La c.d. Riforma Cartabia è intervenuta al fine di incrementare l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, andando a modificare ed integrare le norme relative alla materia dell’esecuzione forzata.
Tale intervento ha conseguentemente comportato una rilevante riforma del processo civile anche con riguardo a quello di Cassazione.
Nell’ambito della Riforma in parola sono state introdotte norme che potrebbero essere definite “trasversali”, come l’estensione e il rafforzamento del processo civile telematico ovvero l’accentuazione della “dimensione valoriale” del processo, sottolineando il ruolo fondamentale dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti e di collaborazione tra le parti e il giudice.
Si tratta di modifiche importanti, finalizzate a garantire maggiore effettività alla tutela giurisdizionale in sede civile, sia attraverso la (auspicata) riduzione della durata dei procedimenti, sia consentendo di concentrare risorse ed energie nell’espletamento della funzione nomofilattica propria di una Corte Suprema.
In tale contesto è stato ritenuto necessario aggiornare e ricalibrare i vari Protocolli d’intesa intercorsi tra la Corte di Cassazione, la Procura Generale, l’Avvocatura Generale dello Stato e il Consiglio Nazionale Forense.
A tal fine è stato redatto un “nuovo” Protocollo destinato a ricomprendere e superare quelli siglati precedentemente tra le stesse parti manifestando la volontà comune di costruire insieme una prassi organizzativa e un’interpretazione condivisa di alcuni snodi altrimenti problematici delle modifiche normative, nella convinzione che il modo più efficace per produrre il cambiamento culturale richiesto dalla riforma sia quello del pieno e fattivo coinvolgimento di tutti i soggetti del processo sui quali ricade la comune responsabilità di farlo funzionare, e che nessuna significativa modifica del modo di essere e funzionare della Corte di Cassazione può prescindere dal consenso e dal contributo della classe forense.
La realizzazione di questo Protocollo, suscettibile di progressivi aggiornamenti è espressione della necessità – avvertita da tutti i sottoscrittori – di affrontare i temi di comune interesse con il metodo del confronto sui problemi e della condivisione degli obiettivi.
Di seguito si riporta una sintesi delle regole per la redazione degli atti individuate dalle parti che hanno provveduto a stilare il “Nuovo Protocollo”.
In particolare, per la redazione dei ricorsi per Cassazione è stato stabilito il seguente schema:
1. parte ricorrente
2. parte intimata
3. sentenza impugnata
4. codice materia
5. valore della controversia
6. parole chiave
7. sintesi dei motivi
8. svolgimento del processo
9. motivi di impugnazione
10. conclusioni
11. documenti da depositare ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.
Sono stati fissati i limiti dimensionali relativamente ad alcune parti del ricorso, in particolare per:
ricorso – motivi di impugnazione | (max 30 pagine) |
controricorsi e ricorsi incidentali | (max 30 pagine) |
memorie illustrative | (max 15 pagine) |
Dai limiti dimensionali indicati sono esclusi: a) l’intestazione; b) l’indicazione delle parti processuali, del provvedimento impugnato, dell’oggetto del giudizio, del valore della controversia, della sintesi dei motivi e delle conclusioni; c) l’elenco degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso; d) la procura in calce; e) la relazione di notificazione.
Sempre al fine di uniformare i modelli redazionali è stato indicato che il font degli atti dovrà essere di tipo corrente e di dimensioni di almeno 12 pt nel testo, con interlinea 1,5 e margini orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5.
L’eventuale riscontrata e motivata infondatezza delle motivazioni addotte per il superamento dei limiti dimensionali indicati, pur non comportando inammissibilità del ricorso (o atto difensivo), potrà essere valutata ai fini della liquidazione delle spese mentre l’uso di particolari tecniche di redazione degli atti, tali da agevolarne la consultazione e la fruizione al magistrato e alle altre parti del processo, potrà comportare l’aumento del compenso professionale, ai sensi dell’art. 4, comma I-bis, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
È stato precisato il contenuto del principio di specificità e localizzazione, che deve ritenersi rispettato quando:
1) ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di chiarezza e sinteticità previsti dal codice di rito;
2) nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.), con l’illustrazione del contenuto rilevante e la precisazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce;
3) nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati la fase processuale e il momento in cui è avvenuto il deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo;
4) siano depositati mediante allegazione nella busta telematica, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso.
Con la sottoscrizione del presente Protocollo cessano di avere validità i precedenti protocolli sottoscritti dalle medesime parti in materia civile.
Lo scopo del Protocollo è quello di costituire una prassi organizzativa e un’interpretazione condivisa delle modifiche normative, al fine di individuare regole generali di redazione del ricorso in Cassazione.
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