ed è quindi una norma volta alla tutela dei contraenti più deboli apparendo volta a prevenire, tramite l’inserimento di clausole standard, l’utilizzazione da parte delle banche di schemi contrattuali di difficile lettura od interpretazione da parte del cliente ovvero recanti clausole onerose o eccessivamente vessatorie. In tal senso si spiega la sanzione della nullità (c.d. “relativa”) del contratto difforme.
Diverso è il caso della violazione dell’art.38, in quanto il cliente, nel caso del mutuo che ecceda il limite di finanziabilità, ha tutto l’interesse ad ottenere il massimo importo possibile, cosicché la nullità di cui agli artt.117 e 127 TUB non risulta applicabile, sia per la carenza di interesse da parte del mutuatario, sia perché l’art.127, comma 2, n. 1 Tub prevede che le disposizioni del titolo VI (e quindi dell’art. 117, comma 8) siano derogabili solo in senso più favorevole al cliente ed, a ben vedere, un mutuo concesso oltre il limite di finanziabilità è di regola più favorevole al cliente.
Secondo la Corte, allora, l’art. 38 comma 2 TUB non costituisce una norma posta a tutela del contraente più debole, bensì a tutela delle Banche, in quanto volta ad impedire che queste ultime assumano esposizioni finanziare non adeguatamente garantite.
A ciò il Collegio ha aggiunto che non sussiste nullità del contratto in caso di violazione di norme imperative riguardanti il comportamento dei contraenti, ma solo in caso di norme inderogabili concernenti la validità del contratto, per cui, essendo l’art. 38 TUB una disposizione imperativa che non incide sul sinallagma contrattuale, ma solo sul comportamento che la Banca deve tenere, essendo il limite di erogabilità del mutuo stabilito anche e soprattutto in funzione della stabilità patrimoniale della banca erogante, la violazione di tale norma può comportare la sola irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, ma non comporta un’ipotesi di nullità del contratto di mutuo.
Sulla base di tali presupposti, la S.C. ha ritenuto fondato il motivo di ricorso proposto dalla Banca e, per l’effetto, ha cassato – con rinvio al Tribunale il decreto impugnato.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA SEZIONE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10877-2012 proposto da:
BANCA S.P.A. (c.f. (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO CASA DI CURA;
– intimato –
nonchè da:
FALLIMENTO CASA DI CURA;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
BANCA S.P.A. (c.f. (OMISSIS));
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il 15/03/2012;
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 16-04-2010, la BANCA s.p.a.
proponeva opposizione avverso il decreto del giudice delegato, con cui era stata rigettata la domanda della predetta società di insinuazione al passivo del fallimento della Casa di cura – spa.
Il provvedimento del giudice delegato aveva motivato il rigetto come segue.
“In primo luogo perchè l’istante non risulta creditrice della società fallita, in secondo luogo per le ragioni e le motivazioni sopra esposte sub 1.4.3. e sub 2.1 … . Alla data della ricognizione del debito e di rinegoziazione del mutuo sottoscritta con la BANCA l’1.12.04 dell’ originario importo di Euro 12.500.000,00 risulta pagata la somma di Euro 4.658.308, … emerge che la quota di finanziamento qualificabile come mutuo fondiario risultava interamente corrisposta a quella data e che il residuo debito di Euro 7.941.691,69, stante la nullità parziale del contratto di mutuo fondiario ((Cass. 1.09.95 n. 9219), deve ritenersi frutto di un’attribuzione patrimoniale priva di causa e quindi non assistita alcuna garanzia ipotecaria … la concessione degli ulteriori gravami di cui sopra alla BANCA, essendo avvenuta a titolo gratuito e non contestualmente all’assunzione del debito di cui al punto 1, viola gravemente gli interessi della massa dei creditori di ambedue i fallimenti, tant’è che i loro curatori hanno convenuto la società mutuante in giudizio di revocazione ordinaria delle garanzie concesse, fermo restando il fatto che, attesa la carenza di contestualità tra finanziamenti e prestazioni delle garanzie ipotecarie, si esula dalla figura del finanziamento fondiario “. Con l’atto di opposizione la ricorrente sosteneva che:
