ISSN 2385-1376
Testo massima
I professionisti che agiscono a tutela dei propri crediti professionali, ai quali si applica la riforma parametri, non possono più azionare il proprio credito nelle forme del procedimento monitorio “puro” ma dovranno ricorrere a quello fondato su prova scritta, secondo la regola generale dell’art.633, comma 1, n.1 cpc.
Così si è pronunciato il Tribunale di Verona, dott. Massimo Vaccari, con decreto del 25.09.2013 sul ricorso per decreto ingiuntivo azionato da un professionista e diretto ad ottenere quattro distinti crediti professionali maturati dallo stesso in relazione a quattro distinti incarichi.
In particolare, in tre di essi era stato previsto che il compenso per il difensore sarebbe stato determinato “di massima applicando i parametri che già erano previsti dal D.M. 8 aprile 2004 n. 127” mentre in quello concluso l’8 febbraio 2013 era stato stabilito che il compenso sarebbe stato determinato applicando di massima i parametri previsti dal d.m.140/2012.
Ebbene l’adito Giudicante, correttamente valutando su una questione oggi più che mai controversa, ha precisato che il credito per la cui determinazione le parti hanno assunto a riferimento i parametri introdotti dal d.m.140/2012 è comunque illiquido, non potendo tenersi in nessun modo conto dell’opinamento reso dal Consiglio dell’Ordine.
Invero, con l’entrata in vigore del d.l. 1/2012 è venuto meno il potere di opinamento del Consiglio dell’Ordine delle professioni regolamentate per i crediti relativi a contratti di prestazione d’opera professionale conclusi dopo la data di entrata in vigore di tale testo normativo e per i quali il credito del professionista vada determinato in base ai parametri introdotti dal d.m.140/2012.
Pertanto, per la determinazione del compenso la regola principale da seguire è l’accordo tra professionista e cliente. In mancanza supplisce la liquidazione ad opera del giudice sulla base di parametri stabiliti con decreto del Ministro di Giustizia
Precisando, viepiù, che nella relazione al d.m.140/2012 viene chiarito che i criteri sostanziali ai quali si deve ispirare il giudice per determinare l’entità del compenso da riconoscere al professionista sono quelli dell’importanza, della complessità e del pregio dell’opera.
In altri termini la valutazione che prima spettava all’associazione professionale è ora rimessa esclusivamente all’autorità giudiziaria.
Sulla scorta di tali presupposti il Giudice ha accolto il ricorso solo per i crediti risultanti dalle parcelle opinate in base alla tariffa forense convenzionalmente adotta dalle parti come criterio per determinare il compenso del professionista, che devono ritenersi liquidi, nonché per le spese sostenute per l’attività di opinamento.
Testo del provvedimento
Con il ricorso monitorio di cui in epigrafe l’avv. A. G ha azionato nei confronti di M Z quattro distinti crediti professionali maturati dallo stesso in relazione a quattro distinti incarichi, uno dei quali consistente in attività stragiudiziale e gli altri tre in attività difensiva giudiziale.
Quale prova scritta di tali crediti il ricorrente ha prodotto quattro distinti contratti scritti, ognuno dei quali relativo ad uno dei suddetti incarichi, conclusi tra il 13.12.2012 e il 20 marzo 2013. In tre di essi era stato previsto che il compenso per il difensore sarebbe stato determinato “di massima applicando i parametri che già erano previsti dal D.M. 8 aprile 2004 n. 127” (questa la testuale espressione utilizzata nei contratti in esame), mentre in quello concluso l’8 febbraio 2013 era stato stabilito che il compenso sarebbe stato determinato applicando di massima i parametri previsti dal d.m.140/2012.
E’ evidente come tali accordi non precisino l’entità degli importi spettanti al difensore per le singole attività che avrebbe svolto ma si limitino ad individuare il criterio per la loro determinazione cosicché, considerando solo essi, i crediti del ricorrente difettano del requisito della liquidità.
Nella consapevolezza che tale profilo avrebbe costituito un ostacolo all’accoglimento della propria domanda il ricorrente ha allegato al ricorso monitorio anche quattro parcelle opinate dal consiglio dell’Ordine di Verona che si riferiscono ai crediti derivanti dai predetti rapporti.
Ad avviso dello scrivente il credito per la cui determinazione le parti hanno assunto a riferimento i parametri introdotti dal d.m.140/2012 è comunque illiquido, non potendo tenersi in nessun modo conto dell’opinamento reso dal CdO.
Reputa infatti questo giudice che, con l’entrata in vigore del d.l. 1/2012, è venuto meno il potere di opinamento dei Cdo delle professioni regolamentate per i crediti relativi a contratti di prestazione d’opera professionale conclusi dopo la data di entrata in vigore (25 gennaio 2012) di tale testo normativo e per i quali il credito del professionista vada determinato in base ai parametri introdotti dal d.m.140/2012.
A tale conclusione conduce in primo luogo un dato di carattere normativo, costituito dall’art.9, comma 2, della l. 27/2012 che prevede che:“ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante”.
