Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sussistenza dell’obbligo dell’indicazione dell’indice sintetico di costo rilevata dall’attore, la eventuale sua inosservanza può dar luogo a responsabilità della banca ma in nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione di tale obbligo può determinare la nullità del contratto, avuto riguardo alla funzione meramente informativa dallo stesso assolta e alla sua irrilevanza ai fini della completezza e determinazione del contenuto contrattuale.
Deve, in proposito, osservarsi, con particolare riferimento all’allegata indicazione dell’indice sintetico di costo rilevata dall’attore, che, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sussistenza del relativo obbligo, in ragione della anteriorità della data di conclusione dei contratti rispetto alla normativa che ha introdotto il relativo obbligo e della estensione dello stesso anche ai contratti in esame, l’eventuale inosservanza di un siffatto obbligo può dar luogo a responsabilità della banca, ma che in nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione di tale obbligo può determinare la nullità del contratto, avuto riguardo alla funzione meramente informativa dallo stesso assolta e alla sua irrilevanza ai fini della completezza e determinazione del contenuto contrattuale.
Tribunale di Roma, Giudice Paolo Catallozzi, Sentenza n. 17740 del 22/09/2017
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
DIVERGENZA ISC-TAEG: irrilevante in presenza dell’analitica indicazione dei costi nel contratto
IN OGNI CASO È INAPPLICABILE IL TASSO SOSTITUTIVO PREVISTO DALL’ART. 117 TUB
Sentenza | Tribunale di Modena, I sez. civile, dott.ssa Antonella Rimondini | 26.09.2017 | n.1692
MUTUO: L’OMESSA INDICAZIONE DELL’INDICATORE SINTETICO DI COSTO NON NE INFICIA LA VALIDITÀ
TANTO OVE DAL CONTENUTO NEGOZIALE SIA ALTRIMENTI DESUMIBILE IL COSTO FINANZIAMENTO
Ordinanza | Tribunale di Salerno, Dott. Alessandro Brancaccio | 31.01.2017 |
MUTUO – ISC: L’OMESSA INDICAZIONE NON INFICIA LA VALIDITÀ DEL CONTRATTO
RAPPRESENTA UNO STRUMENTO DI CARATTERE INFORMATIVO, MA NON È UN REQUISITO TASSATIVO DEL CONTRATTO
Ordinanza | Tribunale di Salerno, Dott. Alessandro Brancaccio | 05.06.2017 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
IX Sezione civile
Il Tribunale di Roma, IX sezione civile, nella persona del giudice designato, dott. Paolo Catallozzi, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. OMISSIS del ruolo generale degli affari civili – cause ordinarie – per l’anno 2014 vertente
tra
CLIENTE
– attore –
E
BANCA
– convenuto –
Conclusioni: come da verbale di udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il CLIENTE ha chiesto l’accertamento della nullità della clausola presente in due contratti di mutuo conclusi con la BANCA avente ad oggetto la determinazione degli interessi, per la loro indeterminatezza, la capitalizzazione periodica degli stessi e il loro carattere usurario, e la condanna della banca medesima alla restituzione delle somme indebitamente riscosse, a tale titolo e al risarcimento dei conseguenti danni, patrimoniali e non.
1.1. Si è costituita in giudizio la banca convenuta concludendo per il rigetto delle domande in quanto infondate.
2. Dall’atto di citazione e della memoria depositata ai sensi dell’art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., esaminate congiuntamente alla “perizie” depositata dalla parte, si desume che l’allegazione dell’usurarietà del tasso di interesse pattuito si riferisce al mancato rispetto del limite stabilito, per l’operazione in oggetto, dal decreto emanato ai sensi della l.n. 108/96.
Si allega, in particolare, che, quanto al primo contratto (concluso il 30 settembre 1999), il tasso di interesse pattuito è pari al 4,25%, quello di mora è pari al 5,75%, mentre il tasso soglia previsto per tale operazione dal decreto emanato ai sensi della l.n. 108/96, risultava essere pari, all’epoca della conclusione del contratto, al 7,38%.
Quanto al secondo contratto (concluso il 25 ottobre 2001), si evidenzia che il tasso di interesse pattuito è pari al 5,75%, quello di mora è pari al 7,25%, mentre il tasso soglia previsto per tale operazione, risultava essere pari, all’epoca della conclusione del contratto, al 9,42%.
Dalle stesse allegazioni di parte attrice emerge, dunque, che il tasso degli interessi pattuiti, anche se calcolato con riferimento al loro valore più alto previsto per il caso di mora (5,75%, nel primo contratto, e 7,25%, nel secondo), risulta essere coerente con il valore delle soglie stabilite dai decreti ministeriali, vigenti alla data di stipula del contratto (pari, rispettivamente, al 7,38% e al 9,42%).
Non appare, pertanto, ricorrere la prospettata nullità contrattuale.
2.1. Né, a diversa conclusione, può pervenirsi cumulando gli interessi corrispettivi e quelli moratori, in quanto tali tipologie di interessi sono destinati ad essere applicati in via alternativa, a condizioni e con funzione diverse gli uni rispetto agli altri: i primi, nella fisiologia del rapporto, quale corrispettivo dell’erogazione del finanziamento; i secondi, se ed in quanto vi sia inadempimento, con funzione di risarcimento del danno.
Non è corretto, dunque, procedere alla sommatoria dei diversi tassi di interesse pattuiti al fine di calcolare il costo del finanziamento e, dunque, il rispetto dei limiti previsti dalla l.n. 108/96.
3. Quanto all’allegazione della inosservanza del divieto di anatocismo, si osserva che dalle risultanze documentali acquisite al giudizio non emergono elementi da cui poter evincere la sussistenza dell’invocata violazione dell’art. 1283 c.c., difettando la prova dell’applicazione di interessi su interessi e non essendo la stessa insita nella previsione di un piano di ammortamento secondo il metodo cd. “alla francese”, il quale, come noto, contempla rate costanti con previsione di una quota capitale crescente in funzione della inversa dinamica degli interessi e si differenzia dai sistemi di rimborso tradizionali nei quali il debitore paga periodicamente sia gli interessi sia una parte del capitale, con applicazione di rate di mutuo decrescenti in funzione della progressiva contrazione della quota degli interessi.
Questo metodo di ammortamento, quando – come nel caso di specie – si accompagna al calcolo degli interessi computato mese per mese, solo sul capitale residuo del mutuo al mese precedente, non può dirsi illegittimo e non merita censure, dando luogo non già ad un effetto anatocistico, in quanto tale vietato dall’ordinamento, bensì ad un maggior ammontare degli interessi da versarsi, rispetto a piani di ammortamento costruiti secondo il metodo tradizionale, dalla diversa costruzione delle rate (cfr. ABF – Collegio di Napoli, 28 settembre 2015, n. 7585).
4. Da ultimo, in ordine all’asserita indeterminatezza del tasso di interessi pattuito, si rileva che il consulente tecnica d’ufficio, chiamato a verificare quanto allegato sul punto dall’attore, ha concluso nel senso dell’insussistenza di elementi di indeterminatezza nella clausola esaminata, aggiungendo, in risposta a specifico quesito formulato dal giudice, che quanto pagato dall’attore è coerente con le obbligazioni dallo stesso assunte con la conclusione dei contratto di mutuo dedotti in giudizio.
L’accertamento compiuto dal consulente si presenta attendibile in quanto adeguatamente motivato, privo di vizi di ordine logico e apparentemente coerente con la documentazione prodotta in giudizio, oltre che con la normativa di settore; per tale motivo, resiste ai rilievi del consulente dell’attrice, cui offre adeguata risposta.
Deve, in proposito, osservarsi, con particolare riferimento all’allegata indicazione dell’indice sintetico di costo rilevata dall’attore, che, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sussistenza del relativo obbligo, in ragione della anteriorità della data di conclusione dei contratti rispetto alla normativa che ha introdotto il relativo obbligo e della estensione dello stesso anche ai contratti in esame, l’eventuale inosservanza di un siffatto obbligo può dar luogo a responsabilità della banca, ma che in nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione di tale obbligo può determinare la nullità del contratto, avuto riguardo alla funzione meramente informativa dallo stesso assolta e alla sua irrilevanza ai fini della completezza e determinazione del contenuto contrattuale.
5. Pertanto, per le suesposte considerazioni, le domande proposte da parte attrice vanno disattese.
6. Le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
In applicazione del medesimo criterio vanno definitivamente poste a carico dell’attore anche le spese di consulenza tecnica d’ufficio, liquidate come in atti.
P.Q.M.
il Tribunale di Roma, IX sezione civile, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) respinge le domande proposte da CLIENTE nei confronti della BANCA;
b) condanna il CLIENTE alla rifusione in favore della BANCA delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 4.500,00, oltre rimborso spese generali ex art. 2, comma 2, d.m. 10 marzo 2014, n. 55, oneri fiscali e contributivi.
c) pone definitivamente a carico del CLIENTE le spese di consulenza tecnica d’ufficio, liquidate come in atti.
Roma, 16 settembre 2017.
Il Giudice designato
(dott. Paolo Catallozzi)
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