ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, il principio secondo cui la notificazione a mezzo posta deve ritenersi perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anziché dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi dell’art. 1 l. n. 53 del 1994, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’ufficio postale, non estendendosi il potere di certificazione, attribuito al difensore dall’art. 83 c.p.c. alla data dell’avvenuta spedizione, e non essendo una regola diversa desumibile dal sistema della l. n. 53 del 1994 (in applicazione di tale principio, la suprema corte ha ritenuto tempestivamente proposto un ricorso per cassazione spedito al sessantesimo giorno dalla notifica della sentenza, come da attestazione dell’ufficio postale apposta su «striscette» meccanizzate applicate alle buste recanti le copie del ricorso notificate ai controricorrenti e da questi prodotte).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15176-2007 proposto da:
M.M.
– ricorrente –
e contro
alfa S.N.C.;
– intimata –
sul ricorso 16543-2007 proposto da:
alfa S.N.C. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore Signor T.G.,
– ricorrente –
contro
M.M.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 518/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 20/03/2006, R.G.N. 406/2004;
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 5 giugno 2002 M.M. esponeva di essere divenuto conduttore, in forza di contratto stipulato il 7 giugno 1995 con la alfa s.n.c, di un appartamento sito in (OMISSIS), con decorrenza 1 luglio 1995 e durata annuale, al canone mensile di L. 800.000, successivamente incrementato per effetto degli aumenti Istat ed attualmente pari a L. 856.522.
Il M. sosteneva tuttavia che la clausola di transitorietà inserita nel contratto era una mera clausola di stile e che il carattere transitorio della locazione doveva ritenersi escluso.
Chiedeva quindi che venisse accertata la durata quadriennale del contratto con decorrenza dall’1 luglio 1995 e la misura del canone legale nonchè la condanna del locatore a restituire quanto percepito in eccesso.
Si costituiva la alfa s.n.c. escludendo che il contratto fosse soggetto alla L. n.392 del 1978 in quanto intervenuto successivamente all’entrata in vigore del D.L. n.33 del 1992 e chiedendo in via riconvenzionale che venisse accertata quale data di scadenza quella del 30 giugno 2000; in subordine quella del 30 giugno 2003.
Domandava di conseguenza che venisse emessa nei confronti del ricorrente statuizione di condanna al rilascio.
Il Tribunale, accertato il carattere transitorio del rapporto, ne determinava la scadenza al 30 giugno 2003 e condannava il ricorrente al rilascio del bene fissando tale data per l’esecuzione.
La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato che il contratto era soggetto alla disciplina della L. n.392 del 1978 ed ha respinto la domanda di restituzione dell’indebito nonchè quella proposta ex art.96 cpc.
Ha ritenuto la Corte che nessuna indicazione è stata fornita dall’onerato in ordine ai canoni dovuti in base alla disciplina dell’equo canone, nè alle somme versate in eccedenza rispetto a quelle dovute per legge, nè ai pagamenti effettuati in esecuzione del contratto.
Propone ricorso per cassazione M.M. con un unico motivo.
Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con tre motivi alfa s.n.c. che presenta memoria.
Motivi della decisione
I ricorsi sono riuniti ai sensi dell’art.335 cpc.
In via preliminare parte controricorrente solleva l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto tardivo, rilevando: 1) che l’atto introduttivo del presente procedimento è stato notificato dall’Avv. M. con consegna all’Ufficio Postale in data 5 maggio 2007, coincidente con l’ultimo giorno utile per l’impugnazione; 2) che l’atto stesso è giunto alla società solo in data 8 maggio 2007.
Secondo la alfa snc l’art.149 cpc. prevede che, nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, la notifica stessa si perfezioni per il notificante al momento della consegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario, ma non prevede che lo stesso avvenga ne caso di notifica effettuata dal legale, sempre a mezzo del servizio postale.
Ancora in via preliminare si eccepisce che la notifica del ricorso è avvenuta oltre l’anno dalla pubblicazione della sentenza presso lo studio del difensore della alfa s.n.c., ove la stessa aveva eletto domicilio nel giudizio di merito, anzichè personalmente alla parte come previsto dall’art.330 cpc., u.c..
Si afferma inoltre che nella busta dell’atto notificato non è stato indicato il numero del registro cronologico ed è stato erroneamente indicato il domicilio del notificante in Venezia Mestre, anzichè nel domicilio eletto in Roma, come prescritto dalla L.21 gennaio 1994, n.53, art.3, lett. c).
La alfa sostiene pertanto la nullità della notifica.
Il motivo è infondato.
In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, a seguito della pronunzia n.477 del 2002 della Corte Costituzionale, la notificazione deve infatti ritenersi tempestiva per il notificante al solo compimento delle formalità direttamente impostegli dalla legge, ossia con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario resta fermo il principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento del plico postale che lo contiene. Tale principio ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anzichè dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi della L. n.53 del 1994, art.1 irrilevante essendo al riguardo, nei limiti di tale richiamata normativa, il dato soggettivo dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato. (Cass., 30 luglio 2009, n.17748; Cass., 1 aprile 2004, n. 6402).
