È valida la notificazione effettuata ai sensi della L. n. 53 del 1994 dal domiciliatario che sia stato a ciò delegato, anche verbalmente, dal difensore munito di procura alle liti, qualora tanto lui quanto il delegato siano stati autorizzati a eseguire notificazioni dall’ordine degli avvocati.
La notificazione eseguita dal domiciliatario, infatti, non può essere qualificata inesistente, dal momento che la notificazione è inesistente oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.
Inoltre, la notificazione eseguita dal domiciliatario non va neppure qualificata nulla, in quanto l’art. 1 della L. n. 53 del 1994, là dove consente l’esecuzione della notifica diretta all’avvocato munito di procura, non esclude espressamente la delegabilità di tale atto ad altro professionista, sicchè in virtù del generale principio secondo cui gli atti non delegabili sono solo quelli espressamente previsti dalla legge, anche l’esecuzione della notifica ai sensi della L. n. 53 del 1994 può essere delegata a un domiciliatario, a condizione che il delegante sia munito di procura, e tanto lui quanto il delegato siano autorizzati dall’ordine degli avvocati.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Manna– Rel. Besso M., con l’ordinanza n. 26356 del 12 settembre 2023.
Il caso riguardava il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva accolto l’impugnazione incidentale del Condominio, il quale contestava la mancata declaratoria da parte del giudice di primo grado dell’inesistenza della notificazione della opposizione al decreto che aveva ingiunto alla ricorrente il pagamento di spese condominiali, per essere stata la notificazione eseguita, ai sensi della L. 53/1994, direttamente da un avvocato privo di poteri rappresentativi in quanto semplice domiciliatario, abilitato alla sola ricezione delle notificazioni e comunicazioni degli atti del processo per conto del difensore e non anche al compimento di atti di impulso processuale.
Trattandosi di inesistenza e non di nullità, la successiva rinnovazione – secondo la Corte d’appello – non aveva sanato il vizio, neppure attraverso l’estensione della procura al domiciliatario, come non l’aveva sanato la successiva costituzione dell’opposto. La Corte d’appello ha quindi dichiarato l’inammissibilità della proposta opposizione – invece rigettata in primo grado – e conseguentemente definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo opposto.
Con il ricorso la condomina lamentava che la Corte d’appello avesse dichiarato l’inesistenza della notificazione dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendo che il legale che vi avesse proceduto fosse stato privo di poteri rappresentativi, quando invece il legale era stato abilitato dal consiglio dell’ordine degli avvocati a procedere alla notifica degli atti ai sensi della L. n. 53 del 1994, oltre ad essere stato nominato dalla ricorrente suo domiciliatario, così che il problema poteva – a tutto concedere – riguardare la validità dell’incarico che mai si sarebbe potuto tradurre in una inesistenza dell’atto compiuto dall’incaricato.
Il ricorso è stato ritenuto fondato.
La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto di aderire al terzo orientamento formatosi in materia, affermando che la notificazione effettuata ai sensi della L. n. 53 del 1994 dal domiciliatario che sia stato a ciò delegato, anche verbalmente, dal difensore munito di procura alle liti, qualora tanto lui quanto il delegato siano stati autorizzati a eseguire notificazioni dall’ordine degli avvocati, sia da considerarsi perfettamente valida.
Nel caso in esame, pertanto, la notificazione, lungi dall’essere inesistente, non era neppure nulla (vizio che sarebbe stato comunque sanato a seguito della costituzione dell’opposto), ma ritualmente effettuata.
Il ricorso è stato pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Milano, tenuta ad attenersi al principio di diritto già menzionato.
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