ISSN 2385-1376
Testo massima
In caso di contrasto tra le risultanze delle visure camerali ed il certificato di residenza hanno prevalenza i dati emergenti dall’anagrafe per cui la prima notifica deve essere effettuata presso la residenza anagrafica e poi successivamente in tutti i luoghi ove il destinatario dell’atto ha la residenza EFFETTIVA, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate dalla prova contraria, che può essere desunta da qualsiasi fonte di convincimento.
Cosi si è pronunziata la Corte di Cassazione, sezione prima in data 06/06/2013 con la sentenza n.14338, che ha accolto il ricorso proposto dal liquidatore di una società fallita che lamentava la violazione del principio del contraddittorio e la falsa applicazione degli artt. 115, 139 e 145 cpc, degli artt. 2697 e 2700 cc in merito alla notifica del ricorso di fallimento.
In particolare, nel caso esaminato dalla Corte, il ricorso era stato notificato al liquidatore di una società di capitali “a mani della madre..autorizzata al ritiro
nella qualità indicata in atti” secondo le risultanze della visura camerale.
La Corte di Appello aveva considerato valida la notifica eseguita al liquidatore, ritenendo la stessa avvenuta nella “residenza” del liquidatore, quale risultante dalla visura camerale prodotta, e che la relata di notifica, non impugnata con querela di falso, nè contrastata da alcuna prova, attestava che la madre del notificando, con questi non convivente, era autorizzata al ritiro, da cui la presunzione di sollecita consegna dell’atto al figlio, sulla base del rapporto di solidarietà connesso al vincolo familiare ed al dovere giuridico conseguente all’accettazione della notifica, come ritenuto dalla giurisprudenza. Inoltre, la Corte ha attribuito alla indicazione dell’indirizzo del liquidatore della società, quale risultante dalla visura camerale, a la valenza di dichiarazione assistita dalla particolare pubblicità verso i terzi, che pertanto sarebbero esonerati dal controllo della veridicità del fatto dichiarato.
La decisione è stata censurata dalla Suprema Corte, che ha statuito che, ai fini della determinazione del luogo di residenza, bisogna tenere conto della RESIDENZA EFFETTIVA del destinatario dell’atto, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate dalla prova contraria, che può essere desunta da qualsiasi fonte di convincimento, come la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio (così tra le più recenti, la pronuncia 24422/2006, nonché le pronunce 3982/1998, 2230/1998, 2143/1995).
Nella specie, non avendo tentato preventivamente la notifica presso la residenza del liquidatore, così come risultante dai certificati anagrafici, la predetta è stata considerata nulla, con la conseguente irrilevanza delle risultanze della Camera di commercio, che indicavano un diverso indirizzo del soggetto.
In conclusione al fine di non incorrere in errore la notifica può cosi essere effettuata:
1).sede legale società;
2).residenza anagrafica rilasciata dal Comune;
3).residenza risultante dalle visure camerali;
4).notifica ex art. 143 cpc .
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12411/2011 proposto da:
TIZIO D.S.G. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di EX SOCIO E LIQUIDATORE DELLA GIALLO SRL
– RICORRENTE –
contro
CREDITORE G.G.
FALLIMENTO GIALLO SRL IN LIQUIDAZIONE
– CONTRORICORRENTI –
avverso la sentenza n. 44/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/04/2011;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 4/4/2011, ha respinto il reclamo proposto da TIZIO, già socio e liquidatore della GIALLO SRL IN LIQUIDAZIONE, avverso la sentenza del Tribunale di Nola del 25/11/2010, dichiarativa del fallimento di detta società.
La Corte del merito ha respinto l’eccezione di nullità della notifica del ricorso per fallimento e del pedissequo decreto di fissazione d’udienza, atteso che il creditore istante, dopo la notifica presso la sede della GIALLO SRL IN LIQUIDAZIONE, che era risultata chiusa, aveva proceduto alla notificazione presso la residenza del liquidatore, come risultante dalla visura camerale;
l’atto era stato notificato presso detto indirizzo “a mani della madre R.A. autorizzata al ritiro da D.S.G., nella qualità indicata in atti”.
