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LE MASSIME
La responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni verso terzi, grava sui singoli associati.
Il beneficio della preventiva escussione, ha efficacia limitata alla fase esecutiva e non impedisce al creditore di agire immediatamente in sede di cognizione verso il singolo socio, al fine di munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei suoi confronti.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Viterbo, Giudice Marianna Barlati, con la sentenza n. 1526 del 13 novembre 2018.
IL CASO
Nel caso in esame, dei debitori, ovvero soci di un’associazione professionale, proponevano opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto da una Banca, mediante il quale si richiedeva il pagamento della somma di euro 11.279,61 oltre interessi, quale saldo debitore di un conto corrente ordinario di corrispondenza, al fine di ottenere la revoca del decreto de quo, in quanto la domanda monitoria era stata proposta solo nei loro confronti, quali soci dell’associazione e non già nei confronti della associazione stessa, cui la Banca aveva concesso effettivamente l’affidamento, da cui scaturiva la pretesa creditoria.
Gli opponenti affermavano che l’associazione professionale, in quanto autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici, era dotata di una propria capacità di stare in giudizio, pertanto, era da ritenersi applicabile la norma di cui all’art. 2268 cod. civ., secondo la quale: “il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi”.
COMMENTO
Orbene, il Tribunale di Viterbo, con la sentenza oggi in commento, ha rilevato che se è vero che l’intera legge n. 1815 del 23.11.1939 “Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza” sia stata definitivamente abrogata dall’art. 10, comma 11, della legge n. 183 del 2011, è altresì vero che il comma 9 del citato art. 10, contiene una clausola di salvaguardia “restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Il Magistrato ha chiarito che, per costante giurisprudenza della Suprema Corte, le associazioni tra professionisti non si configurano come centro autonomo di interessi, dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale, né come ente collettivo né assumevano la titolarità del rapporto con i clienti in sostituzione dei singoli associati (ex pluris Cass. Sez. III 4/2/2014 n. 2415), da ciò conseguendo che la responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni verso terzi, grava sui singoli associati.
Invero, il Giudice di Viterbo ha aggiunto che l’invocato beneficio di escussione preventiva ha efficacia limitata alla fase esecutiva e non impedisce al creditore di agire immediatamente in sede di cognizione verso il singolo socio, al fine di munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei suoi confronti (Cass. 1040/200) rectius, dunque, è opportuno aggiungere a parere di chi scrive, anche al fine di poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, al fine di poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del credito.
Nel merito, ha concluso il Tribunale, rilevando che il giudice dell’opposizione non si limita ad esaminare se l’ingiunzione sia stata emessa legittimamente, ma procede all’esame del merito della controversia con poteri di cognizione piena, sulla base sia dei documenti prodotti nella fase monitoria, che dei mezzi istruttori eventualmente ammessi ed assunti nel corso del giudizio; sicchè il creditore ( al quale compete la posizione sostanziale di attore, per aver richiesto l’emissione del decreto) ha l’onere nella fase cognitiva di provare tutti i fatti costitutivi del diritto vantato e, in particolare, l’esistenza e la misura del credito azionato, nelle forme della tutela monitoria.
Nella fattispecie il credito posto a fondamento del decreto ingiuntivo, dovendosi ritenere pienamente provato, in quanto alcuna negazione e/o contestazione, era stata avanzata dagli opponenti, né in merito all’an, né in merito al quantum della pretesa come formulata dalla banca.
L’opposizione è stata rigettata, con la condanna al pagamento delle spese di lite.
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