Nell’espropriazione forzata, il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dichiari l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (ed implicanti, piuttosto, la sua improseguibilità, come nella specie per difetto di appartenenza dei beni pignorati al debitore) ha natura sostanziale di atto viziato del processo esecutivo ed è, pertanto, impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., che costituisce il rimedio proprio previsto per tali atti, e non con il reclamo previsto dall’art. 630 cod. proc. civ. che, invece, rappresenta lo strumento impugnatorio per la dichiarazione di estinzione tipica”. Pertanto, il detto provvedimento dichiarativo dell’estinzione per cause diverse da quelle tipiche (…) non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., ma con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., che è rimedio tipico avverso gli atti viziati del processo esecutivo” (così Cass. ord. n. 24775/14).
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. terza, Pres. Vivaldi, Cons. Rel. Barreca, con la sentenza n. 9362 del 12 aprile 2017.
Accadeva che, con un unico ricorso, intitolato “impugnativa di contestuali gravami a mezzo regolamento di competenza ex artt. 42 c.p.c. e segg. nonché 187 disp. att. c.p.c.” alcuni creditori impugnavano sia la sentenza con cui il Tribunale in composizione collegiale aveva dichiarato inammissibile il reclamo ex art. 630, comma III, c.p.c. proposto avverso l’ordinanza di estinzione (per cause diverse da quelle tipiche) pronunciata dal giudice dell’esecuzione nel corso di una procedura di espropriazione immobiliare, sia (per regolamento di competenza) l’ordinanza del giudice dell’esecuzione emessa nella medesima procedura con cui ne era stata dichiarata l’improcedibilità per mancanza dei presupposti di cui all’art. 602 c.p.c..
Secondo il giudice dell’esecuzione, infatti, può essere esperito il reclamo solo per impugnare il provvedimento di estinzione o di rigetto che il giudice dell’esecuzione adotta per le cause c.d. “tipiche” quali, ad esempio, la rinuncia agli atti e l’inattività delle parti, mentre, per gli altri, diversi e “atipici” motivi sottesi alla pronuncia di estinzione, il reclamo va dichiarato inammissibile.
La Suprema Corte ribadisce, dunque, alcuni principi in punto di individuazione dei rimedi esperibili contro i provvedimenti giurisdizionali chiarendo la natura dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. come rimedio generale e residuale per la contestazione dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione ed in particolare, nel caso di specie, ribadendo che la sentenza di primo grado emessa a seguito di reclamo ex art. 630 c.p.c. avrebbe dovuto essere contestata con l’appello, non potendo applicarsi il regime dell’inappellabilità (previsto per le decisioni sull’opposizione agli atti esecutivi) ad un caso in cui quest’ultima è stata ritenuta dal giudice mai proposta (Cass. n. 30201/2008).
Il Supremo Collegio ha altresì chiarito che, invece, il provvedimento declaratorio di estinzione per motivi c.d. “atipici” implica, più che estinzione, una sua “improseguibilità” impugnabile, pertanto, con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. e non con il reclamo previsto dall’art. 630 c.p.c. (Cass. nn. 30201/2008; 2674/2011; 15374/2011; 13108/2017). Peraltro, essendo possibile contestare tale provvedimento con lo specifico rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, deve esserne esclusa anche l’impugnabilità con ricorso in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. n. 24775/14).
In ultimo, poi, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso anche se inteso come regolamento di competenza, poiché l’unico rimedio esperibile sarebbe stato anche in questo caso l’appello anche solo per contestare l’erronea dichiarazione d’inammissibilità del reclamo ed ha inoltre confermato che detto regolamento non può mai avere ad oggetto provvedimenti del giudice dell’esecuzione (Cass. n. 21665/15).
In base a tali considerazioni, pertanto, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, sia in forma di regolamento di competenza che di ricorso straordinario in Cassazione, evidenziando che il codice di procedura civile individua appositi rimedi contro entrambi i provvedimenti impugnati, diversi da quelli esperiti dalla parte ricorrente.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista
OPPOSIZIONE ATTI ESECUTIVI: FORMA PER INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO DI MERITO
NELLA FASE A COGNIZIONE PIENA IL GIUDIZIO SI PROPONE CON CITAZIONE NEL RISPETTO DEL TERMINE INDICATO
Ordinanza | Corte di Cassazione, sesta sezione civile, Pres. Amendola – Rel. Armano | 31.08.2018 | n.20637
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI: FORMA PER INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO DI MERITO
Fase cognizione piena: il giudizio si propone con atto di citazione nel rispetto del termine indicato dal Giudice
Sentenza | Corte di Cassazione, sezione sesta | 07.11.2012 | n.19264
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno