Qualora l’esecutato denunci con opposizione ex art. 617 c.p.c. la nullità della notificazione dell’atto di pignoramento, la proposizione di tale opposizione, in quanto indice della conoscenza dell’esecuzione, dimostra l’avvenuto raggiungimento dello scopo cui era preordinata la detta notificazione e comporta, quindi, la sanatoria della sua nullità, in applicazione dell’art. 156, ultimo comma, c.p.c.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. – 3, Pres. Frasca – Rel. D’Arrigo, con la sentenza n. 33466 del 17 dicembre 2019.
La vicenda nasce dall’opposizione agli atti esecutivi promossa da un debitore avverso due pignoramenti immobiliari, successivamente riuniti, con la quale veniva dedotta l’omessa notifica degli atti. Nel corso del giudizio, il debitore proponeva querela di falso avverso la relata di notifica del primo pignoramento.
All’esito del giudizio, il Tribunale rigettava l’opposizione rilevando che la querela di falso era stata proposta da un difensore sprovvisto di idonea procura speciale. Contro tale sentenza, il debitore interponeva ricorso per Cassazione, deducendo, fra l’altro, l’erroneità della decisione del giudice di merito in quanto quest’ultimo non aveva tenuto conto che la procura accedeva ad una dichiarazione depositata in udienza, tale da non lasciare adito a dubbi sul fatto che la procura fosse stata rilasciata proprio per la presentazione della querela di falso di cui si faceva riferimento in quella dichiarazione.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso sulla scorta dell’arresto giurisprudenziale dominante, secondo il quale “alla tempestiva opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore deduca la nullità della notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, consegue la sanatoria del vizio dedotto, applicandosi anche a tale ipotesi l’ultimo comma dell’art. 156 cod. proc. civ.”.
La funzione del pignoramento è – ex latere debitoris – quella di rendere edotto l’esecutato dell’avvio del processo espropriativo. Di conseguenza, l’opposizione in quanto indice della conoscenza dell’esecuzione iniziata, dimostra l’avvenuto raggiungimento dello scopo cui era preordinata la notificazione e comporta, quindi, la sanatoria della sua nullità, in applicazione dell’art. 156 c.p.c., ultimo comma.
Nel caso di specie, fra l’altro, gli Ermellini hanno ritenuto (sulla base di quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 149 del 20/07/2016), che la notifica non era da considerarsi radicalmente inesistente, tale da escludere la sanabilità, in quanto essa si configura “in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono:
a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato;
b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa”.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
NOTIFICA PRECETTO: VIZIO SANABILE PER RAGGIUNGIMENTO SCOPO OVE SIA PROVATA CONOSCENZA ATTO ANTE PIGNORAMENTO
DEVE CONSENTIRE A INTIMATO DI POTER ADEMPIERE SPONTANEAMENTE PER EVITARE ESECUZIONE
Sentenza | Cassazione Civile, sez. terza Pres.Vivaldi – Rel.D’Arrigo | 16.10.2017 | n.24291
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