L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1, a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione.
L’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sè a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens ammessane la ricezione – non confermi anche il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa ma ne contesti la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l’inversione dell’onere della prova.
Questi sono i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. III, Pres. Matera – Rel Picaroni con la sentenza n. 180 del 08.01.2018.
La fattispecie processuale esaminata trae spunto dall’appello promosso da una società venditrice di olive avverso la pronuncia emessa dal Tribunale di Brindisi in merito a cui il Giudice di prime cure aveva ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante sulla fornitrice per la mancata produzione di documenti contabili attestanti la vendita di olive alla società acquirente e che pertanto la causa della dazione di denaro a favore di quest’ultima, ricorrente in primo grado, fosse idoneo a dedurre la sussistenza di un contratto di mutuo come causale del dazione stessa.
La Corte d’appello adita ha accolto il ricorso avanzato dalla società fornitrice ritenendo insussistente la prova del sottostante contratto di mutuo intercorso tra le parti e per l’effetto ha rigettato la domanda di ripetizione delle somme pagate a titolo di mutuo avanzata dall’acquirente.
Avverso tale pronuncia ha promosso ricorso per Cassazione il titolare della società utilizzatrice dolendosi del fatto che: a) la dazione di danaro, documentata e non contestata dalla convenuta società beta, era avvenuta a titolo di mutuo, b) che la mancata produzione, da parte della fornitrice, di fatture o altri documenti contabili comprovanti la vendita di olive, dedotta come causale della dazione di danaro, costituiva comportamento processuale che contribuiva alla formazione del convincimento riguardo alla individuazione del titolo della dazione di danaro nel mutuo.
Sul punto, la S.C. ha ritenuto infondati entrambi i motivi di gravame ritenendo non adempiuto da parte della ricorrente utilizzatrice della somma di denaro dell’onere della prova sulla medesima gravante precisando che il medesimo non subisce deroghe nemmeno nel caso in cui abbia ad oggetto fatti negativi.
In particolare, il collegio ha chiarito che l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1, a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione.
In merito alla presunta ed eccepita sussistenza di un contratto di mutuo tra le parti la Suprema Corte ha rilevato che l’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sè a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens ammessane la ricezione – non confermi anche il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa ma ne contesti la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l’inversione dell’onere della prova.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avanzato dall’acquirente con condanna al pagamento delle spese di giudizio e della somma corrispondente al doppio del contributo unificato.
Per un ulteriore approfondimento in materia si rinvia al seguente contributo pubblicato in rivista:
MUTUO: LA MERA DAZIONE DELLA SOMMA NON È SUFFICIENTE PER OTTENERE LA RESTITUZIONE
IN CASO DI CONTESTAZIONE DEL CONTRATTO, IL MUTUATARIO DOVRÀ PROVARE ANCHE IL TITOLO DA CUI DERIVI L’OBBLIGO DELLA VANTATA RESTITUZIONE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione terza | 13.03.2013 | n.6295
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