Nell’ipotesi di responsabilità contrattuale del notaio che stipula un atto di trasferimento immobiliare in capo ad un venditore fallito e, quindi, un atto inefficace rispetto ai creditori, dalla condotta del responsabile deriva causalmente l’inefficacia dell’acquisto e la riconsegna del bene, nonché il godimento del bene sulla base dell’atto valido, ma inefficace, con la conseguenza che, ai fini dell’accertamento dell’esistenza e dell’entità del danno risarcibile all’acquirente ai sensi dell’art. 1223 c.c., il valore del bene determinato per reintegrare il patrimonio del danneggiato è diminuito dell’utilitas che il danneggiato ha tratto godendo dell’immobile quale proprietario.
Questo è il principio di diritto sotteso alla pronuncia n. 26908 della Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, emessa il 21 ottobre e pubblicata il 19 dicembre 2014.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione si trova a decidere su un caso di responsabilità professionale di un notaio, il quale ha rogato un atto di compravendita, non avendo informato l’acquirente dell’avvenuto fallimento della parte venditrice, di cui era a conoscenza.
Secondo i Giudici di legittimità la Corte di merito ha arbitrariamente trasformato il debito di valore in debito di valuta, considerando il danno subito dal danneggiato sulla base della perdita effettivamente subita dal danneggiato quale conseguenza dell’inadempimento contrattuale del pubblico ufficiale rogante e dando rilievo al vantaggio derivante dal godimento dell’immobile.
La distinzione tra i due concetti “ha fondamento nel momento genetico dell’obbligazione, attenendo all’oggetto diretto e primario della prestazione, a seconda che sia “denaro” (debito di valuta) o “diversa dal denaro” (debito di valore). E, pacificamente, l’obbligazione di risarcimento del danno per inadempimento di obbligazioni contrattuali, diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell’obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta ma di valore, in quanto tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli“.
In più, il risarcimento riconosciuto non deve di certo impoverire il danneggiato, ma neppure arricchirlo: pertanto, stante il dettato dell’art. 1223 c.c., sia la perdita che il vantaggio patrimoniale devono essere conseguenza immediata e diretta del fatto illecito.
La Corte di Cassazione afferma, dunque, che “il danneggiato ha diritto al corrispondente monetario del valore dell’immobile al momento dell’effettivo rilascio, da tale ammontare andrà detratto l’importo corrispondente al vantaggio economico connesso al periodo di godimento dell’immobile determinato secondo criteri obiettivi, quali, ad esempio, i canoni dei prezzi di locazione di immobili con caratteristiche similari nell’area di mercato rilevante“.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata e rinvia ai giudici di secondo grado.
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