“[È esclusa] la responsabilità della banca negoziatrice che abbia dimostrato di aver identificato il prenditore del titolo mediante il controllo del documento di identità non scaduto e privo di segni o altri indizi di falsità, in quanto la normativa vigente ed in particolare la normativa antiriciclaggio D.Lgs. n. 231 del 2007, ex art. 19, comma 1, lett. a) – stabilisce modalità tipiche con cui gli istituti di credito devono identificare la clientela e non prevede il ricorso ad ogni possibile mezzo, nè alcuna indagine presso il Comune di nascita (Cass. n. 3649/2021).”
Non rientra nei parametri di diligenza professionale l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a questa prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva; una simile regola prudenziale di condotta non si rinviene neppure negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale (Cass. n. 34107/2019).
La circolare ABI del 7 maggio 2001 che indica la necessità di tenere tale comportamento non ha alcuna portata precettiva.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Ferro Massimo – Rel. Pazzi Alberto, con l’ordinanza 13969 del 3 maggio 2022.
Nel caso di specie, l’istituto pagatore veniva condannato dal Tribunale di Padova al pagamento dell’importo indebitamente versato ad un soggetto diverso da quello indicato nell’assegno “non trasferibile”.
Avverso tale sentenza proponeva gravame il suddetto istituto e la Corte d’Appello -sul presupposto che quella dell’istituto è una responsabilità contrattuale – osservava che lo stesso aveva la possibilità di dimostrare che l’inadempimento non era a lui imputabile in quanto l’obbligazione era stata assolta con la diligenza professionale tipica.
L’istituto pagatore, pertanto, provava di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi effettuando tutti i controlli prodromici all’effettuazione del pagamento e, conseguentemente, la Corte d’Appello riformava la statuizione impugnata e rigettava la domanda proposta dalla società di assicurazione.
L’assicurazione ricorreva per Cassazione e denunciava la violazione o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, in uno con la L. assegni, art. 43, e dell’art. 1218 c.c., in tema di oneri probatori incombenti sulle parti.
La Corte rigettava il gravame ritenendo che il motivo d’impugnazione fosse inammissibile anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c.
Nel merito, l’art. 43 della c.d. legge assegni sancisce il principio per cui la responsabilità dell’istituto negoziatore nell’attività di identificazione del portatore del titolo, ha natura contrattuale e segue i parametri fissati ex art. 1176 co. 2 c.c.; pertanto la banca risponde del danno derivato dall’erroneo o mancato pagamento solo quando non provi che l’inadempimento non le sia imputabile.
Gli Ermellini (cfr. Cass., Sez. U., 12477/2018), nell’esaminare la regola fissata nella L. assegni, art. 43, ha ribadito il principio per cui la responsabilità della banca negoziatrice, nell’attività di identificazione nel legittimo portatore del titolo della persona che lo ha materialmente portato all’incasso, ha natura di responsabilità contrattuale (sub specie di “contatto qualificato”) e segue i parametri della responsabilità per negligenza e colpa professionale ex art. 1176 c.c., comma 2, con esclusione di ogni riferimento al canone della responsabilità oggettiva; questa responsabilità della banca negoziatrice fa specifico riferimento a un obbligo professionale di protezione proprio dell’impresa – che viene a operare nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell’operazione sottostante – di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
La banca negoziatrice chiamata a rispondere, L. assegni, ex art. 43, comma 2, del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è quindi ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto la propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2.
La diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, che è norma “elastica”, da riempire di contenuto in considerazione dei principi dell’ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente.
E nell’attribuire contenuto all’obbligo di diligenza professionale dell’istituto di credito a cui sia presentato per l’incasso un assegno non trasferibile da parte di un soggetto risultato poi non legittimato la giurisprudenza di questa Corte ha escluso la responsabilità della banca negoziatrice che abbia dimostrato di aver identificato il prenditore del titolo mediante il controllo del documento di identità non scaduto e privo di segni o altri indizi di falsità, in quanto la normativa vigente ed in particolare la normativa antiriciclaggio D.Lgs. n. 231 del 2007, ex art. 19, comma 1, lett. a) – stabilisce modalità tipiche con cui gli istituti di credito devono identificare la clientela e non prevede il ricorso ad ogni possibile mezzo, né alcuna indagine presso il Comune di nascita (Cass. n. 3649/2021).
Né rientra nei parametri di diligenza professionale in discorso la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perchè a questa prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva; una simile regola prudenziale di condotta non si rinviene neppure negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale (Cass. n. 34107/2019).
La Corte di merito, nel caso sottoposto al suo esame, dopo aver ricordato che la società appellante era ammessa a provare che l’inadempimento non era ad essa imputabile, ha ritenuto che risultasse dimostrato che il pagamento fosse avvenuto a chi si presentava legittimato senza colpa della banca negoziatrice, dato che il personale di quest’ultima aveva identificato il prenditore (a mezzo della patente di guida e del codice fiscale, di cui non era tenuta a controllare l’autenticità), aveva versato l’importo dell’assegno su un libretto nominativo intestato allo stessa persona ed aveva verificato, prima dell’incasso, la mancata inclusione del titolo nell’elenco degli assegni oggetto di furto.
Simili valutazioni si ispirano ai parametri di diligenza professionale fissati dalla giurisprudenza di questa Corte in precedenza evocata. La valorizzazione delle circostanze di causa in funzione dell’applicazione di tali parametri risponde poi a un apprezzamento di fatto rientrante nei compiti istituzionali del giudice di merito.
Risultano di conseguenza inammissibili i profili di doglianza con cui è stata dedotta, apparentemente, una violazione delle norme di legge in materia mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758/2017).
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
L’istituto di credito può provare che l’inadempimento non le è imputabile ex art. 1176 c.c.
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. VI, Pres. Genovese – Rel Dolmetta | 01.07.2019 | n.17641
SE QUESTI NON COMUNICA AL GIRATARIO IL RIFIUTO DI PAGAMENTO È RESPONSABILE VERSO IL CORRENTISTA TRAENTE
Corte d’Appello di Milano, Pres. Rel. Meroni | 22.05.2019 | n.2241
ASSEGNO NON TRASFERIBILE: LA RESPONSABILITÀ DELLA BANCA NEGOZIATRICE HA NATURA CONTRATTUALE
ESENTE DA COLPA IN CASO ADEMPIMENTO DILIGENTE EX ART. 1176, 2 CO COD. CIV.
Ordinanza | Cass. Civ., Sez. III, Pres. Fiecconi – Rel. Olivieri | 17.01.2019 | n.1049
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