ISSN 2385-1376
Testo massima
Con ordinanza del 06/02/2013, il Tribunale di Taranto, in composizione collegiale, Giudice Relatore dott. Claudio Casarano, decidendo sul reclamo proposto avverso l’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva, ha confermato il provvedimento impugnato, ritenendo che, a norma dell’art.1853 cc, se dal contratto di corrente corrente deriva una ragione di credito del correntista, per effetto della pronunzia di nullità di clausole che lo caratterizzavano, non può non riconoscersi a questa futura pretesa un’efficacia paralizzatrice nei confronti di quella fatta valere dal creditore, pur se derivante da altro rapporto.
In particolare il collegio ha motivato la sospensione della procedura esecutiva, allorquando il credito, in virtù del quale il creditore agisce, può essere in tutto od in parte estinto per compensazione con un controcredito da accertarsi giudizialmente, ritenendo che l’interesse del debitore a non vedersi aggredito il patrimonio ovvero venduto coattivamente il bene pignorato è tutelato dall’art. 1243 comma 2 cc, che in tema di compensazione giudiziale, prevede il potere del giudice di sospendere la condanna per il credito liquido, in attesa dell’accertamento di quello opposto in compensazione.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI TARANTO
II SEZIONE
Ordinanza (ex art. 624, II co. 669 terdecies 737-738 c.p.c.)
Proc. N. 4205-2012
Presidente: Gianfranco Coccioli
Giudice relatore: dott. Claudio Casarano
Giudice: Alberto Munno
I CREDITI POSTI A FONDAMENTO DELL’ESECUZIONE FORZATA IMMOBILIARE ED I MOTIVI DI OPPOSIZIONE
Due degli eredi del sig. E. S., debitore esecutato nella procedura esecutiva immobiliare n. 125-1992 R.G., proponevano opposizione all’esecuzione.
Nel procedimento sommario che seguiva davanti al Giudice dell’Esecuzione si contrapponeva agli istanti la BANCA, quale interventrice in virtù di un credito derivante da cambiali agrarie e saldo di conto corrente bancario; creditore procedente era invece il Servizio Contributi A.U. – S. ora Inps.
Già con precedente ricorso del 24-05-1998 il debitore esecutato aveva proposto opposizione all’esecuzione, nel presupposto che il credito fatto valere dalla predetta banca, soprattutto quello fondato sul contratto di conto corrente, fosse da considerarsi illegittimo, in quanto sviluppatosi sulla base dell’applicazione di clausole nulle, quale quella che permetteva il vietato anatocismo ex art. 1283 c.c., e sull’avvenuto superamento del tasso soglia.
Il giudizio, soprattutto avendo riguardo alla sentenza in appello, si concludeva con una pronunzia di inammissibilità, per difetto di legittimazione passiva della banca, dal momento che un’opposizione all’esecuzione proposta nei confronti del solo creditore intervenuto, che non aveva posto in essere atti di impulso processuale, non si sarebbe potuta proprio configurare.
Con la riassunzione ad opera della BANCA, sopravveniva, opinava la difesa opponente, la sua legittimazione passiva.
Nelle more del procedimento il credito posto a fondamento dell’azione esecutiva veniva ceduto dalla Banca alla P. C. S. S.p.A.-
Due degli eredi del debitore esecutato tornavano per così dire alla carica, proponendo nuova opposizione all’esecuzione e facendo valere grosso modo gli stessi motivi di impugnativa del fondamento del credito posto a base dell’esecuzione forzata, dedotti già nell’evocato giudizio di opposizione all’esecuzione introdotto dal loro dante causa mortis causa.
Ed il giudice dell’esecuzione sospendeva l’esecuzione forzata con ordinanza, qui reclamata dalla cessionaria del credito della BANCA: la P. C. S. S.p.A.-
IL PRIMO MOTIVO DI RECLAMO: IL DIVIETO DI COMPENSAZIONE DELL’ASSERITO CREDITO DEGLI EREDI DEL DEBITORE ESECUTATO CON QUELLO RESIDUATO A FONDAMENTO DELL’ESECUZIONE FORZATA
Sosteneva la reclamante che dei due crediti fatti valere in executivis dalla banca cedente, l’uno derivante dalle cambiali agrarie e l’altro dal contratto di conto corrente, doveva considerarsi oggetto della cessione solo il primo, posto che con due versamenti di lire 60.000.000, con valuta del 01-06-1993, e di lire 39.615.652, con valuta del 25-01-1994, l’esposizone debitoria derivante dal contratto di conto corrente doveva considerarsi estinta.
Non avrebbero potuto allora gli eredi del debitore esecutato, argomentava la difesa reclamante, opporre in compensazione il diverso, e peraltro eventuale, credito derivante dalla impugnazione del conto corrente, sviluppata per i noti motivi di nullità di clausole che accedevano ad esso.
Il punto di vista della difesa reclamante tuttavia non può essere accolto, dal momento che, come osservava la difesa reclamata, ai sensi dell’art. 1853 c.c. è ammessa una generale compensazione con riguardo ai distinti rapporti che legano il correntista alla banca: “Se tra la banca ed il correntista esistono più rapporti o più conti, questi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario“.
Se allora in realtà dal contratto di corrente corrente anziché un debito a saldo, doveva derivare una ragione di credito del correntista, per effetto della pronunzia di nullità di clausole che lo caratterizzavano, non può farsi a meno di riconoscere a questa futura pretesa un’efficacia paralizzatrice nei confronti di quella fatta valere dalla banca, pur se derivante da altro rapporto ( ossia, nel caso in esame, dalle cambiali agrarie).
