La mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza comporta che la parte interessata non può esperire gli ordinari mezzi di impugnazione, ma deve ricorrere alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss. c.p.c per ottenerne la quantificazione.
Anche nel caso in cui sia stato già proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza viziata da errore materiale, l’istanza di correzione non può essere proposta dinanzi alla Corte di legittimità, ma unicamente al Giudice del merito.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sez. Un., con la sentenza n. 16415 del 21.06.2018
Nell’ambito di un giudizio instaurato per la reintegra nel possesso di un passaggio pedonale, il Giudice, dopo aver dichiarato nella motivazione che le spese dovevano seguire la soccombenza, non aveva provveduto alla liquidazione delle stesse, pertanto, la parte interessata proponeva ricorso per cassazione avverso il detto provvedimento con un unico motivo, ovvero: omessa liquidazione dell’entità delle spese processuali.
La Seconda Sezione civile della Cassazione con l’ordinanza interlocutoria rimetteva gli atti al Primo Presidente al fine di valutare l’opportunità di demandare l’esame della controversia alle Sezioni Unite, sussistendo un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, al fine di chiarire se, a fronte di tale mancanza, debba farsi ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui all’art. 287 c.p.c. o esperire gli ordinari mezzi di impugnazione.
Il Primo Presidente rimetteva la questione alle Sezioni Unite.
La Suprema Corte, ha affermato che la giurisprudenza più recente ha posto in rilievo il fatto che l’errore materiale consiste in un difetto di corrispondenza fra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione nel provvedimento, purché questo sia evincibile dal confronto fra la parte inficiata dall’errore e le considerazioni contenute nella motivazione, per cui può dedursi che tale errore è dovuto ad una svista o a una disattenzione, escludendo quindi, ogni indagine sulla volontà del giudice.
In particolare la Corte Cass., sez. U. n.16037 del 2010, aveva ammesso la correzione materiale ex art. 287 c.p.c. per le statuizioni che avrebbero dovuto essere emesse dal giudice senza margine di discrezionalità in forza di un obbligo normativo, per poi estenderla a qualsiasi errore anche non omissivo che derivi dalla necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria, consequenziale a contenuto predeterminato, ovvero una statuizione obbligatoria di carattere accessorio, anche se a contenuto discrezionale.
Partendo da questi caratteri identificativi dell’errore materiale, gli Ermellini nella sentenza in commento hanno ritenuto possibile la correzione quando l’omissione investa il solo dispositivo, considerandola più una mancanza materiale, che non un vizio di attività o di giudizio da parte del Giudice, proprio perché la decisione positiva sulla stessa è essenzialmente obbligata.
Per questi motivi la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso incidentale, dal momento che il tipo di errore denunciato può essere corretto solo con la procedura di correzione degli errori materiali e non con l’impugnazione davanti a questa Corte di legittimità.
Qualificando il motivo di ricorso quale “istanza di correzione dell’errore materiale”, si osserva che questa deve essere proposta al giudice di merito che ha emesso la sentenza viziata e non alla Corte di legittimità, anche nel caso in cui avverso quella sentenza sia stato già proposto ricorso per Cassazione, per cui è inammissibile il motivo formulato dai resistenti con il ricorso incidentale.
La Cassazione ha inoltre ritenuto che la procedura della correzione degli errori materiali in ipotesi di omessa liquidazione delle spese processuali è funzionale alla realizzazione dei principi costituzionali della ragionevole durata del processo e del giusto processo.
Per le sopraesposte ragioni la Corte ha rigettato il ricorso principale, nonché quello incidentale, compensando le spese di lite.
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