ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, con sentenza n.20307 del 20/11/2012, si è pronunciata in materia di notificazioni precisando che la notifica deve ritenersi validamente effettuata presso il recapito dell’avvocato, in luogo del domicilio eletto, se a ritirarla è un soggetto che si definisce “collaboratore dello studio”.
La vicenda trae origine da uno sfratto per morosità con consequenziale richiesta di risoluzione del contratto che veniva respinta in primo grado e avverso la quale veniva proposto appello, nel corso del quale restava contumace l’appellata.
Proposto ricorso per cassazione, la ricorrente addebitava alla Corte di non aver rilevato la nullità della notificazione dell’atto di appello in quanto non era stato notificato nel domicilio eletto presso il suo difensore per il giudizio di primo grado.
In particolare, la sentenza dell’atto di appello, era stata indirizzata e notificata al difensore, pur se in luogo diverso da quello corrispondente al domicilio eletto nel giudizio di primo grado, e ritirato da un soggetto che si qualificava “collaboratore di studio”.
La Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso affermando che, la parte rimasta contumace è tenuta a dimostrare non solo la causa di nullità della notificazione, ma anche che a causa di quel vizio non ha avuto conoscenza dell’atto e del conseguente processo.
Inoltre, precisa la Corte, la notificazione è da ritenersi inesistente, nei casi in cui sia priva dei requisiti minimi per poter produrre un qualsiasi effetto, sostanziale o processuale, fra cui rientra il caso in cui la copia dell’atto sia stata notificata in luogo ed a persona che non presenta alcun collegamento con il destinatario.
Diversamente, nel caso di specie, dalle risultanze istruttorie risultava evidente che l’atto impugnato era stato effettivamente indirizzato al difensore, anche se in luogo diverso da quello corrispondente al domicilio eletto nel giudizio di primo grado, e ritirato dal “collaboratore di studio”.
Pertanto, nel caso in esame, vi era un collegamento tra il luogo in cui la notifica era stata eseguita e la persona del destinatario e che, inoltre, è da presumere che chi aveva ritirato l’atto, seppure non più collaboratore, fosse in grado di avvertire il diretto interessato dell’avvenuta notifica tale da renderlo edotto dell’atto di appello e del conseguente giudizio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6669-2007 proposto da:
C.E.;
RICORRENTE
contro
CA.GI.;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 786/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 16/09/2005, R.G.N. 261/2004;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 22.11.2001 Ca.Gi., locatore, ha intimato ad C.E. sfratto per morosità dall’immobile locato a decorrere dal gennaio 1997 e, nel giudizio di convalida, ha chiesto la risoluzione del contratto ed il pagamento dei canoni arretrati per l’importo di L. 24.000.000.
L’intimata ha proposto opposizione, ammettendo il mancato pagamento solo a decorrere dal gennaio 2001 ed offrendo quanto dovuto da tale data.
Esperita l’istruttoria, il Tribunale di Lanciano, sez. dist. di Atessa, con sentenza n. 6/2003, ha dichiarato sanata la morosità ed ha respinto la domanda di risoluzione del contratto.
In data 30.4.2004 la conduttrice ha rilasciato l’immobile.
Il Ca. ha proposto appello, insistendo per l’accoglimento della sua domanda di pagamento dei canoni arretrati dal 1997 e l’appellata è rimasta contumace.
Con sentenza n. 786/2005, depositata il 16 settembre 2005, la Corte di appello di L’Aquila ha condannato la C. a pagare al Ca. Euro 9.916,00 a titolo di canoni arretrati, oltre interessi legali a decorrere dalle singole scadenze.
La sentenza è stata notificata all’appellata in forma esecutiva il 29 novembre 2006, unitamente ad atto di precetto per l’importo complessivo di Euro 12.614,60.
Con atto notificato il 15 febbraio 2007 ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, la C. ha proposto ricorso per cassazione.
Resiste l’intimato con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo, denunciando violazione dell’art.330 cpc, la ricorrente addebita alla Corte di appello di non avere rilevato la nullità della notificazione dell’atto di appello, disponendone la rinnovazione ai sensi dell’art.291 cpc, considerato che l’atto non è stato ad essa notificato nel domicilio eletto presso il suo difensore per il giudizio di primo grado, avv. G., con studio in Corso Garibaldi 27, Paglieta (CH), bensì in Atessa, C. da Piazzano n. 66, luogo con cui essa non ha alcun collegamento, e che l’atto è stato ritirato da certo D.F., non più collaboratore dell’avv. Graziani alla data della notificazione.
