ISSN 2385-1376
Testo massima
“Le rilevanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le attese risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale“.
Questo il principio emerso dalla sentenza n.11550 pronunziata in data 14 Maggio 2013 dalla Corte di Cassazione a seguito del ricorso presentato da un noto istituto di credito avverso la decisione della Corte di appello che aveva ritenuto ammissibile un’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, sulla base di una pretesa irregolarità della notifica eseguita dalla banca presso l’effettiva dimora dell’ingiunto e non presso il suo indirizzo di residenza (quale risultante dal certificato anagrafico).
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto di non poter condividere la decisione del giudice di merito e, dando seguito a consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n.19132/04, n.11562/03, n.4829/79, n.4705/89), ha affermato il principio in virtù del quale la notifica dell’atto giudiziario, seppure eseguita presso un indirizzo diverso da quello di residenza, debba considerarsi valida atteso che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo e possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento, quale ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio
Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, infatti, la parte interessata può produrre in giudizio ogni elemento probatorio che ritenga opportuno al fine di provare la circostanza che la residenza o il domicilio anagrafico potrebbe essere differente come ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario.
In conclusione, dunque, i giudici di legittimità hanno cassato la sentenza impugnata anche in considerazione del fatto che, ai fini della legittimità della opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è sufficiente l’accertamento della irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, essendo altresì necessaria la prova il cui onere grava sull’opponente che a cagione della nullità l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del decreto e non è stato in grado di proporre tempestiva opposizione.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19149/2008 proposto da:
BANCA
– RICORRENTE –
contro
TIZIO
– CONTRORICORRENTE –
avverso la sentenza n. 134/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 07/02/2008, R.G.N. 1995/2003;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto ingiuntivo in data 8.7.1994 il Presidente del Tribunale di Vicenza ordinava a TIZIO di pagare alla BANCA la somma di L. 90 milioni oltre accessori in adempimento della fideiussione da lui prestata a garanzia di ogni obbligazione gravante su ALFA Spa, dichiarata fallita, la quale presentava nei confronti della BANCA un’esposizione superiore a L. 230 milioni.
TIZIO proponeva opposizione tardiva assumendo la nullità della notifica del d.i., l’incompetenza del Tribunale adito, la mancata prova del credito ingiunto e comunque la sua prescrizione.
In esito al giudizio, in cui si costituiva la BANCA contestando la fondatezza dell’opposizione e l’opponente eccepiva altresì nella comparsa conclusionale la nullità della convenzione riguardo al tasso ultralegale degli interessi, il Tribunale adito dichiarava inammissibile e rigettava l’opposizione.
Avverso tale decisione il soccombente proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituiva BANCA, la Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data 7 febbraio 2008 dichiarava ammissibile l’opposizione tardiva, revocava il d.i., rigettava la domanda di pagamento nei confronti di TIZIO e provvedeva al regolamento delle spese. Avverso la detta sentenza la BANCA, ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso TIZIO
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve soffermarsi l’attenzione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente, sulla base del rilievo che la procura speciale stesa in calce all’atto reca testualmente “BANCA DOTT.(OMISSIS)“, la firma dello stesso, l’autentica sottoscritta dai due difensori, senza contenere l’indicazione della qualità e dei poteri rappresentativi del procuratore.
L’eccezione è infondata ove si consideri che nella intestazione del ricorso (cfr pag.2) l’atto di investitura del procuratore è stato espressamente menzionato con specifica degli estremi e del contenuto (procura, a firma del dr. (omissis)., dalla banca ai propri funzionari in data 25.9.2007 rep. n.26477 e racc. n.8287 del notaio(omissis) di Roma).
Tale documento, che è stato altresì prodotto in giudizio (doc. 6), costituisce una procura in via continuativa ad intervenire in rappresentanza della Banca in tutti gli atti previsti e specificati nell’allegato A del medesimo atto, in cui è espressamente previsto che al procuratore veniva conferito, con firma singola, tra gli altri, il potere di “….nominare avvocati e revocarli, conferendo ad essi mandati generali o speciali alle liti per rappresentanza e difesa in tutti i gradi del giudizio, compresa la Corte di Cassazione…”.
Ora, è appena il caso di sottolineare che, a fronte di tale allegazione, risultante dal documento in atti, competeva all’eccipiente fornire la relativa prova negativa, onere che nella specie non è stato minimamente assolto.
Ne deriva l’infondatezza della eccezione proposta.
Passando all’esame delle doglianze proposte dalla ricorrente, va osservato che con la prima censura, deducendo l’omessa – insufficiente motivazione in merito ad un fatto decisivo per il giudizio, la società ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello ritenuto ammissibile l’opposizione tardiva del TIZIO sulla base di una pretesa illegittimità della notifica eseguita ad un indirizzo diverso rispetto a quello di residenza.
La notifica avrebbe dovuto essere invece considerata corretta in quanto avvenuta presso l’effettiva dimora del TIZIO, appresa tramite un’agenzia investigativa. Inoltre, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente sul fatto decisivo che l’indirizzo presso cui fu eseguita la notifica coincideva con quello dell’abituale dimora.