Nel caso in esame il ricorso è stato notificato dall’Avv. M. con consegna all’ufficio postale in data 5 maggio 2007, coincidente con l’ultimo giorno utile per l’impugnazione e dunque nei termini di legge.
Essendo il ricorso tempestivo, correttamente la notificazione è stata effettuata presso lo studio dell’avvocato difensore della Serenella snc, ove la stessa aveva eletto domicilio nel giudizio di merito.
Con il motivo del ricorso principale parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione dell’art.112 cpc.(principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato), degli artt.61, 191, 420 e 447 bis cpc. (mancata ammissione della richiesta consulenza tecnica d’ufficio), in riferimento all’art.360 cpc., n.3.
Parte ricorrente impugna il capo della sentenza nel quale la stessa, pur dichiarando che il contratto de quo è soggetto alla disciplina di cui all’art.392/1978, non ha provveduto alla determinazione del canone ed ha respinto la domanda di ripetizione dell’indebito.
Ritiene in particolare M.M. che la Corte ha errato nell’omettere di decidere sulla domanda di determinazione del canone, da quantificarsi mediante la richiesta C.t.u., nonchè nella parte in cui ha respinto la richiesta di restituzione delle somme pagate in eccesso sul rilievo che la ricorrente non avrebbe indicato il canone legale e non avrebbe dimostrato di aver corrisposto canoni maggiori dello stesso.
Secondo parte ricorrente la sentenza impugnata, da un lato ha omesso di provvedere sulla domanda di determinazione del canone, dall’altro ha respinto la domanda di restituzione sull’erroneo presupposto che fosse onere del ricorrente quantificare sia il canone legale sia la differenza rispetto a quello pagato.
Il motivo deve essere accolto.
Emerge dall’impugnata sentenza che il contratto di locazione non poteva avere natura transitoria in quanto manca ogni riferimento alle esigenze di tale natura. L’immobile inoltre è stato concesso in locazione senza il trasferimento delle utenze che sono state attivate dallo stesso conduttore.
Ne consegue che il contratto deve essere disciplinato dalla L. n.392 del 1978 e che devono essere restituite, ai sensi dell’art. 79 della medesima legge, le somme versate in eccesso.
Secondo la suddetta disposizione è facoltà del conduttore, con azione proponibile non oltre il semestre dalla riconsegna dell’immobile locato, ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla legge quale conseguenza della sanzione di nullità di cui al primo comma dello stesso art.79.
E’ giurisprudenza consolidata che in tema di locazione di immobili urbani, il conduttore che agisce per la ripetizione delle somme che assume di avere versato oltre la misura legale del canone, non può limitarsi a produrre il contratto (di locazione) contenente la clausola che prevede il pagamento di tale canone in misura eccedente il limite legale, ma deve provare – ove contestato dal locatore – anche l’effettivo versamento di quel canone nella misura così stabilita, atteso che tale domanda ancorchè rientrante nella competenza funzionale del pretore, ai sensi della L. n.392 del 1978, art.45 in quanto consequenziale alla determinazione del canone legale, resta, tuttavia, soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di ripetizione di indebito (Cass., 17 marzo 1992, n.3277).
Il ricorrente, sin dal primo atto introduttivo, ha prodotto le ricevute relative ai versamenti effettuati mentre sul punto il convenuto non ha sollevato nessuna contestazione nè sul pagamento dei canoni nè sull’entità delle somme versate.
L’impugnata sentenza, dopo aver stabilito che il contratto di locazione non aveva natura transitoria, ma era disciplinato dalla normativa sull’equo canone, in mancanza di contestazione sul pagamento di tutti i canoni nella misura indicata nel ricorso, avrebbe dovuto determinare il canone di legge e stabilire quanto il M. aveva versato in eccesso ammettendo la consulenza tecnica.
Con il ricorso incidentale si denuncia: 1) Violazione di legge ai sensi dell’art.360 cpc., n.3: violazione e falsa applicazione dell’art.182 cpc.; 2) Omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: l’eccezione di inapplicabilità della L. n.392 del 1978, art.12 e segg. D.L. n.333 del 1992, ex art. 11, comma 1; 3) Violazione di legge ai sensi dell’art.360 cpc., n.3: violazione e falsa applicazione della L. n.392 del 1978, art.26, lett. a). Motivazione insufficiente e contraddittoria e violazione e falsa applicazione dell’art.2697 cc. e delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova.
L’accoglimento del ricorso principale comporta l’assorbimento dell’incidentale.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, affinchè determini quanto il ricorrente ha pagato in eccesso nonchè le spese del giudizio di cassazione.
PQM
Riuniti i ricorsi, la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito l’incidentale. Cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013
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