La sentenza in commento riguarda il caso che investe, nel marzo del 2008, due attori che avevano stipulato, con la Banca convenuta in giudizio, due contratti di mutuo ipotecario, per importi rispettivamente di € 172.000,00 ed € 80.000,00, scegliendo, per entrambi, l’applicazione della tipologia di “mutuo a tasso fisso”.
Con atto di citazione proposto innanzi al Tribunale di Roma gli attori chiedevano accertarsi e dichiararsi la nullità delle clausole contrattuali relative alla definizione del tasso di interesse, in quanto dalle stesse poteva desumersi la corresponsione di interessi a tasso usurario. Pertanto chiedevano accertare e dichiarare, conseguentemente, la gratuità dei contratti, rideterminare il dare avere tra le parti e condannare la Banca convenuta alla restituzione di tutte le somme eventualmente corrisposte in eccesso ed al risarcimento dei danni subiti dalle parti attrici a seguito delle somme addebitate illecitamente.
La Banca convenuta si difendeva deducendo la conformità dei tassi indicati nei contratti di mutuo alla normativa nazionale ed ai parametri soglia, individuati con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze debitamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale in materia di rilevazione dei tassi di interesse effettivi globali medi ai fini della Legge sull’usura vigente al tempo della stipula, ed eccependo la piena legittimità sia del tasso corrispettivo che del tasso di mora indicati nei predetti contratti, non superando gli stessi il tasso soglia.
La Banca, in merito al tasso di mora, comunque rappresentava l’impossibilità dello stesso di essere parametrato ad un tasso soglia non essendo previsto dalla nostra normativa un tasso di riferimento per gli interessi di mora, così come invece è disposto per il tasso corrispettivo.
Il Tribunale di Roma, investito della decisione, rilevava, in primis, l’assenza, nell’atto di citazione, di riferimenti specifici alla disciplina negoziale. Gli attori, pur contestando l’usurarietà del contratto, non indicavano né le clausole relative agli interessi, né i tassi pattuiti, né i tassi che gli stessi assumevano essere stati applicati in maniera superiore alle soglie di legge, né tantomeno il tasso soglia di riferimento in base al quale parametrare lo sforamento del tasso corrispettivo o, come eccepito, del tasso di mora.
L’atto di citazione risultava, pertanto, carente di elementi essenziali ed il suo contenuto non era certamente in grado di sostenere quanto addotto dagli attori. Né la documentazione depositata, nella fattispecie il cd. estratto peritale, era in grado di colmare le suddette lacune, non riportando neanche esso alcun riferimento ai dati contestati ma contenendo, come asserito dal Tribunale, semplicemente “l’apodittica affermazione della originaria usurarietà del tasso di interesse pattuito e della conseguente gratuità del contratto” .
Se non fossero stati depositati i contratti, si sarebbe molto probabilmente incorsi nella dichiarazione di nullità dell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1643 c.p.c., non essendo stato confezionato il contenuto dello stesso in maniera idonea da riportare, ai sensi dell’art. 1634, comma 3, nn. 3) e 4), c.p.c., gli elementi essenziali in grado di definire correntemente il “petitum” e la “causa petendi”.
La produzione dei contratti ha permesso al Tribunale di essere messo in condizione di conoscere e, conseguentemente, di valutare la misura del tasso corrispettivo e del tasso di mora indicati in entrambi gli atti pubblici e di confrontare il dato numerico con il tasso soglia di riferimento, concludendo per il mancato superamento dello stesso e per il rigetto delle domande di parte attrice.
Gli attori, al fine di supportare le proprie ragioni circa l’asserita usurarietà dei tassi di interesse applicati dalla Banca ai contratti di mutuo, hanno impostato la propria difesa in citazione basandosi sulla cd. teoria della sommatoria dei tassi, una teoria che, a dire il vero, pur avendo riscosso un certo interesse a ridosso della Sentenza della Corte di Cassazione n. 350/2013, negli ultimi tempi è stata considerata frutto di un errore interpretativo di quanto correttamente asserito dalla Suprema Corte. Essa risulta ormai ampiamente superata dalla giurisprudenza di merito che, nell’esaminare i casi specifici sottoposti alla propria attenzione, ha avuto occasione di dare una più equa lettura delle conclusioni di cui alla citata sentenza, in particolare opportunamente interpretando l’affermazione che secondo cui al fine di classificare un mutuo come usurario, per la determinazione del cd. tasso soglia, rilevano anche il tasso di mora nonché tutte le altre spese sostenute dalla parte mutuataria qualora, sommate, determinino il superamento del tasso soglia in vigore al momento della stipula del contratto.
In verità, a prescindere da interpretazioni varie volte a sostenere la cd. teoria della sommatoria dei tassi piuttosto che l’applicazione del tasso soglia esclusivamente quale parametro di riferimento per il tasso corrispettivo, l’assunto seguito dagli attori non trova conferma neanche nella stessa sentenza citata, né nella volontà della Suprema Corte la quale, al riguardo, ha voluto chiarire che: “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori senza, peraltro, affatto affermare che la verifica dell’usurarietà comporti la necessità di sommare tra di loro gli interessi moratori e quelli corrispettivi” .
Lo stesso Tribunale adito per dirimere il caso in esame ha affermato che, nel solco di una già costante giurisprudenza, la Cassazione, con la sentenza 350/2013, ha voluto ribadire il principio secondo cui “sono soggetti al tasso soglia anche gli interessi moratori”.