Con la seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n.890 del 1982, art.7, artt.149 e 160 cpc, e art.2697 cc, in relazione all’art.360 cpc, comma 1, n.3, la ricorrente ha censurato l’interpretazione dell’art.7, sopra citato, datane dalla Corte d’Appello, quando ha ritenuto l’illegittimità della notifica eseguita previa consegna al custode dello stabile, non essendo quest’ultimo paragonabile al portiere o comunque ad altra persona vincolata da un rapporto di lavoro continuativo e comunque tenuta alla distribuzione della posta.
Con la terza doglianza, svolta per violazione e falsa applicazione dell’art.650 cpc, la ricorrente ha lamentato l’erroneità della decisione nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno ritenuto l’ammissibilità dell’opposizione tardiva sulla sola base della pretesa irregolarità della notifica senza che fosse necessario dimostrare, da parte dell’opponente, che la mancata tempestiva conoscenza dell’ingiunzione fosse dipesa da tale vizio.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, meritano attenzione.
A riguardo, torna opportuno premettere che le ragioni della ritenuta ammissibilità dell’opposizione tardiva, proposta dal TIZIO, sono state fondate dalla Corte di Appello, sul rilievo che, come risultava dal certificato anagrafico del Comune di (OMISSIS) rilasciato il 17.2.1995, TIZIO all’epoca risiedeva in quel Comune dal 26.10.1984, proveniente da (OMISSIS), con la conseguenza che la notifica del decreto ingiuntivo, effettuata il 19.7.1994 a mezzo del servizio postale in via (OMISSIS), era avvenuta presso un luogo diverso dalla sua residenza.
L’atto inoltre era stato consegnato a mani di persona qualificatasi come custode del palazzo, addetto in quanto tale solo alla salvaguardia dell’immobile e non anche, salvo prova contraria, alla ricezione e distribuzione della corrispondenza.
Le ragioni, poste dalla Corte di merito a base della decisione, non meritano di essere condivise. Invero, a riguardo, mette conto di rilevare, in primo luogo, che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche (Cass. n.19132/04,n. 11562/03, 4829/79, 4705/89), assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale (Cass. 12303/08).
Pertanto, le risultanze anagrafiche possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento, come ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio (Cass. 24422/06) ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario (Cass. 5715/02, 3262/05, 11562/03, 17504/03).
Nel caso di specie, la società ricorrente aveva prodotto nel giudizio di primo grado due documenti, il cui contenuto è stato opportunamente trascritto nel ricorso in esame nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, da cui emergevano elementi presuntivi contrastanti con le risultanze anagrafiche.
In particolare, la società ricorrente aveva prodotto una relazione di un’agenzia informativa (doc. 1) del 20 gennaio 1994, in cui era riferito che TIZIO, pur avendo la residenza anagrafica in (OMISSIS), al momento, abitava di fatto a (OMISSIS), ove poi l’atto fu ricevuto dal custode dell’immobile; aveva inoltre prodotto una lettera, mai disconosciuta, indirizzata allo studio OMISSIS, in cui il Dott. Procuratore, su incarico del debitore, avanzava la richiesta dell’invio di alcuni documenti; ciò, dopo aver riconosciuto – ed è questo il profilo decisivo – che a TIZIO era stato notificato sin dal luglio 1994, in tempo per proporre un’opposizione tempestiva all’ingiunzione notificatagli il decreto ingiuntivo, che poi sarebbe stato oggetto di opposizione tardiva.
Ora, a fronte di tale quadro indiziario dedotto a confutazione della pretesa ammissibilità dell’opposizione tardiva, proposta dal TIZIO, era obbligo del giudice di merito valutare questi elementi e spiegare perchè non potessero essere ritenuti sufficienti. Al contrario, la Corte territoriale colpevolmente si è ben guardata dal farlo ed ha omesso di provvedere alla necessaria confutazione delle considerazioni svolte dall’appellata. Ne consegue che nella specie l’omesso compimento degli accertamenti volti a verificare la fondatezza delle circostanze indiziarie emergenti dalla documentazione richiamata, non solo inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito ma ne determina altresì la sua censurabilità.
Ciò, anche in considerazione del fatto che, ai fini della legittimità della opposizione tardiva a decreto ingiuntivo non è sufficiente l’accertamento della irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, ma occorre altresì la prova – il cui onere grava sull’opponente – che a cagione della nullità l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del decreto e non è stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.
Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, meritano pertanto di essere accolte le censure in esame, in esse assorbita l’ultima doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli artt.2697, 2710 e 1832 cc, nonché della motivazione omessa ed insufficiente, con cui la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato che l’estratto conto certificato dal notaio, prodotto in sede monitoria, ha piena efficacia probatoria del credito azionato, in assenza di comprovate contestazioni da parte del debitore ed essendo decorso il termine per l’impugnazione ai sensi dell’art.1832 cc.
La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti, con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
PQM
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2013
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Numero Protocolo Interno : 320/2013