Il reclamante aveva negato che la madre, non convivente, fosse autorizzata al ritiro, ma di ciò non aveva fornito prova.
Osserva la Corte del merito che l’accettazione della copia da parte della madre deve far presumere la sollecita consegna dell’atto al figlio, in base al rapporto di solidarietà connesso al vincolo familiare ed al dovere giuridico conseguente all’accettazione della notifica; a nulla rileva che il TIZIO abbia fissato dal 1997 la propria residenza in luogo diverso da quanto dichiarato alla Camera di Commercio all’atto della iscrizione della nomina a liquidatore, essendo la pubblicità prevista a tutela del terzo, che quindi non è tenuto a verificare la veridicità di tale dichiarazione.
Nel merito, il reclamo è stato ritenuto infondato, per non avere il reclamante eccepito e provato il possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità ed anzi, dall’ultimo bilancio depositato nel 2008, risultavano superate le soglie di legge; dalla relazione del Curatore L. Fall., ex art.33, prodotta dal creditore, risultavano debiti per Euro 1.140.131,10 e che il bilancio non rispecchiava la situazione reale; inoltre, la sede sociale risultava abbandonata, la società non aveva ottemperato all’obbligo di deposito delle scritture contabili, nè depositato il bilancio relativo al 2009, ed il liquidatore, senza terminare le operazioni di liquidazione, aveva cancellato la società poco prima della dichiarazione di fallimento del 25/11/2010.
Ricorre il TIZIO sulla base di un unico articolato motivo.
Il Fallimento e G.G. hanno depositato controricorso.
Il TIZIO ed il Fallimento hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Con l’unico articolato motivo, il TIZIO, già socio e liquidatore della GIALLO SRL denuncia vizio di violazione e falsa applicazione degli artt.115, 139 e 145 cpc, degli artt. 2697 e 2700 cc; vizio di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa fatto decisivo per il giudizio in ordine alla valutazione delle prove documentali; nullità della sentenza e del procedimento ex art.360 cpc, n. 4, per violazione del principio del contraddittorio ex art.101 Cost., e del diritto di difesa, avendo l’irregolare ed irrituale notifica del ricorso di fallimento comportato la mancata instaurazione del contraddittorio con conseguente nullità della sentenza impugnata.
Il ricorrente evidenzia di avere dal (OMISSIS) residenza in (OMISSIS), ed abitazione dal (OMISSIS) in via (OMISSIS); che tale residenza è effettiva, che la madre non è presente nello stato di famiglia e risiede in (OMISSIS); che nel verbale di messa in liquidazione della società, con contestuale nomina del TIZIO. a liquidatore, non è indicata la residenza in (OMISSIS), non giustificandosi l’erronea indicazione riportata nella visura camerale, conseguente alla trasmissione per via telematica da parte del notaio rogante del verbale di messa in liquidazione, e che nella medesima visura camerale, a pag. 5 “Soci e titolari di diritti su quote e azioni”, si legge “proprietà…TIZIO … Domicilio del titolare o rappresentante comune (OMISSIS)“.
Nè nell’atto di acquisto di quote societarie, la residenza era indicata in Napoli, e la Corte d’appello non ha considerato le dichiarazioni rese dalla madre del ricorrente nella pur inammissibile costituzione in sede fallimentare.
Secondo il ricorrente, le risultanze camerali non hanno valenza costitutiva ma dichiarativa, e nel caso vi è stato il mancato rispetto dell’art.139 cpc.
2.1.- Il ricorso va accolto.
In primis, vanno disattese le eccezioni preliminari di carenza di legittimazione attiva e di carenza di interesse in capo al ricorrente, quale liquidatore della società.