Questa norma a ben vedere è venuta a sostituire il primo comma dell’art. 2233 c.c. cosicchè si può affermare che, con essa, il legislatore ha scelto di abbandonare il sistema precedente, fondato su una pluralità di strumenti di determinazione del compenso dei professionisti, per optare per un sistema nel quale l’accordo tra professionista e cliente costituisce la regola. In mancanza di esso supplisce la liquidazione ad opera del giudice sulla base di parametri stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia.
A conforto di tale lettura va evidenziato come la relazione ministeriale al regolamento 140/2012 attribuisca all’art.9, comma 5, della l.27/2012 una portata parzialmente abrogatrice dell’art.2233, primo comma, cc laddove osserva che la prima norma “a) non menziona gli usi e b) esclude implicitamente la necessità, per l’organo giurisdizionale che debba procedere alla liquidazione, di sentire l’associazione professionale cui si riferisce l’art.2233 cc”.
Se pertanto, sotto il profilo normativo, può ritenersi tacitamente abrogata, ai sensi dell’art.15 disp. preleggi la norma, di diritto sostanziale, che richiedeva il coinvolgimento dell’associazione professionale nella determinazione del compenso del professionista, la medesima sorte hanno avuto le disposizioni processuali che di quella costituivano una specifica applicazione (gli artt.633, comm 1, nn. 2 e 3 e l’art.636 cpc, secondo un certo orientamento, o, secondo un’altra ricostruzione, una deroga e tutte quelle che contemplavano il potere di opinamento delle associazioni professionali.
A conferma di quanto appena detto concorrono alcune considerazioni di ordine funzionale.
Nella relazione al d.m.140/2012 si chiarisce che i criteri sostanziali ai quali si deve ispirare il giudice per determinare l’entità del compenso da riconoscere al professionista sono quelli dell’importanza, della complessità e del pregio dell’opera, mentre l’art.1, comma 7, del regolamento stabilisce che le soglie numeriche da esso individuate non sono vincolanti nei minimi e nei massimi. La relazione al regolamento ribadisce quest’ultimo principio, aggiungendo che i parametri costituiscono un criterio meramente orientativo, utile al giudice per adeguare la liquidazione alle caratteristiche del caso concreto.
E’ evidente pertanto che, nel nuovo sistema, la verifica che, ai predetti fini, deve compiere il giudice, riguarda in primo luogo l’effettiva esecuzione delle attività, giudiziali o stragiudiziali, asserite dal professionista.
La necessità di una indagine, diretta e penetrante, da parte del giudice, su questi aspetti è del tutto incompatibile con il mantenimento dell’opinamento in capo agli ordini professionali, soprattutto se, nella vigenza del sistema tariffario, questo intervento fosse stato inteso, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale e di una parte della giurisprudenza di legittimità, come verifica di carattere sostanziale, ma anche qualora lo si fosse considerato come una valutazione di mera corrispondenza tra importi richiesti e importi indicati nelle tabelle, atteso che comunque era stato ritenuto vincolante per il giudice nella fase monitoria.
In altri termini la valutazione che prima spettava all’associazione professionale è ora rimessa esclusivamente all’autorità giudiziaria. Per effetto dell’abrogazione dell’art.636 cpc, e di quella conseguente, e parziale, dell’art.633, comma 1, n.2 e 3 cpc, i professionisti ai quali si applica la riforma parametri non possono più azionare il proprio credito nelle forme del procedimento monitorio “puro” ma dovranno ricorrere a quello fondato su prova scritta, secondo la regola generale dell’art.633, comma 1, n.1 cpc.
Di conseguenza deve ritenersi illiquido anche l’importo richiesto a titolo di rimborso forfetario poiché non si dispone del parametro al quale applicare la percentuale del 12,5 %.
Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso può trovare accoglimento solo per i crediti risultanti dalle parcelle opinate in base alla tariffa forense convenzionalmente adotta dalle parti come criterio per determinare il compenso del professionista, che devono ritenersi liquidi, nonché per le spese sostenute per l’attività di opinamento.
L’importo spettante al ricorrente a titolo di compenso per l’attività svolta in favore dell’ingiunto è pertanto di euro 47.228,29, dal quale vanno detratti gli acconti già versati e menzionati nel ricorso per un totale di euro 8.988,30 (totale residuo dovuto: euro 38.239,99) e quello a titolo di rimborso delle spese di opina mento è di euro 1.408,77.
Sussistono anche i presupposti per munire il presente decreto della clausola di provvisoria esecutività alla luce delle circostanze richiamate alle pagg. da 12 a 14 del ricorso.
PQM
Ingiunge a Z M di pagare all’avv. A. G la somma di euro 39.648,76, oltre interessi di mora al tasso legale dalla data della notifica del ricorso monitorio al saldo, e alle spese del presente procedimento che liquida in euro 1.348,00 di cui 248,00 per diritti ed il resto per compenso oltre accessori;
visto l’art.642, comma 2, cpc dichiara il presente decreto provvisoriamente esecutivo;
assegna all’ingiunto termine di quaranta giorni dalla notifica del per proporre opposizione avverso il presente decreto davanti a questo Tribunale.
Rigetta nel resto
Verona 25 settembre 2013
Il Giudice
dott. Massimo Vaccari
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