Nell’ipotesi di notifica del decreto ingiuntivo a mezzo PEC, a norma dell’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994, la circostanza che la e-mail PEC di notifica sia finita nella cartella della posta indesiderata (“spam”) della casella PEC del destinatario e sia stata eliminata dall’addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non può essere invocata dall’intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art.650 c.p.c..
Ciò in quanto l’art.20 del d.m. n. 44 del 2011, nel disciplinare i requisiti della casella PEC del soggetto abilitato esterno, impone una serie di obblighi – tra cui quello di dotare il terminale informatico di “software” idoneo a verificare l’assenza di virus informatici nei messaggi in arrivo e in partenza, nonché di “software antispam” idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi indesiderati – finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di posta elettronica certificata, il cui esatto adempimento consente di isolare i messaggi sospetti ovvero di eseguire la scansione manuale dei relativi “files”, sicché deve escludersi l’impossibilità di adottare un comportamento alternativo a quello della mera ed immediata eliminazione del messaggio PEC nel cestino, una volta che esso sia stato classificato dal computer come “spam”.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Frasca – Rel. Positano, con la sentenza n. 17968 del 23 giugno 2021 che, nel confermare la sentenza di secondo grado, ha ritenuto inammissibile l’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo per mancanza dei presupposti ex art. 650 c.p.c..
La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto validamente perfezionatasi la notifica del decreto ingiuntivo opposto nel momento in cui era stata generata la ricevuta di avvenuta consegna, non potendo la cancellazione volontaria della PEC finita nella sezione Spam da parte della persona preposta essere considerata caso fortuito o forza maggiore quali ipotesi legittimanti l’opposizione tardiva, in quanto circostanza non “assolutamente ostativa e meramente oggettiva, avulsa dalla volontà umana”.
Secondo gli Ermellini, infatti, i programmi di posta elettronica non sono in grado di individuare, con esattezza, i messaggi da qualificarsi come spam, e – pertanto – rientra nella diligenza ordinaria dell’addetto alla ricezione della posta elettronica il controllo anche della cartella della posta indesiderata, atteso che in tale cartella ben possono essere automaticamente inseriti messaggi provenienti da mittenti sicuri e attendibili e non contenenti alcun allegato pregiudizievole per il destinatario.
Quindi il titolare dell’account di posta elettronica certificata ha il dovere di controllare prudentemente tutta la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata”.
Nel caso di specie ciò avrebbe consentito di isolare la mail ritenuta sospetta e porla in cd quarantena ovvero di eseguire la scansione manuale del file in questione, azionando il prescritto “software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio”.
Sulla scorta di tali motivazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CASELLA PEC PIENA: OCCORRE PROCEDERE ALLA RINOTIFICA CON DILIGENZA PRESSO DOMICILIO FISICO
LA MANCATA RICEZIONE DOVUTA ALLA SATURAZIONE DELLA POSTA CERTIFICATA NON EQUIVALE AL RIFIUTO DELL’ATTO
Ordinanza | Corte di Cassazione, Pres. Sorrentino – Rel. Crivelli | 24.01.2023 | n.2193
LA TEMPESTIVA RINNOVAZIONE FA DECORRERE IL TERMINE BREVE EX ART. 325 C.P.C.
Ordinanza | Cass. civ., Pres. Frasca, Est. Condello | 12.09.2022 | n.26810
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