Testo massima
Il procedimento disciplinare a carico dei notai si fonda sul principio
accusatorio, di talché la prova degli addebiti contestati è posta a carico
dell’organo che ha promosso il procedimento, mentre la prova della
configurabilità di una circostanza esimente è a carico del professionista
incolpato. Ne consegue che in ipotesi di contestazione concernente l’avvenuta
redazione di un numero elevato di atti in sequenza, con tempi molto ravvicinati
tra una stipula e l’altra, l’onere di provare la predisposizione del lavoro
preparatorio e dei preventivi necessari contatti diretti con le parti, grava
sul professionista, unico soggetto in grado di fornire la stessa.
Questo è il principio di diritto
espresso dalla Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, nella sentenza n.
8493 pronunciata il 14 gennaio e pubblicata il 27 aprile 2015.
Nel caso di specie, un notaio vede
infliggersi dalla CO.RE.DI., Commissione Regionale di Disciplina del Veneto,
Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia, una sanzione pecuniaria di euro
10.000, per aver svolto ricorrenti prestazioni professionali presso soggetti
terzi, avvalendosi della loro collaborazione, non riconducibili a specifiche
esigenze dei clienti, e per avere stipulato un elevato numero di atti in unità
di tempo non compatibili con il rispetto degli obblighi di personalità,
diligenza ed imparzialità della prestazione professionale. La Corte di Appello
di Venezia accoglie il reclamo del notaio e rigetta quello incidentale del rispettivo
Consiglio Notarile, che propone ricorso, i cui motivi si fondano principalmente
sulla violazione e falsa applicazione tanto della legge notarile (artt. 47 e
51), quanto del codice deontologico (artt. 36, 37 e 42), nonché degli artt.
112, 1115 e 132 del codice di procedura civile.
Dette doglianze vengono accolte
dai Giudici di legittimità, in quanto la Corte di Appello, nel valutare l’attività
del professionista, ha omesso di prendere in esame le connessioni tra i
comportamenti del medesimo e le spiegazioni da questo fornite. Come già
ribadito in precedenza, “il procedimento disciplinare relativo ai notai si
fonda sul principio accusatorio, dall’applicazione del quale consegue che la
prova degli addebiti contestati è posta a carico dell’organo che ha promosso il
procedimento, salvo che la prova investa una circostanza esimente, nel qual
caso l’onere probatorio è posto a carico dell’incolpato. Ne consegue che,
nell’ipotesi in cui la contestazione a carico del notaio riguardi la violazione
del divieto di assistere in uffici secondari nei giorni e nell’ora di
assistenza presso la sede principale, la scriminante, costituita dall’espressa
richiesta delle parti contraenti di redigere gli atti fuori della sede
principale, deve essere dimostrata dal professionista mentre la materialità del
fatto addebitato è a carico dell’organo che ha promosso l’iniziativa
disciplinare” (Cass. ord. 11790/2011). Per l’appunto, l’onere della prova in merito al corretto
svolgimento dell’iter di preparazione e stipula degli atti rogati grava sul pubblico
ufficiale, in quanto solo lui può fornire tale prova (Cass. S. U. sent. 582/2008)
e ciò non può essere oggetto di presunzione, come invece è stato fatto dai Giudici
di secondo grado.
La Corte di Cassazione precisa,
altresì, che, ad ogni modo, la regolarità degli atti e la mancanza di lamentele
da parte della clientela non possono dimostrare, neppure indirettamente, la
conformità del comportamento del professionista ai doveri deontologici, posti a
salvaguardia della dignità e reputazione del notaio, nonchè del decoro e
prestigio della classe notarile.
Il ricorso viene, dunque, accolto
e gli Ermellini cassano e rinviano, anche per le spese di giudizio, ad altra
sezione della Corte di Appello di Venezia.
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