Ed invero, secondo l’indirizzo di questa Corte, come espresso nella pronuncia 22547/2010 (e conformi la successiva 8455/2012, nonchè la recentissima pronuncia delle Sezioni unite 6070/2013), in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poichè, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società, ai sensi dell’art.2495 cc (novellato dal D.Lgs. n.6 del 2003), nondimeno entro il termine di un anno da tale evento è ancora possibile, ai sensi della L. Fall., art.10, che la società sia dichiarata fallita se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, tenuto conto che, in generale, tale mezzo di impugnazione è esperibile, L. Fall., ex art.18, da parte di chiunque vi abbia interesse.
Va altresì respinta l’eccezione di carenza di interesse, atteso che, dovendosi valutare l’interesse ad agire ex art.100 cpc, alla stregua del mezzo proposto, ove ritenuto sussistente il vizio di contraddittorio denunciato in ricorso, ne conseguirebbe la nullità della notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento, e quindi rimarrebbero travolti tutti gli atti successivi, sino alla pronuncia di fallimento, sì che non potrebbe in alcun modo ritenersi la persistenza delle statuizioni di merito della pronuncia, così travolta.
Nei fatti, risulta che il ricorso per fallimento con il pedissequo decreto di fissazione d’udienza al 10/11/2010 è stato notificato ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, e dell’art.139 cpc, al TIZIO, quale liquidatore della GIALLO SRL in liquidazione “residente in (OMISSIS)” e la relata di notifica attesta la consegna avvenuta il 17/7/2010 “a mani della madre R.A. autorizzata al ritiro di D.S. G. nella qualità indicata in atti”.
Nel reclamo, il ricorrente aveva contestato di avere mai avuto conoscenza del ricorso per fallimento e che quindi vi era stata ab initio la violazione del principio del contraddittorio; la Corte d’appello ha considerato valida la notifica eseguita al liquidatore, ritenendo la stessa avvenuta nella “residenza” del TIZIO, quale risultante dalla visura camerale prodotta, e che la relata di notifica, non impugnata con querela di falso, nè contrastata da alcuna prova, attestava che la madre del notificando, con questi non convivente, era autorizzata al ritiro, da cui la presunzione di sollecita consegna dell’atto al figlio, sulla base del rapporto di solidarietà connesso al vincolo familiare ed al dovere giuridico conseguente all’accettazione della notifica, come ritenuto dalla giurisprudenza.
Ciò posto, si deve rilevare il vizio di fondo dell’argomentazione della Corte del merito, consistente nell’avere attribuito la valenza di “residenza” all’indicazione risultante dalla visura camerale.
L’art.145 cpc, comma 1, secondo periodo, (aggiunto dalla L. n.263 del 2005, art. 1, a decorrere dal 1 marzo 2006) dispone che la notificazione alle persone giuridiche può essere eseguita a norma degli artt.138, 139 e 141 cpc, “alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”.
L’art.139 cpc, al comma 1, dispone: “Se non avviene nel modo previsto dall’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio“, ed al comma 6: “Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e,se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti”.
Per giurisprudenza costante, ai fini della determinazione del luogo di residenza, bisogna tenere conto della residenza effettiva del destinatario dell’atto, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate dalla prova contraria, che può essere desunta da qualsiasi fonte di convincimento, come la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio (così tra le più recenti, la pronuncia 24422/2006, nonchè le pronunce 3982/1998, 2230/1998, 2143/1995).
Nella specie, dalla documentazione in atti (cert. di residenza), esaminabile alla stregua del vizio di nullità denunciato, risulta che il TIZIO era residente in (OMISSIS), ed in tale luogo sarebbe dovuta avvenire in prima battuta la notifica dell’atto; ed infatti, specificamente la pronuncia 1753/2005 si è espressa nel senso che, poichè l’ordine dei luoghi indicati dall’art.139 cpc, commi 1 e 6, per la notifica – se non possibile in mani proprie, ai sensi dell’art.138 cpc – è in successione preferenziale, soltanto se la residenza e il domicilio del destinatario sono nello stesso luogo la notifica può effettuarsi alternativamente nell’una o nell’altro; se invece i rispettivi luoghi sono diversi, la notifica nel domicilio è nulla, se la residenza non è ignota.
