E’ possibile superare la decadenza di legge tramite la rinnovazione della notifica a patto che sussistano due condizioni: 1. l’errore sul domicilio del destinatario non deve essere imputabile al notificante; 2. il procedimento notificatorio deve essere riattivato entro un “termine ragionevole” (è ragionevole un termine non superiore alla metà di quello stabilito per la decadenza della notifica).
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, II sez. civ., Pres. D’Ascola – Rel. Fortunato, con sentenza n. 28269 pubblicata il 4 novembre 2019. Nella pronuncia in esame la Suprema Corte torna sulla questione della notifica non andata a buon fine per delineare quando sia possibile effettuare una nuova notifica anche dopo la scadenza dei termini di legge.
La vicenda giudiziale che ha portato la Cassazione ad esprimersi sulla rinotificazione tardiva era nata per la definizione di un rapporto di mediazione intrapreso tra Caio e le società Beta e Gamma, dove Caio aveva aiutato le due società a concludere un accordo per una compravendita immobiliare. Caio non avendo ricevuto il pagamento dovuto citava in giudizio le due società per vedersi accogliere la sua richiesta di pagamento. Il giudizio di primo grado si concludeva con la soccombenza di Caio, ma nel ricorso in Appello Caio riusciva a far valere le proprie ragioni ed ottenere la riforma della sentenza con la liquidazione delle sue spettanze per l’attività svolta.
Beta soccombente nel giudizio di Appello impugnava la sentenza davanti alla Suprema Corte di Cassazione, a base delle proprie doglianze la società ricorrente deduceva la completa inconsapevolezza del ruolo svolto da Caio all’interno delle trattative, e quindi, eccepiva la forma contrattuale attribuibile al caso di specie, ovvero rilevava che non si trattava di un rapporto di mediazione vero e proprio, ma di un semplice mandato conferitogli dalla sola società Gamma, e che per l’effetto, solo la mandante era tenuta a versare il compenso richiesto da Caio.
La Suprema Corte ha accolto le argomentazioni esposte dalla società Beta, ed ha sottolineato che il rapporto tra le parti non poteva neanche essere considerato alla stregua della c.d. mediazione atipica (che ricorre nel caso in cui il mediatore abbia ricevuto l’incarico, da uno dei contraenti, di svolgere un’attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione di uno specifico affare, a determinate e prestabilite condizioni) poiché anche in questa ipotesi il rapporto tra le parti doveva assumere una forma contrattuale. La forma contrattuale secondo la Corte poteva configurarsi anche mediante fatti concludenti che implicavano la volontà dei contraenti di avvalersi dell’opera del mediatore o tramite la semplice accettazione dell’opera. Richiamando un’altra sentenza della Corte sul tema (Cass. 4107/2019), l’intermediario deve operare in modo palese, rendendo nota la qualità rivestita, inoltre, in caso di controversia l’onere della prova è a carico della parte che pretende di essere remunerata. Considerato che nel caso di specie Beta aveva fin dall’inizio espresso la sua ignoranza sull’identità professionale di Caio e che quest’ultimo non aveva provato di aver reso note le sue qualità e il motivo per cui agiva, la Corte accoglieva le doglianze della società Beta.
La Corte ha deciso anche sulla tardività della notifica del controricorso effettuata da Caio nei confronti della società Gamma. La notifica alla società Gamma non era andata a buon fine in quanto il difensore della società Gamma aveva trasferito il suo studio professionale in altra sede. Caio accertato l’errore chiedeva di essere rimesso in termini, ma la Corte non riteneva accoglibile la richiesta in quanto la notifica andava effettuata al domicilio reale, ovvero quello dichiarato nei pubblici registri. L’errore di Caio non era neanche scusabile poiché il legale di Gamma aveva trasferito la propria sede, con relativa comunicazione all’albo professionale di appartenenza oltre un anno prima della notifica del controricorso.
Secondo la Corte la possibilità di superare la decadenza di legge era subordinata a due condizioni che nel caso di specie non sussistevano: 1) l’errore sul domicilio del destinatario non deve essere attribuibile al soggetto notificante; 2) la nuova notifica deve essere effettuata in un termine non superiore alla metà di quello stabilito a pena di decadenza.
Oltre alla pronuncia in esame la Suprema Corte è stata chiamata a decidere diverse volte in tema di rinnovazione della notificazione, come nella sentenza n. 3552 del 14.02.2014, dove ha posto a base della decisione la distinzione tra la notifica nulla da quella giuridicamente inesistente. Nei casi di notifica nulla la Corte ha affermato la possibilità di rinnovare la notifica anche dopo la scadenza del termine di legge, fattispecie preclusa in tutti quei casi di notifica inesistente.
In una recente ordinanza (n.4538 del 15.02.2019) gli Ermellini hanno anche chiarito come distinguere una notifica nulla da quella affetta da inesistenza, ovvero secondo il “criterio di collegamento tra il luogo della notifica e il destinatario dell’atto”. Nell’ipotesi in cui nel luogo della notifica errata non vi è nessun collegamento con il destinatario la notifica è da ritenersi inesistente, mentre nell’ipotesi in cui il luogo di notifica è collegato con il destinatario la notifica è affetta dalla sola nullità. Un esempio di scuola di notifica nulla è quella della notifica effettuata al precedente domicilio del destinatario dove vivono i genitori dello stesso. In questo caso i genitori rappresentano un vero e proprio collegamento tra l’effettivo destinatario e il luogo della notifica errata.
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