In materia di offerta fuori sede, l’applicabilità dell’art. 30 TUF ha come presupposto che il contratto sia concluso, ai sensi del comma 1 lett.a), in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o collocamento.
Il comma 6 della stessa disposizione, che prevede la sospensione della efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede, in modo tale da consentire l’esercizio del diritto di recesso da parte dell’investitore, si applica anche ai servizi di investimento relativi a negoziazioni per conto proprio, ma solo a decorrere dal 1 settembre 2013.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Bergamo, in persona del Giudice Chiara Mazzoni nella sentenza del 20.10.2021 n. 1816.
Nel caso di specie, una società citava in giudizio una banca lamentando la nullità del contratto derivato con essa concluso, per violazione dell’art. 30, comma 6, T.U.F.
Segnatamente, la disposizione in esame prevede la sospensione della efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede, in modo tale da consentire l’esercizio del diritto di recesso da parte dell’investitore, così come specificato dal secondo periodo.
L’attrice lamentava, in particolare, la mancata indicazione del c.d. diritto di ripensamento nei documenti contrattuali e pre-contrattuali.
Nel respingere la doglianza attorea, il Tribunale ha preliminarmente argomentato circa la necessità di indagare in concreto se l’operazione oggetto di causa fosse stata effettivamente stipulata “fuori sede”, ritenendo viceversa che nel caso di specie il contratto era stato concluso presso una delle sedi della Banca e che, peraltro, la documentazione contrattuale riportava comunque la corretta informativa di trasparenza.
Posta l’infondatezza nel merito della doglianza, il Giudice ha poi ricostruito la fattispecie anche in termini astratti, ricordando che la disciplina di settore è stata incisa significativamente dall’art. 59-quater del D.L. 69/2013, con il quale il Legislatore ne ha specificato l’applicabilità rispetto ai servizi di investimento aventi ad oggetto “negoziazioni per conto proprio” di cui all’art. 1 comma 5 T.U.F.: testualmente, la novella ha introdotto la precisazione secondo la quale “ferma restando l’applicazione della disciplina di cui al primo e al secondo periodo ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d), per i contratti sottoscritti a decorrere dal 1° settembre 2013 la medesima disciplina si applica anche ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettera a).”
Ha fatto notare il Tribunale che, precedentemente, era sorto un contrasto interpretativo in ordine al significato da attribuire alla locuzione “contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali” e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano proposto una interpretazione estensiva della nozione di collocamento, facendovi rientrare qualsiasi forma di vendita di strumenti finanziari, anche mediante trasmissione e ricezione di ordini, ritenendo sussistere anche in tali casi di offerta fuori sede la medesima finalità di protezione dell’investitore (Cass. S.U. n.13905/2013).
Il Legislatore invece, con la disposizione sopra indicata, ha chiaramente fatto proprio l’orientamento più restrittivo, fissando la decorrenza dell’estensione dell’applicazione dei primi due periodi dell’art. 30 comma 6 del T.U.F. anche ai servizi di investimento di cui all’articolo 1, comma 5, lettera a) (negoziazioni in contropartita diretta) al 1° settembre 2013.
In altri termini, la disposizione in esame “ha natura di norma di interpretazione autentica e quindi efficacia retroattiva” (il Giudice, sul punto, ha citato un precedente del medesimo Tribunale di Bergamo: sent. n. 825/2020).
Tale coerente ricostruzione ha portato il Tribunale a prendere le distanze dall’opposto orientamento elaborato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 7776/2014, poiché detta sentenza “nega l’esistenza di un contrasto interpretativo solo perché si sono pronunciate le sezioni unite della Corte di Cassazione, quando quell’intervento è stato ovviamente reso necessario proprio dal contrasto e ancora non si era formato alcun diritto vivente. Ma anche in tale ultima ipotesi, il principio di separatezza dei poteri non precluderebbe al legislatore di privilegiare una interpretazione difforme dal diritto vivente. Inoltre, la Corte Costituzionale ha più volte affermato che il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (v. sent. 271/2011). Nella stessa decisione la Corte ha indicato quali limiti della norma di interpretazione autentica quelli attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali, tra cui il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Nessuno di tali limiti risulta travalicato nel caso in esame, di modo che si deve conclusivamente affermare che, all’epoca dei fatti di causa, in materia di strumenti finanziari il diritto di recesso, e la conseguente nullità del negozio ove non contemplato, si applicava solo alle offerte fuori sede o a distanza relative al servizio di collocamento di strumenti di nuova emissione e ai contratti di gestione portafoglio” (v. Trib. Mi, sent. n. 10669/2018).
Calando i suesposti principi nel caso di specie, il Giudice ha osservato, dunque che, da un lato, i contratti relativi all’operazione per cui è causa erano stati tutti sottoscritti nel 2011 (e dunque antecedentemente alla sopra richiamata novella legislativa del 2013) e che, dall’altro lato, in ogni caso nel “Contratto di prestazione di servizi di investimento” veniva espressamente richiamata la disciplina relativa alla sospensione dell’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede.
Per tutte le considerazioni che precedono, l’eccezione di nullità del contratto di swap per violazione dell’art. 30 comma 6 T.U.F. è stata respinta.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
È da escludere l’effetto sorpresa quando la stipulazione del derivato si pone come ultima operazione in una complessa attività negoziale protrattasi nel tempo
Sentenza | Corte d’Appello di Milano, Pres. Rel. Meroni | 28.07.2020 | n.2003
INTEREST RATE SWAP: VALIDO ANCHE SE NON PREVEDE IL DIRITTO DI RECESSO EX ART. 30 TUF
IRRILEVANZA DELLA SOTTOSCRIZIONE DELLA BANCA
Sentenza Tribunale Di Torino, Dott. Luca Martinat 20-01-2016 N. 316
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