LA MASSIMA
In tema di notificazioni, ex art.139 cpc, la consegna dell’atto da notificare è validamente effettuata anche quando l’atto è consegnato “a persona di famiglia”.
In tal senso con la dizione persona di famiglia non è fatto riferimento al solo rapporto di parentela, nè all’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, ma è sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario.
Resta, in ogni caso, a carico di chi dichiara di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare “il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafìche del familiare medesimo”.
IL CASO
CAIO, contribuente, aveva proposto opposizione alle cartelle di pagamento allo stesso notificate, per il pagamento dell’iva, irpef e irap relative agli anni 1999- 2002. Opposizione che veniva accolta.
Proposto appello dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente la domanda.
Avverso tale decisione CAIO proponeva ricorso per cassazione lamentando, tra l’altro, violazione degli artt.149 e 160, e del Legge n.890 del 1992, artt.7 e 8, in relazione all’art.360 cpc, n.3, nonchè difetto di motivazione.
In particolare, CAIO deduceva che la Corte aveva erroneamente ritenuta valida la notifica degli avvisi compiuti nei confronti di persona dichiaratasi incaricata.
LA DECISIONE
La Corte ha rigettato il ricorso condannando CAIO alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado.
Invero, la Corte di Cassazione ha confermato quanto statuito dalla Commissione Tributaria Regionale la quale aveva ritenuto rituale la notifica degli atti effettuata ad un soggetto sulla base della sola appartenenza dello stessa al gruppo familiare del contribuente, ritenendo tale requisito sufficiente a renderla idonea al ricevimento degli atti anche in sede di ritiro delle raccomandate all’Ufficio Postale.
Tale pronuncia afferma la Corte, è conforme ai principi affermati da questa stessa Corte per cui in tema di notificazioni, ex art.139 cpc, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, non postula necessariamente il solo rapporto di parentela, nè l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, .
In tale senso, risulta, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso;
La Corte ha inoltre precisato che resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafìche del familiare medesimo.
IL PROVVEDIMENTO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAIO contribuente;
RICORRENTE
Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
CONTRORICORRENTE
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 214/9/2009 depositata il 23/9/2009;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia promossa da CAIO contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il parziale rigetto dell’appello proposto dal contribuente contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 477/1/2006 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso le cartelle di pagamento n. (OMISSIS) per iva, irpef e irap relative agli anni 1999- 2002.
Il ricorso proposto si articola in TRE MOTIVI.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il relatore ha depositato relazione ex art.380 bis cpc. Il presidente ha fissato l’udienza del 6/3/2012 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.?
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con PRIMO MOTIVO (con cui deduce: violazione dell’art.132 cpc, comma 2, n. 4, in relazione all’art.360 cpc, n.5, nullità della sentenza per assoluta carenza di motivazione) il ricorrente assume la nullità della sentenza che evidenzierebbe una “mera adesione acritica alla tesi prospettata dall’appellante, senza nessuna considerazione dei punti decisivi della controversia prospettati dalla parte appellata“.
La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza nella parte in cui si lamenta la mancata considerazione dei punti decisivi prospettati da parte appellata stante la mancata trascrizione della comparsa di costituzione; infondata nel resto e la censura essendo possibile dalla lettura della sentenza l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo (cfr. Cass. nn.15951/2003, 13990/2003, 2711/1990, 5101/1999, 3282/1999, 1944/2001).
Con SECONDO MOTIVO (con cui deduce violazione dell’art.112 cpc, in relazione all’art.360 cpc, n.4) il ricorrente assume la nullità della sentenza in quanto la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alla eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dal contribuente.
A riguardo questa Corte osserva che la Commissione Tributaria Regionale, pur dando atto nello “svolgimento del processo” che il CAIO “evidenziava la violazione dell’art.329 cpc, relativamente alla improponibilità dell’appello per aver operato l’Ufficio lo sgravio dell’iscrizione a ruolo“, non ha adottato alcuna determinazione a riguardo.
Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art.111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art.384 cpc, si ritiene di poter esaminare la doglianza in quanto la questione di diritto posta con il suddetto motivo è infondata (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito) (Sez. 2, Sentenza n.2313 del 01/02/2010).
Ed infatti “L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art.329 cpc, consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga dalla medesima a quest’ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’art.329 cpc, e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.546, art.49, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione” (Sentenza n.24547 del 20/11/2009; Sez. 5, Sentenza n.2826 del 07/02/2008).
Con TERZO MOTIVO (con cui deduce violazione degli artt.149 e 160, e del Legge n.890 del 1992, artt.7 e 8, in relazione all’art.360 cpc, n.3, nonchè difetto di motivazione) il ricorrente assume che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato tali disposizioni nel ritenere valida la notifica degli avvisi compiuta nei confronti di persona dichiaratasi incaricata.
La censura è infondata.
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto rituale la notifica degli atti effettuata per il tramite della Sig.ra TIZIA sulla base della sola appartenenza della stessa al gruppo familiare del contribuente, quale requisito sufficiente a renderla idonea al ricevimento degli atti… anche in sede di ritiro delle raccomandate all’Ufficio Postale.
Tale pronuncia risulta conforme ai principi affermati da questa Corte (Sez. 6 – L, Ordinanza n.21362 del 15/10/2010; Sentenza n. 23368 del 30/10/2006) secondo cui in tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia“, secondo il disposto dell’art.139 cpc, non postula necessariamente nè il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – nè l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, all’uopo, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafìche del familiare medesimo.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
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