Il legislatore ha ritenuto di sanzionare espressamente con la nullità del contratto o delle singole clausole i soli casi in cui, nel credito al consumo, vi sia stata un’indicazione non corretta del TAEG (indice di costo nel finanziamento al consumo), ma non anche le ipotesi di non corretta indicazione dell’ISC nei contratti di mutuo, di anticipazione bancaria e di altri finanziamenti, le quali possono semmai integrare una violazione della normativa in tema di trasparenza e, quindi, dare luogo ad una violazione del criterio di buona fede nella predisposizione e nell’esecuzione del contratto.
E’ noto che le SS.UU., tenuto conto della differenza tra regole di validità e regole di comportamento, hanno affermato che la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative postula necessariamente che siffatta violazione incida su elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, come del resto si desume dal dato testuale dell’art. 1418, 1° comma, c.c. che si riferisce al contratto e non a comportamenti antecedenti o successivi delle parti (“Il contratto è nullo quando è contrario a norma imperativa”), con la conseguenza che le violazioni che concernono la condotta tenuta sia nel corso delle trattative per la formazione del contratto sia nella sua esecuzione non determina la nullità del contratto medesimo, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista dalla legge, così come prescritto dall’art. 1418, 3° comma, c.c.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Fausto Basile, con la sentenza del 21.01.2019.
La vicenda ha riguardato dei mutuatari che hanno convenuto in giudizio un istituto di credito deducendo la nullità delle clausole determinative degli interessi in quanto usurarie, la vessatorietà delle clausole contrattuali riguardanti il tasso di mora, la divergenza tra il TAEG effettivamente applicato e quello dichiarato nel contratto di mutuo.
In via istruttoria, gli attori hanno prodotto una perizia di parte a sostegno delle proprie deduzioni e hanno chiesto disporsi CTU contabile volta a determinare i tassi effettivi applicati al contratto di mutuo, al fine di valutare la conformità dell’ISC dichiarato in contratto a quello effettivo e a ricalcolare le somme indebitamente pagate a titolo di interessi non dovuti, nonché la somma effettivamente dovuta in caso di estinzione anticipata.
La Banca, nel costituirsi in giudizio, ha contestato ed impugnato tutto quanto dedotto ed eccepito da parte attrice, chiedendone l’integrale rigetto.
Il Giudice, investito del thema decidendum, ha considerato infondata la doglianza relativa al presunto scostamento dell’ISC/TAEG dichiarato nel contratto con quello effettivo calcolato nella perizia di parte.
In ordine a tale questione, il Giudicante ha precisato che il contratto di mutuo ipotecario azionato non rientra tra le operazioni di credito al consumo per le quali vigeva, e vige, una disciplina in parte distinta. Inoltre, ha specificato che va considerato il fatto che la disciplina dell’ISC/TAEG è contenuta nelle norme primarie e secondarie relative alla trasparenza nei contratti e nei servizi bancari e non in quella, distinta, in materia di rilevazione e determinazione del tasso soglia usurario.
Ciò posto, il tribunale ha rappresentato che, in materia di mutui ipotecari, la disciplina dell’ISC trae origine dalla Delibera del CICR n. 10688 del 4 marzo 2003, nel cui Allegato è inserito, tra i contratti cui essa trova applicazione, anche quello di mutuo. La circolare della Banca d’Italia n. 229 del 21.4.1999, modificata in conseguenza alla predetta delibera CICR, ha stabilito che “il contratto e il documento di sintesi di cui al par. 8 della presente sezione riportano un “indicatore sintetico di costo” (ISC), calcolato conformemente alla disciplina sul tasso annuo effettivo globale (TAEG) ai sensi dell’art. 122 del TU e delle relative disposizioni di attuazione, quando hanno ad oggetto le seguenti categorie di operazioni indicate nell’allegato alla delibera del CICR del 4.3.2003: – mutui; – anticipazioni bancarie; altri finanziamenti”.
L’art. 122 del TUB, nella versione vigente all’epoca della sottoscrizione del contratto di mutuo per cui è causa, rimandava al CICR la responsabilità di stabilire le modalità di calcolo del TAEG. In assenza della Delibera del CICR, a cui al previgente art. 122 del TUB, continuavano a trovare applicazione (ai sensi dell’art. 161, commi 2 e 5, del TUB), l’art. 19, comma 2, L. n. 142/92 e il Decreto del Ministro del Tesoro 8 luglio ’92, successivamente integrato – a seguito del D. Lgs n. 63/00 di recepimento della nuova Direttiva del credito al consumo 98/7/CE – dal Decreto del Ministro dell’Economia 6 maggio 2000.
A tal fine, il Giudicante ha rilevato che il TAEG/ISC (quale indicatore sintetico di costo) non costituisce un vero e proprio tasso di interesse o una condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, bensì un indicatore del costo complessivo dell’operazione, comprensivo degli interessi, degli oneri e delle spese che concorrono a determinare il costo effettivo per il cliente, secondo la formula stabilita dalla Banca d’Italia.