a) con atto pubblico dell’1.12.04 la Casa di Cura – aveva prestato ipoteca sugli immobili di sua proprietà siti in (OMISSIS) a garanzia del residuo credito della BANCA, pari ad Euro 7.941.691.89, derivante da un finanziamento in favore della Casa di Cura M. s.p.a. dell’importo di Euro 12.500.000.00, nonchè del residuo credito della BANCA, pari ad Euro 3.673.607,55 derivante da un finanziamento di Euro 4.000.000.00 che la Casa di Cura M. Si era accollata;
b) a norma dell’art. 92 L.F. dovevano essere sottoposti a verifica anche i diritti reali o personali su beni mobili ed immobili di proprietà o in possesso del fallito, cosicchè, anche nell’ipotesi in cui il terzo datore (fallito) non fosse debitore, il titolare del diritto di prelazione doveva chiedere il riconoscimento del suo diritto nel procedimento di verifica;
c) il valore di stima concretamente accertato a norma del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38 per gli immobili gravati dalle garanzie reali rientrava nel cd. limite di finanziabilità, con riferimento all’epoca in cui il contratto (9-08-02) era stato concluso, mentre la valutazione indicata nel decreto del giudice delegato era ancorata a valori posteriori che potevano aver subito gli effetti di un negativo andamento del mercato o di altri fattori;
d) in ogni caso, premesso che il finanziamento fondiario non era un mutuo di scopo, la conseguenza del mancato rispetto del limite di finanziabilità non sarebbe stata la nullità del contratto, diversamente dalla sentenza pronunciata dalla Cassazione (n. 9219/95),che si riferiva al diverso caso del mutuo edilizio, ma, al più, la configurazione di un ordinario contratto di mutuo garantito da ipoteca privo delle speciali disposizioni dettate per il fondiario.
e) in subordine, nel caso di nullità parziale del contratto di mutuo, la quota nulla del mutuo non avrebbe costituito una attribuzione patrimoniale priva di causa poichè non sarebbe stata condivisibile l’affermazione secondo la quale i pagamenti parziali eseguiti dalla mutuataria avrebbero dovuto essere imputati alla quota valida e non alla parte eccedente il limite di finanziabilità, valendo invece il principio fissato dall’art. 1193 c.c., secondo il quale i pagamenti parziali andavano imputati prima al credito meno garantito quale appunto sarebbe stato nella specie quello chirografario;
f) inoltre, a tale residua parte di credito non poteva comunque essere negata l’ammissione, dovendo, nell’ipotesi peggiore, essere collocata in chirografo;
g) quanto al finanziamento originario di Euro 4.000.000.00 in favore di P.S., la proposizione di un’azione di revocatoria ordinaria da parte della curatela contro le garanzie ulteriori rilasciate non avrebbe consentito, stante l’effetto costitutivo della sentenza, di escludere allo stato la prelazione richiesta, con gli interessi fino alla data del fallimento e non fino alla domanda di concordato, come deciso in sede di verifica.
Tanto premesso, l’opponente chiedeva di essere ammessa a partecipare al ricavo della futura vendita dell’immobile dato in garanzia con atto 1-12-04 n. (OMISSIS), con la prelazione spettante in base all’ipoteca iscritta presso la Conservatoria RR.1I. di Cagliari in data 3-12-04 al n. (OMISSIS): in principalità per il credito di complessivi Euro 12.517.869,53 al 13 marzo 2009 in via ipotecaria, oltre interessi fino alla vendita dei beni vincolati in garanzia ai sensi dell’art. 2855 c.c.; in subordine, per il credito di Euro 4.000.000,00 sul primo finanziamento e per Euro 3.673.607.55 sul secondo finanziamento, sempre oltre interessi fino alla vendita dei beni vincolati in garanzia ai sensi dell’art. 2855 c.c.