Più volte la giurisprudenza di merito, chiamata a pronunciarsi su casi simili a quelli in esame, ha ritenuto opportuno fornire una lettura della sentenza della Cassazione volta a ribadire che anche la pattuizione relativa al saggio degli interessi moratori deve essere oggetto di valutazione in ordine al superamento di un tasso soglia.
Che poi per gli interessi moratori non esista un parametro-soglia di riferimento stabilito dal legislatore, è un ulteriore corollario da non sottovalutare.
Il contenuto della sentenza della Cassazione va inevitabilmente calato nelle modalità operative di una disciplina tanto delicata e merita una interpretazione adeguata e coerente con il sistema.
Tenuto conto dell’articolazione dell’atto di citazione e delle relative carenze su esposte, tutto ciò che gli attori hanno dedotto nella memoria presentata ex art. 183 comma 6 c.p.c. è stato considerato “fatto nuovo” e, pertanto, ritenuto inammissibile. In particolare gli attori hanno dedotto, con la citata memoria, l’indebita applicazione dell’anatocismo conseguente all’adozione dell’ammortamento alla francese e la vessatorietà delle clausole che menzionerebbero un tasso effettivo globale inferiore a quello realmente applicato.
Tutte queste ulteriori deduzioni devono essere considerate nuove allegazioni: esse non erano state sollevate con l’atto di citazione e, pertanto, non possono più alimentare il thema decidendum ma devono inevitabilmente essere relegate nell’ambito dell’inammissibilità. Giova al riguardo ricordare che vige nel nostro ordinamento il cd. principio di preclusione per effetto del quale il processo si caratterizza per la distinzione tra fase di trattazione, caratterizzata dalla allegazione dei fatti ed dalle richieste di prova, e fase istruttoria in senso stretto, dedicata, invece, alla prova dei fatti allegati controversi.
L’importanza della corretta gestione delle fasi del giudizio, nonché la giusta introduzione degli argomenti che si vogliono sottoporre all’esame del giudice adito, risulta di tutta evidenza dalla presente sentenza, la quale, sempre nell’intento di ribadire la necessità che le parti del processo adoperino opportunamente gli strumenti messi a loro disposizione secondo una opportuna tempistica/gestione degli stessi ed in base ai principi di correttezza e buona fede, si è pronunciata in senso negativo anche sulla richiesta di CTU avanzata dagli attori affermando che: “Alla genericità ed al difetto di prova della domanda non può supplire la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio che, come è noto, non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, e deve essere negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”.
Per altri precedenti si veda:
USURA: GLI INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI HANNO DIVERSA NATURA E FUNZIONE E NON VANNO SOMMATI TRA LORO
IL TASSO SOGLIA MORA USURA VA CALCOLATO OPERANDO UNA MAGGIORAZIONE DEL 2,1%
Il tasso di mora ha un’autonoma funzione quale penalità del fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità dell’inadempienza, mentre del tutto diversa è la funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi.
Gli interessi moratori non sono assolutamente considerati determinanti ai fini della formazione del valore soglia. Essi sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente. Infatti, essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento, se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela.
Proprio la differenza ontologica tra le due patologie di prestazioni giustifica la condivisibile esclusione dei tassi di mora che sono invece oggetto di separata rilevazione statistica, per cui la soglia va maggiorata di tale percentuale (pari allo stato al 2,1%).
Sentenza | Tribunale di Bologna, Dott.ssa Daria Sbariscia | 06.09.2016 | n.20802
USURA: GLI INTERESSI MORATORI NON CONCORRONO AL CALCOLO DEL TEG
LA MORA HA NATURA RISARCITORIA E SI CALCOLA ESCLUSIVAMENTE SULLE RATE SCADUTE E NON SUL CAPITALE
E’ pacifica l’esclusione degli interessi moratori dalle rilevazioni della Banca d’Italia, finalizzate al calcolo del TEG.
E’ inammissibile sostenere il carattere usurario di un mutuo in considerazione del calcolo dell’interesse moratorio sul montante rappresentato da capitale, interesse, corrispettivo e spese, operando la somma del tasso corrispettivo e di quello al moratorio, così addivenendo ad un tasso complessivo superiore al tasso soglia vigente al momento della pattuizione contrattuale.
Il carattere usurario del mutuo non può emergere dalla somma di interessi corrispettivi e moratori; infatti, interessi corrispettivi e moratori assolvono a funzioni differenti (i secondi, in particolare, hanno natura risarcitoria) e sono calcolati su diverse basi: i primi sull’intero ammortamento del mutuo, i secondi esclusivamente sulle rate scadute e non onorate.
Sentenza | Tribunale di Lodi, Dott.ssa Flaviana Boniolo | 11.08.2016 | n.578
MUTUO: L’INSERIMENTO NEL CONTRATTO DI UNA “CLAUSOLA FLOOR” NON COMPORTA VIOLAZIONE DELL’ART. 1346 C.C.
L’OGGETTO RIMANE POSSIBILE, LECITO E DETERMINATO
L’inserimento all’interno di un contratto di mutuo di una clausola floor, con la quale viene introdotto un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere, non comporta alcuna violazione dell’art. 1346 c.c. e l’oggetto del contratto rimane pertanto possibile, lecito e determinato.
Ordinanza | Tribunale di Avellino, Dott.ssa Maria Cristina Rizzi | 06.07.2016 |
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