ISSN 2385-1376
Testo massima
La notifica del decreto di perenzione mediante posta elettronica certificata si presume avvenuta solamente se la parte nell’atto introduttivo del giudizio, ovvero nel primo atto difensivo, ha dichiarato esplicitamente qual è l’indirizzo PEC dove intende ricevere le comunicazioni.
È questo il principio che ha chiarito il Consiglio di Stato con sentenza n.649, depositata l’11 febbraio 2014.
Nel caso di specie un Comune ha contestato di non aver ricevuto adeguata comunicazione del decreto di perenzione per non aver presentato ricorso nei termini di legge. Il suddetto decreto secondo il Comune era stato notificato a mezzo Pec come previsto dall’art 136, comma 1 del nuovo codice di procedura amministrativa (decreto legislativo 104/10), il quale prescrive che i difensori delle parti devono indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo, l’indirizzo di posta elettronica certificata dove ricevere le comunicazioni relative al processo e una volta data tale indicazione si presumono conosciute tutte le comunicazioni inviate a quell’indirizzo.
Il Comune rimarcava di non aver inserito alcuna indicazione con riferimento al proprio indirizzo elettronico in quanto al momento del deposito dell’appello non era stato ancora approvato il nuovo codice di procedura amministrativa e successivamente alla sua entrata in vigore non aveva depositato alcun atto con il quale poter adempiere a tale onere, per cui il Comune chiedeva di essere rimesso in termini con conseguente applicazione dell’art. 37 c.p.a. che prevede questa possibilità “in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto”.
Il Collegio ha riconosciuto l’esistenza di un errore scusabile del Comune perché questi era effettivamente in una condizione di incertezza giuridica dovuta alla non ancora approvazione, ratione temporis, del nuovo codice procedurale.
Inoltre a conferma della tesi del ricorrente va richiamata anche la norma di cui all’articolo 2, comma 6, dell’allegato 2 al codice del processo amministrativo, secondo cui «la segreteria effettua le comunicazioni alle parti ai sensi dell’articolo 136, comma 1, del codice o, altrimenti, nelle forme di cui all’articolo 45 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile», per cui si riconosce implicitamente che nel caso in cui la notifica a mezzo PEC non sia possibile l’ufficio giudiziario deve ricorrere ad altri strumenti più idonei.
Il Consiglio di Stato ha, pertanto, accolto l’opposizione del Comune, e disponendo il rinnovo della comunicazione del decreto presidenziale di perenzione.
La rimessione in termini è altresì trattata da questa rivista in:
la nuova collocazione nell’art.153 cpc conferisce all’istituto carattere generale
spetta al collegio verificare la fondatezza dell’impedimento addotto al fine della rimessione in termini
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE (SEZIONE QUINTA)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in opposizione proposto dal Comune, in persona del Sindaco pro tempore,
contro
Il signor B.L.,
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sez. II, n. 241 dd. 13 febbraio 2001, resa tra le parti e concernente un diniego di concessione edilizia.
Visto il decreto presidenziale n.1307 in data 21 maggio 2012;
Visto il ricorso in opposizione a tale decreto, notificato il 17 maggio 2013 e depositato il 24 maggio 2013;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuto quanto segue.
1.1. Dagli atti del fascicolo di causa, consta che con i ricorsi di primo grado, proposti innanzi al T.A.R. sub R.G. 993 del 1995 e sub R.G. 2916 del 1998, il sig. L.B. ha chiesto l’annullamento di due provvedimenti di diniego di rilascio del titolo edilizio per la realizzazione di un allevamento di suini, adottati entrambi dal Comune.
1.2. Con sentenza n. 241 dd. 13 febbraio 2001, la Sezione II dell’adito T.A.R., previa riunione dei due procedimenti, ha dichiarato improcedibile il primo ricorso per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione, nel mentre ha accolto il secondo ricorso avuto riguardo, in via del tutto assorbente, alla censura di difetto di motivazione dedotta dal sig. B..
1.3. Il Comune ha proposto appello avverso tale sentenza, depositando tale impugnativa in data 25 maggio 2001 e la relativa domanda di fissazione della pubblica udienza in data 31 maggio 2001.
1.4. Sempre dall’esame degli atti del fascicolo di causa, consta che l’appellante Comune ha depositato in data 8 maggio 2010 un’ulteriore domanda di fissazione dell’udienza e ciò al fine di evitare la perenzione dell’appello.
1.5. Nondimeno, con decreto presidenziale n.1307 in data 21 maggio 2012 il ricorso medesimo è stato dichiarato perento ai sensi della sopravvenuta disciplina transitoria contenuta nell’art. 1 dell’all. 3 del D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104.
2.1. Con l’opposizione in epigrafe, il Comune deduce di non aver ricevuto la comunicazione di tale decreto di perenzione, avendo per contro avuto notizia della sua esistenza soltanto con la lettera raccomandata del patrocinio dell’appellato B., richiedente il rilascio del titolo edilizio nel presupposto della perenzione del giudizio d’appello.