Si costituiva il Fallimento Casa di Cura – s.p.a., rilevando che:
a) la BANCA s.p.a. non aveva allegato di essere creditrice della Casa di Cura – e nella sua qualità di creditrice di un terzo, in favore del quale l’odierna fallita aveva prestato garanzia ipotecaria, non poteva proporre istanza di ammissione al passivo;
b)nel merito, valevano le stesse argomentazioni svolte nel procedimento di opposizione del fallimento della Casa di Cura M. SPA ovvero che il contratto di finanziamento del 9-08-02 non poteva essere qualificato mutuo fondiario, in quanto non rispettoso dei criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 38 e ss.
poichè i beni concessi in garanzia avevano, all’epoca del finanziamento, un valore cauzionale ben inferiore al credito concesso, mentre le garanzie integrative non corrispondevano a quelle richieste dalle medesime disposizioni;
c) le relazioni prodotte a tal fine dall’istituto mutuante non possedevano data certa e si basavano comunque su parametri probabilistici ed incerti, quali una futura quanto eventuale vocazione edilizia ed un ipotetico acquisto da parte del W.. d)che il finanziamento fondiario fosse stato in parte estinto dalla debitrice risultava dal successivo atto pubblico di rimodulazione del debito, cosicchè nessun dubbio poteva sorgere in ordine alla causa delle attribuzioni patrimoniali dichiarata dallo stesso debitore all’atto dei pagamenti;
e) alla data della stipula del contratto 1-12-04 erano già vincolanti le disposizioni dettate dal C.I.C.R. con la Delib. 4 marzo 2003 e dalla Banca d’ Italia in data 25-07-03, ed in particolare l’obbligo per la banca di provvedere alì informazione precontrattuale per iscritto, di consegnare il documento di sintesi e l’indicatore sintetico di costo, disposizioni che nella specie non risultavano rispettate, con la conseguenza che detto contratto (sulla cui natura non era dato dubitare, attesa la volontà espressa dalle parti di effettuare una modifica del preesistente rapporto patrimoniale, a norma dell’art. 1321 c.c.) era nullo ai sensi ed agli effetti dell’art. 117 T.U.B.;
f) inoltre, la concessione di ulteriori garanzie, operata in detto contratto, doveva ritenersi effettuata in violazione dell’interesse della massa dei creditori ed era stata per questo oggetto di azione revocatoria da parte della curatela.
Il Fallimento resistente quindi domandava il rigetto dell’opposizione. Il Tribunale di Cagliari, con decreto depositato il 15.3.12, rigettava l’opposizione.
Avverso la detta decisione ricorre per cassazione la BANCA spa sulla base di sedici motivi, illustrati con memoria, cui resiste con controricorso il fallimento della Casa di cura – spa che a sua volta propone ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo cui resiste con controricorso la BANCA spa.
Motivi della decisione
Con i primi cinque motivi la banca ricorrente censura la decisione impugnata laddove il Tribunale ha ritenuto che, nel finanziamento fondiario concesso dalla BANCA alla Casa di Cura M. in data 9.8.2002, per il complessivo importo di Euro 12.500.000,00 , ed (anche) in relazione al cui riscadenzamento la Casa di Cura – aveva prestato le ipoteche, non fosse stato rispettato il cd. “limite di finanziabilità” previsto dal D.Lgs. n. 385 del 2003, art. 38 e dai relativi provvedimenti attuativi (deliberazione CICR in data 22.4.1995 e circolare in data 26.6.1995 della Banca d’Italia).
In particolare:
Con il primo motivo di ricorso lamenta la ritenuta mancanza di data certa delle quattro perizie da essa prodotte in giudizio estimative degli immobili.
Con il secondo motivo contesta sotto il profilo della carenza di motivazione la valutazione del tribunale di ritenere, nella valutazione del rispetto del limite di finanziabilità, che le perizie prodotte non avevano fornito stime aderenti ai valori degli immobili.
