In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 c.p.c., comma 2, secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita.
E’ pertanto nulla la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata.
Questi principi espressi dalla Cassazione civile, sez. quinta, Pres. Di Iasi, con la sentenza n. 3595 del 01.02.2017.
Nel caso di specie, una società debitrice proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della statuizione del Giudice di prime cure, aveva ritenuto legittima la cartella di pagamento notificatale dal concessionario per la riscossione per IVA e Ires 2005.
In particolare, la commissione tributaria regionale aveva ritenuto che la cartella di pagamento fosse stata preceduta da un avviso di accertamento regolarmente notificato dal messo comunale, a mani del custode dello stabile ex artt. 145 e 139 c.p.c., presso il domicilio fiscale del liquidatore della società.
L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso, mentre nessuna attività difensiva svolgeva il concessionario per la riscossione.
Con il primo ed il secondo motivo di ricorso la società lamentava, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso, nonchè violazione degli artt. 139 e 145 c.p.c., per non avere la commissione tributaria regionale adeguatamente motivato in ordine alla mancata esplicitazione, da parte del messo comunale, delle informazioni assunte circa la irreperibilità della società stessa, nonché in ordine al mancato accertamento della reperibilità dello stesso liquidatore, o di altro soggetto indicato nell’art. 139 c.p.c., presso l’abitazione, dove la notificazione era infine avvenuta mediante consegna a mani del custode.
La ricorrente, inoltre, deduceva che il Giudice del gravame non aveva correttamente applicato le norme richiamate, in base alle quali la notificazione a mani del portiere presuppone che l’agente notificatore dia conto degli accertamenti eseguiti in ordine alla irreperibilità del destinatario, o di altro soggetto previsto dall’art. 139 cit., presso la casa di abitazione.
La Suprema Corte, in primo luogo, rileva che la notificazione contestata era, in realtà, avvenuta nel pieno rispetto di quanto stabilito nella seconda parte dell’art. 145 c.p.c., secondo cui la notificazione alle persone giuridiche “può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”.
Ad avviso del Collegio, dunque, ben poteva l’ufficio impositore procedere, quale modalità alternativamente consentita dalla legge, alla notificazione direttamente al liquidatore della società contribuente, indipendentemente dalla verifica di reperibilità della società presso la sede sociale.
Tanto premesso, tuttavia, gli ermellini osservavano che dalla relata di notifica in oggetto, trascritta in ricorso, risultava che la notificazione era avvenuta mediante consegna del plico al custode dello stabile, senza però che si desse atto della mancata reperibilità presso la sua abitazione del destinatario, o di altro soggetto abilitato dalla legge (prima del custode) a ricevere l’atto in sua vece, né che si facesse riferimento alcuno, nella relata, alle ricerche di reperibilità in tal senso concretamente effettuate dall’agente notificatore.
La Suprema Corte, all’uopo, richiamato il consolidato orientamento di legittimità, in base al quale: “in caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall’art. 139 c.p.c., comma 2, secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita” (ex multiis, Cass. sez. 5^, n. 22151/13), sottolineava che la commissione tributaria regionale non si era fatta carico di questo aspetto fondamentale, limitandosi a ritenere regolare la notificazione a mani del portiere stante il successivo invio, ex art. 139 cit., di avviso al destinatario mediante lettera raccomandata.
Sulla base di quanto suesposto, la Cassazione, rilevata la nullità della notificazione, accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e condannava l’Ente di riscossione alla rifusione delle spese di lite.
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