Testo massima
La
presunzione di ricezione di cui all’art. 139 c.p.c., comma 2, in caso di
consegna dell’atto a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o
all’azienda, presuppone che la notifica sia stata chiesta ed effettuata presso
l’abitazione del destinatario.
Di
conseguenza, la notifica effettuata nel Comune di residenza del destinatario,
ma nel diverso luogo di abitazione di un parente stretto, che abbia ricevuto l’atto
in tale qualità, è invalida a fronte della prova contraria fornita dal destinatario
dell’atto.
Questi i principi affermati dalla Corte di
Cassazione, Sezione Sesta, Pres. Petitti – Rel. Parziale, con sentenza n.7830, depositata
in data 17.04.2015.
Nel caso in esame, veniva proposto ricorso
per cassazione avverso la sentenza del Tribunale, confermativa di quella di
primo grado del Giudice di Pace, che aveva rigettato l’impugnazione di una
cartella esattoriale. In particolare, il ricorrente deduceva l’invalidità
dell’impugnata cartella, dal momento che la notifica del relativo verbale di
infrazione al C.d.S., era avvenuta non già presso la propria abitazione, quanto
piuttosto presso quella della madre, da cui lo stesso si era trasferito, come
da certificato storico di residenza, precedentemente alla notifica stessa.
Il Giudice di primo grado aveva posto a
fondamento della propria pronuncia il rilievo che “il verbale impugnato era stato notificato ad un familiare convivente
del ricorrente ai sensi dell’art. 139 c.p.c.“. Il Tribunale confermava la
regolarità della notifica, posto che “la
consegna dell’atto da notificare a persona di famiglia, giusto disposto
dell’art. 139 c.p.c., non postula l’ulteriore requisito della convivenza del
familiare con il destinatario dell’atto, risultando all’uopo sufficiente
l’esistenza di un vincolo di parentela o di sangue che giustifichi la
presunzione di consegna dell’atto al destinatario stesso“.
La Suprema Corte, rilevato che il
ricorrente avesse dedotto e provato, fin dal primo grado del giudizio, che la
sua residenza anagrafica fosse in luogo diverso da quello della residenza della
madre, che aveva ricevuto la notifica come familiare convivente, ha ritenuto
non riconducibile al caso di specie la
presunzione di ricezione ex art. 139 c.p.c., presupponendo tale norma “che la notifica sia stata richiesta ed
effettuata presso l’abitazione del destinatario“.
In sintesi, la Corte, richiamando un
precedente del 1996 (sent. n.3403), ha ribadito che “la qualifica di convivente, che pur si legge nella relazione di
notifica, è chiaramente superata dalla prova contraria fornita dal ricorrente
che, dimostrando che alla data della relata già risiedeva, ed ancor oggi
risiede, in luogo diverso da quello in cui è stata eseguita la notificazione,
ha nel contempo fornito la prova certa che egli non convivesse, né convive, con
il padre“.
In conclusione, la Cassazione, accertando
l’invalidità della notifica, ha accolto il ricorso, cassato la sentenza di
appello e statuito nel merito, annullando la cartella impugnata quanto al
verbale in questione.
Per approfondimenti in materia di
notificazioni, si rinvia agli ulteriori contributi pubblicati in Rivista.
Testo del provvedimento
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