La parte opponente suppone in tal senso che la comunicazione del decreto di perenzione sia avvenuta per posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 136, comma 1, cod. proc. amm. come modificato dall’art. 1, comma 1, del D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195, laddove – per l’appunto – si dispone che “i difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax, che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. E’ onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati”.
La medesima parte opponente reputa che se così fosse la comunicazione del decreto di perenzione dovrebbe reputarsi avvenuta contra (o praeter) legem, in quanto le comunicazioni telematiche di cui al surriportato art. 136, comma 1, cod. proc. amm. dovrebbero presumersi conosciute dal destinatario soltanto se nell’atto introduttivo del giudizio, ovvero nel primo atto difensivo, la parte ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al quale essa intende ricevere le comunicazioni relative al processo; e, nel caso di specie, la difesa del Comune rimarca di non aver mai indicato la PEC quale mezzo idoneo per la trasmissione nei suoi confronti delle comunicazioni anzidette, posto che ciò non era contemplato ratione temporis all’epoca del deposito dell’atto d’appello e che dopo l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo (16 settembre 2010) essa non ha depositato alcun atto recante una propria volontà di avvalersi in tal senso della PEC. La difesa del Comune chiede pertanto di essere rimessa in termini, anche con riferimento all’art. 37 cod. proc. amm.
2.1. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che la domanda in epigrafe vada accolta.
2.2. La Sez. VI di questo Consiglio di Stato, con la propria ordinanza collegiale n. 5391 del 19 ottobre 2012, ha già avuto modo di evidenziare “che la “comunicazione”, da cui decorre il termine di cui all’art. 1, comma 2 dell’allegato 3 al codice del processo amministrativo può essere effettuata ai sensi e per gli effetti, di cui all’art. 136 del medesimo cod. proc. amm., solo per i difensori che rendendo noto nel primo atto difensivo, ai sensi della medesima norma, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o di recapito fax avessero consapevolmente assunto l’onere di adottare le necessarie cautele, in funzione della presunzione di conoscenza connessa alle conseguenti forme di trasmissione. Per i difensori che, come nel caso di specie, si fossero costituiti in data antecedente all’entrata in vigore del codice, detta presunzione di conoscenza non può ritenersi operante con conseguente applicabilità dell’art. 37 cod. proc. amm. (cfr. anche in tal senso, per il principio, Cons. Stato, Sez. VI, 4 luglio 2012 n. 3909)”.
Il Collegio reputa di condividere tale indirizzo e, del resto, va anche rimarcato in tal senso che ai sensi dell’art. 2, comma 6, dell’all. 2 al D.L.vo 104 del 2010, “la Segreteria effettua le comunicazioni alle parti ai sensi dell’art. 136, comma 1, del codice o, altrimenti, nelle forme di cui all’art. 45 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile”, e che pertanto esiste nel “sistema” una disciplina sulle modalità di inoltro delle “comunicazioni relative al processo” (cfr. art. 136, comma 1, cod. proc. amm. cit.) che contempla comunque strumenti di inoltro diversi rispetto alla PEC, qualora la parte non abbia prescelto in via espressa quest’ultima modalità.
2.3. Avendo la parte ricorrente espressamente chiesto il riconoscimento al riguardo e come per lo specifico precedente trattato dalla Sez. VI della sussistenza dei presupposti per ravvisare un errore scusabile di cui all’art. 37 cod. proc. amm., chiedendo per l’effetto di essere rimessa in termini per l’impugnazione del decreto di perenzione di cui trattasi, il Collegio reputa che l’incertezza ermeneutica dell’ambito temporale di applicazione della disciplina di cui all’attuale testo dell’art. 136, comma 1, cod. proc. amm. consenta di accogliere la domanda in epigrafe mediante il rinnovo della comunicazione del decreto di perenzione mediante il procedimento di cui all’art. 45, primo, secondo e terzo comma, disp. att. cod. proc. civ. e successive modifiche.
Sotto tale profilo, il riconoscimento della sussistenza dell’errore scusabile consente anche di dare una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni richiamate (nel senso non ostativo alla definizione del giudizio nel caso in esame), che altrimenti sarebbero potute risultare in contrasto con i fondamentali principi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, violando, per un verso, effettivamente il diritto di azione o di difesa e, per altro verso, sottraendo indirettamente ed giustificatamente gli atti della pubblica amministrazione al sindacato giurisdizionale, malgrado l’appellante abbia più volte manifestato la sussistenza di un suo interesse alla definizione del secondo grado del giudizio.
3. Stante la particolarità della questione trattata, le spese e gli onorari del presente procedimento possono essere integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l’opposizione e per l’effetto dispone, a cura della Segreteria, il rinnovo della comunicazione alle parti del decreto presidenziale di perenzione n. 1307 in data 21 maggio 2012 nelle forme di cui all’art. 45 primo, secondo e terzo comma, disp. att. cod. proc. civ. e successive modifiche.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2014 con l’intervento
dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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