ISSN 2385-1376
Testo massima
“L’adesione del creditore importa la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa dalla stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo” (Tribunale di Monza, Sez. III Civile, sentenza 30/11/2012).
Con la sentenza ivi menzionata, il Tribunale di Monza si è pronunciato circa una questione alquanto complessa che abbraccia svariate tematiche tra cui il mutuo fondiario e la sua frazionabilità.
Il caso trae origine da un contratto di mutuo fondiario stipulato tra una società e un istituto di credito, in seguito al quale un privato acquistava, dalla società, un immobile gravato da ipoteca a garanzia del mutuo sopra indicato, con accollo di una quota capitale di mutuo.
Il menzionato diritto di credito derivante dal contratto di mutuo, “limitatamente alla quota accollata dalla signora“, fu ceduto dall’istituto di credito con contratto di cessione alla società e, la detta cessione veniva comunicata al debitore ceduto e alla società ai sensi dell’art.1264 cc.
Esperita, nei confronti dell’acquirente, una procedura esecutiva, in sede di riparto veniva riconosciuto all’istituto di credito, quale creditore intervenuto, una somma inferiore rispetto a quella richiesta.
Per tale motivo, l’istituto di credito notificava precetto alla società intimandola al pagamento della differenza tra quanto assegnato e quanto dovuto
Avverso detto atto la società proponeva l’opposizione, per cui è causa, con la quale deduceva tra i motivi di doglianza: l’indeterminatezza del diritto credito, la carenza di legittimazione passiva del creditore all’accollo esterno, la prescrizione del diritto, l’ammontare della somma precettata e gli interessi non dovuti.
Orbene, il Tribunale di Monza, è pervenuto all’accoglimento parziale dell’opposizione proposta dalla Società rigettando la doglianza sollevata circa la carenza di legittimazione passiva.
Il giudice, nella disamina dei documenti prodotti, infatti, non ha ritenuto che l’accollo del mutuo, nel caso di specie, fosse di tipo “liberatorio” non essendo prevista alcuna “condizione espressa” all’atto della stipulazione.
Invero, precisa il Giudice che, l’adesione del creditore importa la liberazione del debitorio originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo (art.1273 cc)
In particolare, nel caso di specie, nessuna delle due condizione si era realizzata atteso che, la comunicazione effettuata dall’Istituto bancario alla Società, era una “mera comunicazione di svincolo dalla garanzia“, per esuberanza, di alcuni cespiti e non già una dichiarazione liberatoria sufficiente a liberare il mutuatario originario dalle obbligazioni assunte.
Il Tribunale ha quindi affermato sussistere la legittimazione passiva in capo alla società opponente tale per cui il mutuatario resta obbligato in solido con il terzo e l’accollo deve intendersi cumulativo.
In conclusione, è da escludere la presenza di un accollo di tipo “liberatorio” essendosi altresì tecnicamente di fronte ad un accollo esterno non liberatorio ma cumulativo “.
Testo del provvedimento
Tribunale di Monza
Sezione III Civile
Sentenza 30 novembre 2012
MOTIVI DELLA DECISIONE
La società E s.r.l. ha proposto opposizione al precetto, notificato il 1 luglio 2010, con il quale è stato intimato il pagamento dell’importo di “euro 60.379,65, oltre interessi dal 13/11/2001, come determinati dal Ministero del Tesoro, per mutui fondiari stipulati sotto la vigenza del RDL 646/1905”, per i seguenti motivi:
– Indeterminatezza del diritto di credito.
– Carenza di legittimazione passiva di E s.r.l. per adesione del creditore all’accollo esterno e conseguente liberazione del debitore originario (doc. 4).
– Prescrizione del diritto, essendo decorso il termine di prescrizione ex art. 2948 n 4 c.c., essendo l’obbligazione relativa ad interessi.
– Contestazione dell’ammontare della somma precettata per avere richiesto, dopo la risoluzione del contratto di mutuo dal 1993 al 2002, interessi non dovuti.
Ciò premesso, al fine della loro comprensione, conviene riepilogare i fatti rilevanti.