Si ricordi poi che si verte in tema di esecuzione forzata e quindi riesce davvero più pregnante l’interesse del debitore a vedere sospesa la procedura esecutiva fondata su di credito liquido, che può essere in tutto od in parte estinto per compensazione con il controcredito da accertarsi.
Non a caso persino in sede di cognizione l’art.1243, II co., cc, in tema di compensazione giudiziale, prevede il potere del giudice di sospendere la condanna per il credito liquido, in attesa dell’accertamento di quello opposto in compensazione.
Analogamente o con argomentazione a fortiori, appare giustificata la sospensione dell’esecuzione forzata fondata sul credito liquido, in attesa dell’accertamento del credito opposto in compensazione.
Tanto, beninteso, avendo riguardo all’interesse che sembra protetto dalla norma citata e cioè quello che può vantare il debitore a non vedersi aggredito il patrimonio – o peggio venduto coattivamente il bene pignorato – quando un controcredito, pur se da accertare giudizialmente potrebbe travolgere l’esecuzione forzata( con sentenza che nel nostro caso avrebbe efficacia ex tunc, posto che viene evocata una nullità contrattuale per violazione di norme imperative).
Per altro verso la circostanza che sia avvenuta la cessione non sposta i termini della regula iuris individuata; anzi ai sensi dell’art. 1248, II co,., c.c. la cessione notificata soltanto al debitore e non accettata puramente e semplicemente, come nel nostro caso, impedisce la compensazione solo con riguardo ai crediti sorti posteriormente alla notificazione della cessione.
LA RIPROPOSIZIONE DELLA DIFESA FONDATA SUL DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA
La cessionaria reclamante riproponeva la difesa che fa leva sul difetto di legittimazione passiva, proprio quella che aveva portato sia il giudice di primo grado, sia quello di appello, a dichiarare inammissibile la precedente opposizione proposta nel 1998 dal debitore esecutato.
Senonchè l’atto di riassunzione proposto dalla reclamata configura un atto di impulso processuale per eccellenza e quindi fa ora configurare la legittimazione passiva in capo al cessionario, pur se nella sua veste di interventore.
Peraltro il creditore procedente Inps non si costituiva in questo procedimento, mostrando un significativo disinteresse per le sorti della procedura esecutiva; niente affatto messo in discussione dall’assenza di una formale rinunzia agli atti ad opera del creditore procedente, come invece argomentava la difesa reclamante. Una siffatta rinunzia infatti può non essere avvenuta per diversi motivi; peraltro sarebbe stata poco significativa dal momento che non avrebbe comportato un effetto estintivo del pignoramento immobiliare, per la presenza appunto di creditori intervenuti.
Disinteresse eloquente, quello evidenziato del creditore procedente, che rafforza ulteriormente la posizione in capo alla cessionaria in riassunzione di reale controinteressata rispetto alla parte che si oppone alla procedura esecutiva contestata.
GLI ALTRI MOTIVI DEL RECLAMO
Infine il rilievo che gli opponenti siano assoggettati pro quota all’esecuzione forzata, non scalfisce di certo il loro interesse ad agire, ossia l’interesse a veder diminuita od azzerata la frazione di debito ereditata, pur se con beneficio di inventario.
Sul piano poi del fumus dell’accertamento del controcredito si consideri che, oltre ai due pagamenti citati dalla difesa reclamante quando ricordava l’avvenuta estinzione della debitoria del conto corrente, risulta dalle evocate sentenze anche l’avvenuto pagamento da parte del correntista della somma di allora lire 205.736.000 in data 30-05-1997(!).
Quindi balza evidente il fondato interesse degli opponenti a veder sospesa la procedura esecutiva, in attesa dell’accertamento della reale esposizione debitoria da riconoscersi, una volta dichiarate nulle le clausole del contratto di conto corrente e quindi indebiti gli eventuali pagamenti effettuati; ed il CTU nel giudizio di merito, introdotto nel 1998 dal dante causa degli opponenti, aveva riconosciuto in ogni un credito a favore del correntista, nelle tre ipotesi alternative prospettate in giudizio.
L’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione degli asseriti crediti vantati dagli eredi del debitore esecutato, peraltro formulata dalla reclamante in modo generico, deve fare in primo luogo i conti con le date di pagamento di somme da parte del debitore esecutato, pur se avvenute successivamente alla chiusura del conto, e dalle quali infatti deve ritenersi che decorra il termine dei dieci anni previsto in tema di azione di ripetizione.
Peraltro occorre considerare l’interruzione della prescrizione verificatasi con la prima opposizione all’esecuzione proposta dal debitore esecutato con ricorso del 24-05-1998; interruzione che, si ricordi, dura, ai sensi dell’art. 2945, II co., c.c., fino al passaggio in giudicato della sentenza.
Dunque il reclamo va rigettato.
Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza della reclamante e si liquidano ex actis come come da dispositivo, tenuto conto anche dell’attività svolta.
PTM
Il Tribunale pronunciando sul reclamo proposto in data 30-07-2012 dalla P. C. S. S.p.A., avverso l’ordinanza adottata dal Giudice dell’Esecuzione in data 16-07-2012, nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare contrassegnata dal n. 125-12, e nei confronti degli eredi del debitore esecutato, sig.ri M. L. S. e G. S., opponenti, INPS, quale creditore procedente, la BANCA, e gli altri due eredi A. e L.S., così provvede:
Rigetta il reclamo proposto e conferma il provvedimento impugnato;
Condanna la reclamante al pagamento delle spese processuali sopportate dai reclamati costituitisi, che si liquidano in loro favore, in solido, in euro 3.500,00, a titolo di compenso professionale, oltre Iva e Cap.
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Numero Protocolo Interno : 123/2013