Ai fini della condanna alle spese di giudizio la valutazione di soccombenza va sempre rapportata all’esito finale della lite, anche nell’ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 c.p.c., sicchè non può considerarsi soccombente il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, anche in parte minima, il proprio credito rispetto alla domanda monitoria, legittimamente subendo la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della provvisoria esecutività.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. VI, Pres. Lombardo – Rel. Abete, con l’ordinanza n. 17854 del 27 agosto 2020.
È accaduto che avverso un decreto ingiuntivo emesso a favore di una società veniva avanzata opposizione dalla parte ingiunta.
All’esito del giudizio, il Giudice accoglieva l’opposizione, rideterminava la minor somma da corrispondere alla società opposta, compensava le spese di lite fino alla concorrenza di 1/2 e condannava la s.r.l. opposta a pagare la residua metà.
Impugnata la decisione, al termine del giudizio di appello, la Corte rigettava il gravame e, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado, confermava la corretta applicazione del criterio della soccombenza parziale da parte del Giudice di prime cure, in quanto la parte opponente era stata condannata al pagamento di una somma nettamente inferiore rispetto a quella concessa con decreto monitorio.
La Corte di Cassazione, investita del capo relativo alle spese di giudizio, ha ribaltato la decisione e ha affermato la fondatezza del ricorso.
In particolare, gli Ermellini hanno rilevato che la parte soccombente va identificata, alla stregua del principio di causalità – causalità sulla quale si fonda la responsabilità del processo – con quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite.
Sebbene tale valutazione sia rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, è innegabile che laddove si identifichi nell’opponente (poi appellato) colui che, seppur in minor misura, non abbia adempiuto alla pretesa creditoria, dando quindi causa alla lite, è a lui che andranno imputate le spese di lite.
La decisione in merito va effettuata in rapporto all’esito della lite ed è da escludersi qualsivoglia forma di condanna nei confronti del creditore che, anche a seguito del giudizio di cui all’art. 645 c.p.c., veda comunque riconosciuta la sua pretesa, anche se in misura ridotta.
Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la decisione.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LA CONCLUSIONE NON MUTA PER I GIUDIZI INIZIATI MEDIANTE DECRETO INGIUNTIVO
Sentenza | Cassazione civile, Sezione Terza, Pres. Carleo – Rel. De Stefano | 12.05.2015 | n.9587
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