-In data 29 marzo 1988, E concluse un contratto di mutuo fondiario con l’istituto
di Credito
per la somma di lire 1.200.000.000;
– in data 27 maggio 1991, la signora M acquistò da E un immobile gravato da ipoteca a garanzia del mutuo sopra indicato, con accollo di una quota capitale di mutuo, ammontante a lire 115.000,00;
– il menzionato diritto di credito derivante dal contratto di mutuo, “limitatamente alla quota accollata dalla signora M”, fu ceduto da I (già istituto Italiano di .. s.p.a.), con contratto di cessione del 10/7/2008, a E;
-la detta cessione fu comunicata al debitore ceduto M in data 19/11/2008 e alla E in data 24/2/2010, ai sensi dell’art. 1264 c.c.
– in data 8/10/2002, nell’ambito di una procedura esecutiva promossa nei confronti della signora M, fu riconosciuto in sede di riparto all’intervenuto creditore I l’importo di euro 116.379,09, in luogo della somma richiesta di euro 177.049,65.
-Con il precetto, avverso il quale è stata proposta la presente opposizione, I ha intimato il pagamento della somma di euro 60.379,65, a titolo di differenza tra quanto assegnato e quanto dovuto (177.049,65 116.379,09); somma peraltro calcolata erroneamente.
Ciò evidenziato, osserva quanto segue.
– L’eccezione di carenza di legittimazione passiva E. non è fondata.
Dai documenti prodotti non risulta che l’accollo del mutuo da parte della signora M fosse liberatorio. L’adesione del creditore importa la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo (art. 1273 c.c.). Nessuna delle due condizioni si è realizzata nel caso di specie: la liberazione del debitore E. non è stata prevista come condizione espressa della stipulazione; il creditore non ha dichiarato espressamente di liberarlo. La comunicazione effettuata da I ad E del 22 maggio 1990 è una mera comunicazione di svincolo dalla garanzia, per esuberanza, di alcuni cespiti e non è una dichiarazione liberatoria.
La notifica dell’avvenuto acquisto con accollo non è sufficiente a liberare il mutuatario originario dalle obbligazioni assunte.
Pertanto, in mancanza di liberazione del debitore E, questi rimane obbligato in solido con il terzo e l’accollo deve intendersi cumulativo (art. 1273 co 3° c.c.).
– L’eccezione di prescrizione del diritto di credito ai sensi dell’art. 2948 n 4 non è fondata. La prescrizione quinquennale, prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., opera con riguardo ai debiti che devono essere soddisfatti periodicamente ad anno, od in termini più brevi, mentre resta esclusa dalla previsione della citata norma l’ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti periodici (cfr. Cass. 12707/2002; 802/1999; 1110/1994).
La prescrizione quinquennale non si applica, quindi, ai ratei di mutuo fondiario ed ai relativi interessi, non trattandosi di prestazioni periodiche dovute ad un’unica causa continuativa, bensì degli adempimenti parziali dell’unico debito derivante dal mutuo. Con riferimento al detto contratto di mutuo, il diritto alla corresponsione degli interessi è, dunque, soggetto alla prescrizione decennale. Nel caso di specie, il termine prescrizionale si è interrotto nel 1993, con l’instaurazione della procedura esecutiva immobiliare nei confronti del condebitore solidale M, fino all’estinzione della procedura nel 2002. Gli effetti dell’estinzione si sono prodotti, quindi, ai sensi dell’art. 1310 c.c., anche nei confronti del debitore in solido. Il termine decorso tra l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare e la costituzione in mora della società opponente, avvenuta il 24 febbraio 2010, è inferiore a dieci anni e pertanto il diritto di credito non si è prescritto.
– Il credito azionato è stato determinato in euro 60.379,65, oltre interessi dal 13/11/2001, come determinati dal Ministero del Tesoro, per mutui fondiari stipulati sotto la vigenza del RDL 646/190560.
– Il giudizio ha, però, fatto accertare che la somma quantificata dalla convenuta opposta, e contestata nel suo ammontare dall’opponente sin dall’atto di citazione, in considerazione d’interessi non dovuti ed erroneamente calcolati dopo che il contratto di mutuo era stato risolto, non è corretta. La CTU, non contestata da alcuna delle parti, ha invero fatto emergere che la somma dovuta dall’opposta, in linea capitale, è pari ad euro 49.998,72, in luogo di euro 60.379,65 come precettato (cfr dichiarazioni rese all’udienza 22 novembre 2012).