Deduce conseguentemente di non avere mai avuto notizia dell’atto di appello, nè della pendenza del successivo giudizio.
2.- Debbono essere preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dal resistente ai sensi dell’art.366-bis cpc, art.366 cpc, nn.3, 4 e 6 e art.360 cpc.
L’art.366 bis, circa l’obbligo della formulazione dei quesiti, non è applicabile al caso in esame, poichè si tratta di ricorso contro sentenza depositata in Cancelleria il 16 settembre 2005, non soggetta all’applicazione del nuovo art.366 bis, applicabile solo ai ricorsi contro sentenze pubblicate dopo il 1 marzo 2006 (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, artt. 6 e 27).
Quanto ai requisiti di autosufficienza del ricorso di cui all’art.366 cpc, i fatti di causa sono stati esposti in termini sufficientemente chiari. Per di più la decisione richiede la soluzione di questioni processuali, in relazione alle quali la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e può direttamente accedere all’esame degli atti e documenti di causa.
3.- Quanto al merito delle censure, il resistente eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione tardiva, poichè la ricorrente non ha fornito la prova, gravante a suo carico, di non avere avuto notizia della notificazione dell’atto di appello e del conseguente processo, non essendo sufficiente allo scopo la mera deduzione di una causa di irregolarità della notificazione.
4.- L’eccezione è fondata.
Per poter proporre l’impugnazione tardiva di cui all’art.327 cpc, comma 2, la parte rimasta contumace è tenuta a dimostrare non solo la causa di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma anche il fatto che, a causa di quel vizio, essa non ha potuto acquisire conoscenza dell’atto e del conseguente processo.
Solo nei casi in cui la notificazione sia da ritenere del tutto inesistente la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume “iuris tantum”, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha avuto comunque conoscenza del processo (Cass. civ. S.U. 22 giugno 2007 n. 14570; Cass. civ. Sez. 5, 5 febbraio 2009 n. 2817). La notificazione è da ritenere inesistente, fra l’altro, nei casi in cui sia priva dei requisiti minimi per poter produrre un qualunque effetto, sostanziale o processuale, fra cui rientra il caso in cui la copia dell’atto sia rilasciata in luogo ed a persona che non presentino alcun collegamento con il destinatario (Cass. civ. 26 novembre 2004 n. 22293; Cass. civ. 11 giugno 2007 n. 13667. fra le tante).
Nella specie l’atto è stato indirizzato all’effettivo difensore della ricorrente, avv. Ernesto Graziani, pur se in luogo diverso da quello corrispondente al domicilio eletto per il giudizio di primo grado, ed è stato ritirato da certo D.F., qualificatosi come “collaboratore di studio” dell’avv. Graziani.
La stessa ricorrente ha ammesso che il D. aveva svolto la pratica forense presso il Graziani, pur se alla data della notificazione non frequentava più lo studio (Ricorso, pag. 9), e che all’indirizzo in Atessa, ove è stata richiesta ed eseguita la notificazione, vi era “un mero recapito telefonico” (Ricorso, pag.
5): recapito dell’avv. G., è da ritenere, altrimenti la frase non avrebbe senso. Tali circostanze, unite alla dichiarazione resa da colui che ha ritirato l’atto, qualificatosi come collaboratore di studio, inducono a concludere che nella specie vi era un collegamento fra il luogo in cui la notificazione è stata eseguita e la persona del destinatario; che è da presumere che il D., pur se non più collaboratore (contrariamente a quanto ha dichiarato nel ritirare l’atto), fosse in grado di avvertire l’interessato dell’avvenuta notifica e che quindi il difensore sia venuto a conoscenza dell’atto di appello e del conseguente giudizio. La ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova del contrario. Non avendovi provveduto, la notificazione dell’atto di appello è da ritenere regolare e l’impugnazione tardiva inammissibile.
5.- Considerata la natura della controversia; tenuto conto del fatto che la ricorrente è risultata vincitrice nel primo grado del giudizio e che l’irregolarità della notificazione dell’atto di appello può averle creato difficoltà, nel provvedere alla proprie difese, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
PQM
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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Numero Protocolo Interno : 103/2012