Secondo la Corte d’appello, invece, la residenza del liquidatore ove è stata effettuata la notifica sarebbe stata correttamente individuata alla stregua della diversa indicazione risultante dal certificato camerale, in quanto tale luogo era stato indicato dal TIZIO stesso. Tale argomento non è condivisibile, atteso che, secondo l’art.139 cpc, come interpretato dalla giurisprudenza, è possibile superare la risultanza anagrafica, solo sul rilievo, provato, della diversa residenza effettiva, controeccezione che non è mai stata avanzata nel presente giudizio.
V’è un’altra osservazione da fare: la Corte d’appello ha attribuito alla indicazione dell’indirizzo del TIZIO quale risultante dalla visura camerale prodotta la valenza di dichiarazione assistita dalla particolare pubblicità verso i terzi, che pertanto sarebbero esonerati dal controllo della veridicità del fatto dichiarato.
L’argomento è ripreso e sviluppato nel presente giudizio dalla difesa del controricorrente CREDITORE, che richiama l’art.2487 cc, e conclude nel senso che, essendo stato dichiarato dal D.S. il domicilio collegato alla funzione di liquidatore, in tale luogo doveva essere effettuata la notificazione.
A riguardo, è sufficiente rilevare che, anche a ritenere sottoposti i liquidatori a disciplina analoga a quella degli amministratori di s.p.a., ex art.2383 cc, comma 4, espressamente richiamato per le s.r.l. dall’art.2475 cc, comma 2, e quindi che i liquidatori all’atto della nomina debbano indicare anche il domicilio (indicazione non prevista dall’art.2487 bis cc), da cui l’applicazione del regime di pubblicità di cui all’art.2448 cc, si tratta appunto di domicilio, a cui il terzo potrebbe fare riferimento per la notifica, solo nel caso di residenza non nota.
Alla stregua di detto rilievo, e della parziale diversità in fatto, si ritiene di non poter seguire l’orientamento espresso dalla recente pronuncia 22753/2012, peraltro isolata, che ha ritenuto valida la notifica eseguita al liquidatore presso la residenza da questi resa nota ai terzi mediante iscrizione al registro delle imprese, in difetto di iscrizione della variazione della residenza, così estendendo l’efficacia della pubblicità iscrizionale ex art.2193 cc.
La Corte del merito, partendo dal presupposto, erroneo, come si è già detto, della notifica avvenuta nel luogo di residenza, ha applicato l’orientamento secondo il quale, in tale ipotesi, opera la presunzione di consegna, di cui all’art.139 cpc.
Non può operare pertanto nel caso la presunzione di consegna dell’atto dalla madre al figlio, nè si vede come a riguardo possa attribuirsi valenza presuntiva al comportamento processuale tenuto dalla R.A. nel giudizio avanti al Tribunale di Nola, intervento ritenuto inammissibile.
3.1.- La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio.
Poichè per la rilevata nullità della notificazione del decreto di fissazione d’udienza il Giudice del reclamo avrebbe dovuto rimettere la causa al primo Giudice ex art.354 cpc, ricorrono le condizioni ex art.383 cpc, comma 3, perché, previa cassazione anche della sentenza di primo grado, questa Corte disponga la rimessione al Tribunale di Napoli, in diversa composizione.
Alla stregua della particolarità della fattispecie e dell’esistenza di precedente non conforme, si reputa di compensare tre le parti le spese del giudizio di merito e del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa composizione; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio, di merito e di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013
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Numero Protocolo Interno : 341/2013