Al riguardo si evidenzia che:
– Il precetto ha intimato il pagamento della somma di euro 60.379,65 limitandosi a richiamare, per la quantificazione dell’importo, il piano di riparto della procedura esecutiva RGE 224/1993, nel quale era stata assegnata la somma di euro 116.379,00 con un’incapienza calcolata in euro 60.379,65;
– tale importo è stato contestato dall’opponente E nel presente giudizio di opposizione, e sin dall’atto di citazione; la contestazione non è generica a fronte di allegazioni della controparte che non consentono di ricostruire e determinare i criteri di calcolo della somma intimata.
– La CTU ha fatto accertare che il credito, in linea capitale, vantato da I è pari ad euro 49.998,72, in luogo di quello precettato di euro 60.379,65. Alla data del sopra richiamato riparto – 8/10/2002- assunto dalla convenuta opposta alla base del precetto opposto, il credito I risultava pari ad euro 166.377,81 e non ad euro 177.049,65. Detratte dall’ importo di euro 166.377,81 le somme percepite da I in data 8/10/2002 nell’ambito della detta procedura, il credito residuo di I è quantificato, quindi, in euro 49.998,72, in linea capitale.
– Nel caso di risoluzione del contratto di mutuo fondiario, sussiste l’obbligo del debitore di corrispondere, oltre l’importo delle rate già scadute, la quota di capitale residua, con gli interessi di mora al tasso convenzionale sull’intera somma dovuta, ma non anche gli interessi conglobati nelle rate a scadere ( civ., sez. un., n. 12639/2008).
– Il riparto nella procedura esecutiva, anche a prescindere dalla questione della sua efficacia – endoconcorsuale o meno- non può essere opposto a un soggetto che non era parte del giudizio e quindi a E (la procedura era stata promossa dal sig. F nei confronti della signora M, accollante del debito e condebitrice solidale di E).
– L’importo quantificato dal CTU in euro 49.998,72, in linea capitale, non è stato contestato dalle parti del presente giudizio: la convenuta opposta, aderendo alle risultanze della CTU, ha invero precisato le conclusioni chiedendo che venga accertata la debenza da parte dell’opponente della somma in linea capitale di euro 49.998,72.
– In caso di opposizione a precetto, è da qualificare opposizione all’esecuzione non solo quella con la quale si neghi del tutto il diritto a procedere a esecuzione forzata, per inesistenza – originaria o sopravvenuta – del titolo o del credito, ma anche quella con la quale si assuma che il precetto è stato intimato per una somma superiore, rispetto a quella risultante dal titolo (cfr., ad esempio, Cass 5697/2010, Cass. n. 10295/2009).
– Quando è intimato il pagamento di una somma superiore a quella effettivamente dovuta, il precetto non è, però, sanzionabile con la nullità. L’eccessività della somma portata nel precetto non travolge l’atto per l’intero, ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente, con la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito dei poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito (Cassazione n 5515/2008; Cass 2938/1992).
– In considerazione della parziale soccombenza (tenuto conto delle conclusioni dell’opponente di dichiarare nulla e di nessun effetto l’intimazione di pagamento), le spese del presente giudizio vengono integralmente compensate tra le parti.
– Le spese di CTU vengono, invece, poste definitivamente a carico della convenuta opposta per avervi dato causa, non avendo fornito, neppure nel corso del procedimento, i parametri di calcolo della somma precettata.
PQM
Il Tribunale di Monza, definitivamente decidendo la causa promossa da E s.r.l. nei confronti di I SPA, in persona del legale rappresentate,
in accoglimento parziale dell’opposizione, accerta che la somma dovuta da E, in linea capitale, alla data del precetto era pari ad euro 49.998,72 e, per l’effetto, riduce il precetto sino all’importo sopra indicato.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Pone integralmente a carico della convenuta opposta le spese di CTU.
Monza, il 30 novembre 2012.
Il Giudice
dott. ssa Silvia Giani
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Numero Protocolo Interno : 45/2012