Con il terzo motivo contesta il decreto impugnato laddove lo stesso ha ritenuto attendibile la perizia effettuata nel 2008 redatta nell’ambito della procedura di concordato preventivo. Con il quarto ed il quinto motivo deduce, sotto il profilo del vizio motivazionale e della violazione dell’art. 2729 c.c., che, partendo da una valutazione del 2008, il Giudice dell’opposizione avrebbe erroneamente presunto, anche in violazione dell’art. 2729 c.c., senza alcun indizio che i valori degli immobili nel 2002 fossero inferiori, dopodichè presunto, sempre senza basi indiziarie, che quei valori fossero da ridurre addirittura da Euro 6.611.822,80 (2008) ad Euro 5 milioni “tondi” (2002).
Con il sesto ed il settimo motivo la BANCA lamenta la violazione del D.Lgs. 385 del 2003, art. 38 e il vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione, ai fini della valutazione del rispetto del limite di finanziabilità, delle garanzie aggiuntive.
Il decreto del Tribunale di Cagliari avrebbe considerato, solamente le garanzie ipotecarie e non anche la cospicue garanzie aggiuntive che la Banca si era fatta concedere all’atto della concessione del finanziamento.
Con l’ottavo motivo la banca ricorrente deduce l’erroneità della decisione laddove dalla ritenuta violazione del limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile il Tribunale ha desunto la nullità del contratto.
Con il nono motivo 1 si duole della mancata conversione ex art. 1424 c.c. del contratto di mutuo fondiario in quello di mutuo ordinario.
Con il decimo e l’undicesimo motivo deduce il vizio di motivazione circa l’insussistenza dei requisiti per dar luogo alla conversione e circa l’imputabilità dei pagamenti.
Con il dodicesimo ed il tredicesimo motivo la banca ricorrente contesta rispettivamente la contraddittorietà della motivazione del decreto impugnato laddove ha escluso l’applicabilità dell’art. 1193 c.c. circa l’imputazione dei pagamenti al credito meno garantito, negando che la società fallita avesse una pluralità di debiti verso la banca, essendo il debito solo quello derivante dal contratto di mutuo, e, per altro verso, ritenendo che il debito di Euro 7.941.691,89 fosse originato da indebito e non già dal contratto di mutuo. Contesta poi (tredicesimo motivo) la motivazione del decreto laddove questo afferma che la banca sulla base del contratto di mutuo aveva dichiarato di avere ricevuto gli acconti a decurtazione del debito originato dal mutuo poichè, non essendo stata ancora dichiarata la nullità parziale del contratto di mutuo, non avrebbe potuto fornire imputazione diversa ai detti pagamenti.
Con i motivi da quattordici a sedici la BANCA spa contesta la revocatoria delle ipoteche concesse nel 2004 all’atto della rinegoziazione del mutuo dalla Casa di cura poi fallita, in particolare deducendo 1 ‘inesistenza del presupposto della gratuità della garanzia e la mancanza di pregiudizio per i creditori.
Con il motivo di ricorso incidentale la curatela fallimentare lamenta l’omessa motivazione in ordine all’eccezione di nullità del contratto 1.12.2004 per violazione dell’art. 117 TUB perchè in violazione del contenuto tipico prescritto ed in particolare per violazione del diritto d’informazione.
Ritiene la Corte che carattere preliminare rivesta l’esame dell’ottavo motivo con cui la banca ricorrente deduce l’erroneità della decisione laddove dalla ritenuta violazione del limite di finanziabilità pari all’80% del valore dell’immobile il Tribunale ha desunto la nullità del contratto.
Il motivo appare fondato.
La concessione ed erogazione del credito fondiario, con particolare riferimento ai limiti di fìnanziabilità è espressamente disciplinata dall’art. 38, comma 2 del T.U.B. (D.Lgs. n. 385 del 1993) che prevede quanto segue.
“1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili.
2. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del Cicr, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonchè le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
In osservanza dell’art. 38 TUB, comma 2 il Cicr, con Delib. 22 aprile 1995, ha sancito che l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi; e che tale percentuale può essere elevata fino al 100% solo qualora vengano prestate garanzie integrative.
Le garanzie che, per l’elevato livello di affidabilità, sono state ritenute idonee per poter perfezionare operazioni dimensionate anche al 100% del valore/costo sopra indicato, nelle suddette Istruzioni di Vigilanza sono: fideiussioni bancarie; polizze fideiussorie di compagnie di assicurazione; garanzie rilasciate da fondi pubblici di garanzia, consorzi, cooperative di garanzie fidi; cessioni di crediti verso lo Stato nonchè di annualità e contributi a carico dello Stato e di enti pubblici; pegno su titoli di Stato.
La questione che in primo luogo si pone è se la delibera del Cicr in esame sia applicazione diretta dell’art. 38 del TUB o se invece la stessa costituisca primaria applicazione dell’art. 117, comma 8 TUB che prescrive che: “La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti e i titoli difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia”.
Ovvero, detto in altri termini, se la previsione del limite di finanziabilità prevista dall’art. 38 del Tub costituisca una ipotesi rientrante tra quelle previste dall’art. 117 Tub o se, invece, sia una autonoma previsione alla quale, come tale, le disposizioni di tale ultimo articolo non risultano applicabili.
La seconda opzione appare quella corretta.
Invero, l’art. 117, comma 8 del Tub risulta attribuire alla Banca d’Italia un potere, definito dalla migliore dottrina conformativo o tipizzatorio, in ragione del quale essa può stabilire il contenuto di certi contratti (così come di determinati titoli) prevedendo clausole tipo da inserire nelle categorie di contratti previsti.
L’art. 38 del Tub invece conferisce alla Banca d’Italia non già il potere di stabilire una certa clausola del contratto di mutuo fondiario bensì solo quello di determinare la percentuale massima del finanziamento che costituisce l’oggetto del contratto e che è quindi un elemento di per sé già tipizzato e costituente una clausola necessaria.
Del resto, che il limite di finanziabilità di cui all’art. 38 non rientri in una delle ipotesi indeterminate di cui all’art. 117 Tub è dimostrato dal fatto che in questo caso il legislatore ha espressamente previsto quale fosse il contratto su cui la Banca d’Italia dovesse intervenire e quale fosse la disposizione secondaria da introdurre, senza lasciare a quest’ultima ogni valutazione circa la scelta del tipo di contratto su cui operare un intervento tipizzatorio e la scelta di quale clausola inserire. Sotto un ulteriore profilo non può non rilevarsi che il rispetto del limite del finanziamento non risulta essere una circostanza rilevabile dal contratto in quanto l’accertamento in proposito può avvenire solo tramite valutazioni estimatorie dell’immobile oggetto di finanziamento suscettibili di opinabilità e soggette a margini di incertezza valutativa e come tali non rilevabili dal testo del contratto. A tale proposito va osservato che la Banca d’Italia, nel determinare il limite di finanziamento, non ha prescritto che nel contratto venissero indicati degli elementi di riferimento quali il valore dell’immobile o il costo delle opere, il che fa ulteriormente escludere che la previsione della circolare del 1995 abbia introdotto una clausola determinativa del contenuto del contratto.
Per quanto concerne poi gli interessi tutelati dalle due diverse norme, va osservato che l’art. 117 TUB è inserito nel Titolo 6^ relativo alla “trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”. E’ quindi una norma volta alla tutela dei contraenti più deboli apparendo volta a prevenire, tramite l’inserimento di clausole standard, l’utilizzazione da parte delle banche di schemi contrattuali di difficile lettura od interpretazione da parte del cliente ovvero recanti clausole onerose o eccessivamente vessatorie.
In tal senso le violazioni delle disposizioni della Banca d’Italia attuative dell’art. 117 TUB, sono state ritenute dal legislatore fonti di nullità relative, come prescritto dallo stesso art. 117 nonchè dall’art. 127 TUB, che espressamente prevede che le dette nullità possono essere fatte valere solo dal cliente della banca.
