La mancata assegnazione alle parti, nonostante che esse non vi abbiano rinunciato, dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie non comporta la nullità ipso iure della sentenza qualora tra l’udienza di precisazione delle conclusioni e il deposito della stessa siano comunque intercorsi i termini sanciti dalla predetta disposizione.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Manna – Rel. Criscuolo, con l’ordinanza n. 34861 del 25 novembre 2022.
Nella specie, la Suprema Corte ha affermato che, pur in assenza di un’espressa rinuncia alla concessione dei termini, a fronte del silenzio serbato sul punto dalla Corte d’Appello, la parte avrebbe potuto fare affidamento sul termine di legge dettato dall’ art. 190 c.p.c., e quindi avrebbe potuto in ogni caso provvedere autonomamente al deposito degli scritti conclusionali.
Gli Ermellini hanno ritenuto che, pur essendo vero che la Corte d’appello ha riservato la causa in decisione senza formalmente assegnare i termini di cui all’ art. 190 c.p.c., nemmeno vi è stata un’espressa negazione degli stessi.
Inoltre, la deliberazione del Giudice di secondo grado è stata presa in data successiva alla scadenza dei termini di cui all’ art. 190 c.p.c., fatti decorrere dalla udienza di precisazione delle conclusioni.
L’omissione della parte, pertanto, unitamente al rilievo per cui la sentenza è stata deliberata in data successiva alla scadenza dei termini per il deposito degli scritti conclusionali, ha indotto la Suprema Corte a ritenere che la violazione dedotta fosse a sua volta manifestamente infondata non avendo la parte adeguatamente dimostrato l’effettivo pregiudizio derivante dalla violazione asseritamente commessa dalla Corte d’Appello.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente.
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