Il giudice non può rilevare la nullità di clausole ex art. 127 TUB solo sulla base della semplice produzione del contratto di mutuo, al fine di non svuotare di significato l’art. 2697 c.c. e sovvertire le regole minime attinenti al contraddittorio processuale, atteso che è necessario la specifica indicazione delle violazioni da parte di chi invoca la tutela.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Padova, Dott. Giorgio Bertola, con la sentenza del 26 ottobre 2016.
Nel caso in esame, un mutuatario deduceva, nel corso del rapporto contrattuale intervenuto tra le parti, l’applicazione da parte della Banca di un tasso di interesse usurario, in considerazione della sommatoria tra tasso corrispettivo, tasso moratorio e spese varie collegate al mutuo e chiedeva all’Istituto di credito convenuto, la restituzione delle somme indebitamente riscosse.
L’attore, in particolare, invocava l’applicazione da parte del giudice dei poteri officiosi di cui al 127 T.U.B. onde ottenere la declaratoria di nullità di clausole non espressamente censurate in atti, in ragione della mera allegazione dei fatti sulla base dei quali poter rilevare tali nullità; in altri termini, il mutuatario chiedeva al Giudice di rilevare la nullità del contratto di mutuo sottoscritto o di alcune sue parti, anche per ragioni o per clausole differenti da quelle espressamente evidenziate.
La Banca convenuta si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande attoree in quanto destituite di ogni fondamento.
Il Giudice, prima di entrare nel merito della questione, riteneva opportuno specificare l’esatta portata della disposizione contenuta nell’art. 127 T.U.B., la cui applicazione era stata invocata da parte attrice, al fine di evitarne un uso processualmente improprio.
Ad avviso del Tribunale di Padova, infatti, ad estremizzare la posizione attorea si sarebbe finito per affermare che l’unico dovere dell’attore fosse quello di allegare il titolo sul quale si è fondato il rapporto contrattuale, per esempio il contratto di mutuo o quello di conto corrente, e poi redigere un atto di citazione composto di una riga in cui si chiedesse al Giudice di verificare se vada tutto bene.
Questo genere di interpretazione dell’art. 127 T.U.B., a parere del giudice patavino, non poteva essere condivisa; diversamente si sarebbe svuotato di significato il principio contenuto nell’art. 2697 c.c. e sarebbero state sovvertite le regole minime attinenti al contraddittorio processuale che impongono uno specifico onere della parte di indicazione analitica delle ragioni a sostegno della invocata nullità di protezione.
Nel merito della questione, il Giudice adito rilevava la genericità ed infondatezza delle deduzioni attoree in punto di superamento del tasso soglia; in particolare, in ordine agli interessi moratori, ricordava che, in tema di calcolo della soglia di mora usura, nella giurisprudenza si sta affermando il principio per cui per confrontare il tasso di mora, che non viene rilevato dai decreti trimestrali ministeriali, si debba operare un aumento per la mora media rilevata dalla Banca d’Italia con un delta del 2,10%.
Quella rilevazione media consente di sopperire alla mancata rilevazione trimestrale dei tassi medi di mora e di confrontare un dato, l’interesse di mora, con il tasso di mora medio soglia usura, piuttosto che con una cosa diversa, ovvero con il tasso corrispettivo medio soglia usura.
Inoltre, poiché il tasso di mora è di norma anche pattuito proprio come una maggiorazione del tasso corrispettivo con uno spread, questo metodo di calcolo si presta anche a rappresentare un criterio ragionevole ed omogeneo al fine di verificare se il tasso di mora pattuito sia o meno usurario ab origine.
Tanto premesso, il Giudice osservava che la sola esplicitazione dei valori desumibili dal DM del marzo 2011 sconfessava la tesi attorea, atteso, peraltro, che l’attore non era mai andato in mora e che il mutuo era in regolare ammortamento sicché, se anche i tassi moratori pattuiti fossero stati usurari, nulla l’attore avrebbe potuto ottenere in restituzione non avendo mai versato neppure un euro di interessi di mora.
Sulla base di quanto suesposto, il Tribunale di Padova, alla luce della genericità delle deduzioni di parte attrice, dichiarava la domanda manifestamente infondata, la rigettava integralmente, condannando parte attrice al pagamento delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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Sentenza | Tribunale di Napoli, Dott.ssa Francesca Gomez De Ayala | 25.07.2016 | n.9157
USURA: È ONERE DELLA PARTE INDICARE I SINGOLI PERIODI TEMPORALI
INAMMISSIBILE IL RICORSO A CTU TECNICO CONTABILE PER SUPPLIRE A CARENZE PROBATORIE DELL’ISTANTE
Sentenza Tribunale di Taranto, dott. Alberto Munno 21-03-2016
IL GIUDICE NON PUÒ PROCEDERE AUTONOMAMENTE ALLA RICERCA DELLE RAGIONI DELLA PRETESA
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott. Vittorio Carlomagno | 13.01.2016 | n.632
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