ISSN 2385-1376
Testo massima
Lo stato di insolvenza non libera il sostituto d’imposta all’obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps.
La punibilità della condotta deve essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non rileva la circostanza che il datore attraversi una fase di crisi finanziaria.
Sono questi i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n.30705 del 28/01/2014.
Nella specie il Procuratore generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso per saltum avverso la pronuncia del Tribunale che aveva assolto l’amministratore di una società in difficoltà finanziaria, per il mancato versamento delle ritenute previdenziali sulle retribuzioni ai dipendenti, ritenendo escluso l’elemento soggettivo del reato proprio sulla base di tale criticità finanziaria poi sfociata nel fallimento.
Ebbene la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il mancato versamento all’INPS delle suddette ritenute previdenziali da parte della società in crisi configura invece un’ipotesi di reato a dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volontà dell’intero fatto tipico e perfezionato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti.
Il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis , del D.L. n.463/1983 è configurabile, infatti, anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti, in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime ( sul punto cfr. Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 3124 del 23/01/2014. di cui si è già occupata questa rivista).
Sulla base di tali argomentazioni il Supremo Collegio ha quindi annullato la sentenza impugnata, ritenendo che lo stato di insolvenza della società e il suo sopravvenuto fallimento non liberano il sostituto d’imposta dall’obbligo di versare le ritenute all’Istituto della previdenza sociale, così come da quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono parte.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia;
avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo in data 28/03/2013;
nel procedimento nei confronti di:
C.G., n. a (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. (OMISSIS) che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Bergamo ha assolto C.G., quale amministratore della società (OMISSIS) dal reato D.L. n. 463 del 1983, ex art. 2, comma 1 bis, di omesso versamento delle ritenute previdenziali perchè il fatto non costituisce reato.
2. Ha proposto ricorso per saltum il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia contestando la erronea applicazione dell’art. 2, comma 1 bis, del decreto legge suddetto. Premesso che il Tribunale è pervenuto ad assolvere l’imputato ritenendo escluso l’elemento soggettivo del reato atteso che nel periodo in contestazione la società di cui egli era amministratore versava in gravi difficoltà finanziarie poi culminate nel fallimento della società intervenuto, successivamente al mancato versamento, in data 30 marzo 2010, rileva come, sulla base della costante giurisprudenza di legittimità, il reato di omesso versamento delle ritenute sia caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando che l’agente tenuto al versamento attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per fare fronte a debiti ritenuti più urgenti.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è fondato.
Come già affermato da questa Corte, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicchè non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti (Sez. 3, n. 29975 del 21/06/2011, Libutti, non massimata; Sez. 3, n. 20845 del 28/04/2011, Cannarile, non massimata; Sez. 3, n. Sez. 3, n. 13100 del 19/01/2011, Biglia, Rv. 249917; Sez. 3, n. 11962 del 16/07/1999, Rigoni, Rv. 214627). Si è in particolare specificato che il reato è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827; Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, Castellotti, Rv. 219989).
Invero la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di corrisponderlo all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui: di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni.
La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono, del resto, parte. Si è, perciò, ritenuto che anche il sopravvenuto fallimento dell’agente non è sufficiente a scriminare il precedente omesso versamento delle ritenute, essendo obbligo del sostituto quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere il proprio obbligo, anche se ciò dovesse comportare l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 141 del 15/02/1996, Profili, Rv. 203783) e, inoltre, che quando l’imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico (cfr., tra le tante, con riferimento all’omesso versamento di ritenute d’acconto, Sez. 3, n. 7099 del 05/05/1994, Serafini, Rv. 198155; Sez. 3, n. 3512 del 17/01/1994, D’Anna, Rv. 196977; Sez. 3, n. 11032 del 21/10/1993, Parrotto, Rv. 195938; Sez. 3, n. 11608 del 11/11/1993, Annibal, Rv.195904; Sez. 3, n. 10579 del 06/10/1993, P.M. in proc. Dini, Rv.195872; Sez. 3, n. 2605 del 19/01/1991, Bacchi, Rv. 186488; Sez. 3, n. 942/91 del 26/11/1990, Bergamo, Rv. 186257).
In definitiva, a fronte della contestualità e della indefettibilità del sorgere dell’obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l’impossibilità di adempiere l’obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr., sia pure con riferimento all’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, Sez. 3, n. 11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018).
Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata ha invece escluso il dolo sul solo presupposto delle gravi difficoltà economiche comprovate dai procedimenti per decreto ingiuntivo e dai protesti subiti dalla società amministrata dall’imputato tali da condurre successivamente al fallimento, senza che risulti esposto alcun altro elemento che consenta, alla luce dei principi appena ricordati, di ritenere motivatamente escluso l’elemento soggettivo.
La sentenza va pertanto annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia ex art. 569 c.p.p., comma 4, quale giudice competente per l’appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014
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Numero Protocolo Interno : 68/2014