Non altrettanto può dirsi nel caso della violazione dell’art. 38 TUB. E’ infatti agevole osservare che in tal caso il cliente ha tutto l’interesse ad ottenere il finanziamento nel massimo importo possibile anche a prescindere dal limite di finanziabilità. In tal senso la nullità relativa di cui agli artt. 117 e 127 Tub non risulta applicabile al caso di specie proprio perchè il cliente non avrebbe interesse a farla valere e perchè comunque avrebbe applicazione l’art. 127, comma 2, n. 1 Tub, secondo cui le disposizioni del titolo 6^ e quindi dell’art. 117, comma 8 sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente, ed un mutuo concesso oltre il limite di finanziabilità è di regola più favorevole al cliente.
La disposizione dell’art. 38, comma 2 TUB non appare quindi essere a tutela del contraente più debole ma invece a tutela delle stesse banche e indirettamente del sistema bancario in quanto è volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate contropartite e garanzie.
Esaminando ora la violazione del limite di finanziamento in relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cd. “nullità virtuale”), questa Corte si è attestata sulla tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere eventualmente fonte di responsabilità, ovvero quando la legge assicura l’effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi. (Cass. sez .un 26724/07; Cass 25222/10). La Corte costituzionale, investita della questione di costituzionalità dell’art. 38 Tub ha già rilevato con la sentenza n. 175/04 che il Testo unico bancario, nella parte riferentesi al credito fondiario, ha perseguito lo scopo di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ampliando la possibilità di far ricorso a finanziamenti potenzialmente idonei a assicurare il superamento di situazioni di crisi. Sulla base di questa argomentazione è agevole osservare che la ratio della nuova normativa sul credito fondiario per un verso tende a favorire il ricorso al mutuo fondiario nell’interesse degli imprenditori e, dall’altro, si propone di meglio garantire e tenere indenni le banche che effettuano siffatte operazioni finanziarie con una serie di norme quali, ad esempio, quella sulla revocabilità in sede fallimentare delle ipoteche sottoposta ad un brevissimo termine di dieci giorni.
In tale contesto si inserisce il limite di finanziamento dei mutui fondiari come norma volta ad impedire che le banche si espongano oltre un limite di ragionevolezza a finanziamenti a favore di terzi che, se non adeguatamente garantiti, potrebbero portare a possibili perdite di esercizio.
Tale disposizione imperativa non incide però sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della Banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale stabilito dall’art. 38, comma 2, del TUB e dalla circolare del Cicr del 1995.
Le disposizioni in questione non appaiono quindi volte ad inficiare norme inderogabili sulla validità del contratto ma appaiono norme di buona condotta la cui violazione potrà comportare l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, qualora ne venga accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d’Italia, nonchè eventuale responsabilità, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo.
Come ultima notazione a tale proposito non può non osservarsi che, essendo il limite di erogabilità del mutuo ipotecario stabilito anche e soprattutto in funzione della stabilità patrimoniale della banca erogante, far discendere dalla violazione di quel limite la conseguenza della nullità del mutuo ormai erogato ed il venire meno della connessa garanzia ipotecaria condurrebbe al paradossale risultato di pregiudicare ancor più proprio quel valore della stabilità patrimoniale della banca che la norma intendeva proteggere.
Resta appena da dire che al caso di specie non risulta correttamente applicabile il riferimento alla sentenza n. 9219/95 di questa Corte emessa in riferimento al mutuo edilizio (oggi non più previsto dal testo unico bancario in quanto sostanzialmente unificato con il mutuo fondiario), ove la L. n. 474 del 1949, art. 3 stabiliva che l’ammontare di ciascun mutuo non poteva eccedere la metà del valore cauzionale dell’immobile. In tal caso infatti il mutuo era certamente di scopo in quanto finalizzato ad agevolare la disponibilità di immobili non di lusso e quindi collegato ad un interesse pubblico generale onde la norma rivestiva carattere imperativo cogente mentre nel caso di specie, come rilevato, ha solo lo scopo di impedire alle banche di effettuare finanziamenti non adeguatamente garantiti.