Neppure può ritenersi che l’ISC rientri nella nozione di “prezzo” che, ai sensi dell’art. 117, co. 6, TUB, deve essere correttamente indicato nel contratto o nel separato documento di sintesi.
Difatti, secondo la prevalente opinione della giurisprudenza di merito, l’ISC non determina alcuna condizione economica direttamente applicabile al contratto, ma assolve unicamente una funzione informativa di trasparenza, consentendo al cliente di conoscere preventivamente il costo complessivo del finanziamento.
Conseguentemente, l’erronea indicazione dell’ISC/TAEG non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo un’erronea interpretazione del suo costo complessivo.
Ne discende allora che, l’errata previsione, nel contratto o nel documento di sintesi, di un TAEG /ISC inferiore a quello effettivo, in quanto non calcolato secondo le Istruzioni e le Direttive della Banca d’Italia, non comporta la sanzione della nullità di cui al citato art. 117, comma 6, TUB, né risulta applicabile il successivo comma 7, che individua un tasso sostitutivo o l’applicazione del minor prezzo pubblicizzato per l’ipotesi, diversa da quella in esame, in cui difetti o siano nulle le clausole relative ad interessi, prezzi o condizioni.
Per la stessa ragione non può trovare applicazione l’art. 1284 c.c., atteso che gli interessi ultralegali dovuti sono tutti indicati per iscritto nel contratto e nel documento di sintesi, né l’art. 1346 c.c., essendo l’oggetto del contratto determinato nel capitale prestato, negli interessi dovuti e nel meccanismo di indicizzazione.
Sotto altro profilo, pur trattandosi di contratto stipulato con dei consumatori, nemmeno può trovare astratta applicazione al caso in esame la nullità della clausola prevista dall’art. 125 – bis TUB. Difatti, l’art. 122 T.U.B., lett. a) e f) espressamente esclude dal suo ambito di applicazione i casi in cui, pur essendo il contraente un consumatore, il contratto abbia ad oggetto “finanziamenti di importo superiore a 75.000 euro”, nonché i “finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili aventi una durata superiore a 5 anni”. Nel caso di specie, il contratto di mutuo prevede il prestito di euro 330.000,00 da restituire in 20 anni e una garanzia ipotecaria valida per l’intera durata del mutuo.
E’ pertanto evidente che il legislatore ha ritenuto di sanzionare espressamente con la nullità del contratto o delle singole clausole i soli casi in cui, nel credito al consumo, vi sia stata un’indicazione non corretta del TAEG (indice di costo nel finanziamento al consumo), ma non anche le ipotesi di non corretta indicazione dell’ISC nei contratti di mutuo, di anticipazione bancaria e di altri finanziamenti, le quali possono semmai integrare una violazione della normativa in tema di trasparenza e, quindi, dare luogo ad una violazione del criterio di buona fede nella predisposizione e nell’esecuzione del contratto (Trib. Bologna, sez. IV, 28.06.2016 n. 1722).
Ne consegue che, esclusa la nullità lamentata, diventa del tutto irrilevante l’accertamento in fatto circa l’esatta determinazione dell’ISC/TAEG, la cui violazione in termini rilevanti potrebbe comportare soltanto un’eventuale responsabilità della banca in termini precontrattuali, sempre che l’attore sia stato in grado di dimostrare sia di aver vagliato finanziamenti alternativi con TAEG più vantaggioso, rifiutati in ragione delle scorrette informazioni rese dall’Istituto di credito mutuante, che il danno patito in conseguenza della scelta meno favorevole.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Giudice ha respinto le domande attoree con conseguente condanna alla refusione delle spese di lite a favore della banca convenuta.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
MUTUO: LA DIVERGENZA ISC/TAEG NON È CAUSA DI NULLITÀ DEL CONTRATTO
L’INDICATORE HA FUNZIONE MERAMENTE INFORMATIVA
Sentenza | Tribunale di Pescara, Giudice Federico Ria | 31.12.2018 | n.1943
CONTRATTO DI MUTUO: NON È’ NULLO PER ERRATA INFORMAZIONE SU ISC
TALE INDICE È IMPOSTO DA OBBLIGHI INFORMATIVI LA CUI VIOLAZIONE NON DETERMINA LA NULLITÀ CONTRATTUALE
Sentenza | Tribunale di Ancona – Giudice dott.ssa Dorita Fratini | 20.08.2018 | n.1382
DIVERGENZA ISC-TAEG: NON INCIDE SULLA VALIDITÀ DEL CONTRATTO
TALE INDICE ESPLICA UNA SOSTANZIALE FINALITÀ INFORMATIVA IN TERMINI DI TRASPARENZA
Ordinanza | Tribunale di Modena, Giudice Roberto Masoni | 03.07.2018 |
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