La notificazione di un atto può dirsi inesistente, e quindi affetta da vizio non sanabile, nei soli casi in cui manchino gli elementi costitutivi essenziali che la fanno qualificare come tale; in tutti gli altri casi, essa è affetta da semplice nullità, sanabile per raggiungimento dello scopo a seguito della costituzione della parte destinataria, anche se fatta dichiaratamente al solo fine di far rilevare la nullità , ovvero in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice. In particolare, integra un semplice vizio di nullità sanabile nelle forme viste il vizio attinente all’individuazione del luogo in cui la notificazione deve essere eseguita, che non è elemento essenziale della notificazione stessa anche se privo di alcun collegamento col destinatario.
L’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità; tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.
A differenza del contratto di fideiussione, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, tutelando l’interesse all’esatto adempimento della relativa prestazione, il contratto autonomo di garanzia (cosiddetto “G.”) ha la funzione di tenere indenne, mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, avendo come causa concreta quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla detta mancata esecuzione.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Latina, Giudice Alfonso Piccialli, con la sentenza n. 607 del 17 marzo 2020.
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