Il motivo va in conclusione accolto.
Restano conseguentemente assorbiti i motivi da uno a sette e da nove a tredici.
Per quanto concerne il quattordicesimo motivo, il Tribunale ha ritenuto la gratuità del conferimento delle ipoteche aggiuntive in ragione del fatto che le stesse vennero concesse all’atto di rinegoziazione del mutuo senza che a fronte di esse vi fosse il riconoscimento a tale titolo di alcun corrispettivo. L’unica possibile controprestazione essendo semmai da individuarsi nella dilazione dei pagamenti concessi, a fronte della quale peraltro il corrispettivo andava individuato nei maggiori interessi corrisposti a seguito di rideterminazione degli stessi.
La banca ricorrente contesta tale argomentazione sostenendo che in realtà la lunghissima dilazione concessa comportava vantaggi pecuniari per la debitrice non compensati dagli interessi.
Trattasi invero di censura inammissibile in quanto investe il merito della decisione proponendo una diversa interpretazione delle risultanze processuali.
Il Tribunale ha successivamente accertato la consapevolezza della banca circa il pregiudizio arrecato ai creditori; ma tale pronuncia non è stata oggetto di ricorso.
Il motivo va quindi respinto.
Con il quindicesimo e sedicesimo motivo di ricorso, si contesta l’esistenza del pregiudizio per il ceto creditorio.
Il decreto impugnato ha ritenuto che il curatore del fallimento avesse fornito la prova del pregiudizio ai creditori in ragione della variazione quantitativa del patrimonio conseguente alla concessione delle ipoteche che comportava un maggior grado di rischio per la soddisfazione dei creditori e, in particolare per quelli chirografari, mentre, a sua volta, la banca non aveva provato l’insussistenza del rischio di una più difficile soddisfazione per i creditori in considerazione della capienza del bene ipotecato rispetto alle altre iscrizioni ipotecarie.
Sostiene il ricorrente che detta pronuncia avrebbe dato luogo ad una inversione dell’onere della prova non prevista dalle legge.
I motivi sono inammissibili.
Invero la sentenza impugnata ha dato atto che in ordine alla questione dell’eventus damni nessuna deduzione era stata svolta dalla banca (“quanto all’esistenza del pregiudizio deve prendersi atto del fatto che sul punto l’opponente nulla ha dedotto” v. pg 21 sent – “nel silenzio dell’opponente sul punto” v. pag 22 sent.).
Deve quindi ritenersi che, in assenza di contestazione, la circostanza fosse pacifica tra le parti e,comunque, la banca ricorrente avrebbe dovuto contestare espressamente siffatta argomentazione e riportare i brani dell’atto di opposizione ove aveva avanzato doglianze sul punto.
Resta conseguentemente assorbito il ricorso incidentale con cui la curatela fallimentare,in riferimento agli ultimi motivi del ricorso principale testè esaminati, lamenta l’omessa motivazione in ordine all’eccezione di nullità del contratto 1.12.2004 per violazione dell’art. 117 TUB perchè in violazione del contenuto tipico prescritto ed in particolare per violazione del diritto d’informazione.
Va, in conclusione, accolto l’ottavo motivo del ricorso principale, assorbiti i motivi da uno a sette e da nove a tredici, e rigettati gli altri con assorbimento del ricorso incidentale. Il decreto impugnato va conseguentemente cassato in relazione al motivo accolto con rinvio al tribunale di Cagliari in diversa composizione che provvederà anche alle spese del presente giudizio.
PQM
Accoglie l’ottavo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i motivi da uno a sette e da nove a tredici, e rigettati gli altri con assorbimento del ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese del presente giudizio al Tribunale di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2013
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