ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ nulla la notificazione dell’atto giudiziario effettuata nella sede di lavoro del destinatario non a mani proprie e nel caso di pubblici dipendenti non è possibile derogare a tale regola mediante notifica a persona addetta all’ufficio. La notificazione di un atto giudiziario, ex art. 139 c.p.c., presso il luogo ove l’interessato lavori alle dipendenze di altri, deve avvenire a mani proprie, potendosi derogare a questa regola solo in presenza di un ufficio “creato, organizzato e diretto per la trattazione degli affari propri” dal medesimo interessato e tale non può essere certamente considerato un ufficio pubblico.
Questo è il principio ribadito dal Consiglio di stato con sentenza n. 3735 del 16 luglio 2014.
In particolare, nel caso di specie, il Tar per il Lazio dichiarava irricevibile il ricorso di Tizio contro il provvedimento con cui Caio veniva nominato procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Tale ricorso veniva rigettato in quanto, dopo aver esperito il tentativo di notificare il ricorso a mezzo posta, la notificazione dello stesso avveniva nelle mani di altro cancelliere presso l’ufficio della procura della Repubblica, non essendo possibile comunicare i dati personali di Caio, a causa della funzione svolta all’interno dell’ufficio stesso. Tuttavia, l’atto non risultava consegnato al destinatario Caio, il quale non si costituiva in giudizio, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso per nullità della notificazione.
Secondo il tribunale, l’atto avrebbe dovuto essere notificato ai sensi dell’art. 143 c.p.c., che disciplina la materia della notificazione agli irreperibili.
In sede di appello, il Consiglio di Stato conferma il principio di diritto già affermato in precedenza secondo il quale: “La notificazione di un atto giudiziario, ex art. 139, presso il luogo ove l’interessato lavori alle dipendenze di altri, deve avvenire a mani proprie, potendosi derogare a questa regola solo in presenza di un ufficio ‘creato, organizzato e diretto per la trattazione degli affari propri’ dal medesimo interessato”, quindi, solo qualora si tratti di un ufficio privato.
Tuttavia, nel caso in esame, il Consiglio ha evidenziato l’inapplicabilità dell’art. 143
c.p.c., dal momento che non vi era un’assoluta mancanza di conoscenza della
residenza, dimora o domicilio, bensì un’impossibilità di acquisire tali dati
per questioni di riservatezza legate al ruolo ricoperto dal soggetto
all’interno dell’ufficio.
Al contrario, si è sostenuta invece l’applicabilità dell’art. 44 comma 4 c.p.a.
secondo cui “nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario
non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l’esito negativo
della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al
ricorrente un termine perentorio per rinnovarla” e dell’art. 151 c.p.c., il
quale prevede che il giudice può disporre che la notificazione sia eseguita in
modo diverso da quello stabilito dalla legge, proprio al fine di tutelare
esigenze di riservatezza del destinatario.
Testo del provvedimento
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