Alle sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006 il regime d’impugnazione applicabile è quello dell’appello; a quelle pubblicate successivamente si applica la nuova regola della non impugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost; per le ipotesi, invece, in cui il giudizio di primo grado sia pendente alla data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, deve trovare applicazione, ai sensi dell’art. 49 di tale legge, la nuova disposizione dell’art. 616 cod. proc. civ. che ha eliminato la previsione della non impugnabilità, con conseguente appellabilità delle pronunce di primo grado.
IL COMMENTO
La sentenza in esame affronta il problema dell’appellabilità delle sentenze che hanno definito le opposizioni all’esecuzione.
La Corte ha enunciato il seguente principio:
“Alle sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 1 marzo 2006 il regime applicabile resta quello della normale appellabilità; mentre quelle pubblicate successivamente sono soggette alla nuova regola della inimpugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c. (e quindi alla ricorribilità in cassazione)”.
“Per le ipotesi, invece, in cui il giudizio di primo grado sia invece pendente alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 deve trovare applicazione – ai sensi dell’art. 49 – la nuova disposizione dell’art. 616 c.p.c., che ha eliminato la previsione della non impugnabilità della decisione, con la conseguenza che la sentenza resa sulla opposizione alla esecuzione deve considerarsi ora appellabile e non più ricorribile in cassazione”.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo – est. Presidente
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere
Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OMISSIS in persona del suo legale rappresentante pro tempore, OMISSIS in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in OMISSIS , presso lo studio dell’avvocato OMISSIS, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato OMISSIS giusta procura in calce al ricorso;
ricorrenti –
contro OMISSIS
– intimato –
e sul ricorso n. 30362/2006 proposto da:
OMISSIS elettivamente domiciliata in OMISSIS presso lo studio dell’avvocato OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS giusta mandato in calce al controricorso e ricorso incidentale;
ricorrenti –
contro
OMISSIS elettivamente domiciliato in OMISSIS, presso lo studio dell’avvocato OMISSIS, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato OMISSIS, giusta procura in calce al ricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1320/2006 del TRIBUNALE di SALERNO, Quarta Sezione Civile, emessa il 29/12/2005, depositata il 25/03/2006;
R.G.N. 590/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/11/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito l’Avvocato OMISSIS;
udito l’Avvocato OMISSIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 29 dicembre 2005 – 25 marzo 2006 il Tribunale di Salerno ha accolto la opposizione alla esecuzione immobiliare proposta da OMISSIS riguardante gli interessi applicati dalla OMISSIS su un mutuo fondiario.
Al momento dell’acquisto dell’immobile oggetto di esecuzione immobiliare, effettuato con atto del 5 agosto 1988, l’immobile risultava gravato da ipoteca che i venditori si erano impegnati nel rogito a cancellare.
In realtà, l’immobile era gravato da ipoteca diversa da quella indicata nell’atto di acquisto, per un mutuo fondiario del 22 ottobre 1982, in favore del OMISSIS, con computo degli interessi moratori del 16,50% in luogo del 13,50% di cui all’unico mutuo conosciuto dalla L. (riguardante tuttavia altro immobile).
Secondo il Tribunale, la questione sottoposta al suo esame non riguardava la validità del contratto di mutuo posto in esecuzione, in relazione al computo degli interessi in relazione alla normativa della L. n. 108 del 1996 – nè l’applicabilità del computo degli interessi con anatocismo in relazione alla normativi speciale dei mutui fondiari opponibilità di un tasso maggiore del 13% alla acquirente, che era rimasta estranea al contratto di mutuo.
Il Tribunale concludeva per la non opponibilità dei patti accessori e non trascritti alla acquirente relativamente al maggior tasso del 16,50%, riconoscendo non dovuta la somma di Euro 17.376,97 corrisposta in più dalla L..
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione OMISSIS con tre distinti motivi.
Resiste con controricorso la L. che propone anche ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ed art. 378 c.p.c..
A seguito di riconvocazione in Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2010, il Presidente ha sostituito, ai sensi dell’art. 118 c.p.c., se stesso al Consigliere dr. Amendola per la redazione della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve disporsi innanzi tutto la riunione dei ricorsi, proposti contro la medesima decisione.
1. Deve essere esaminata la questione della inammissibilità del ricorso per cassazione, essendo pendente il giudizio di appello tra le stesse parti, per le medesime questioni.
La censura è infondata.
La consumazione del potere di impugnazione presuppone necessariamente la esistenza di due impugnazioni della stessa specie nonchè una declaratoria di inammissibilità della precedente.
Non si ha pertanto consumazione del potere di impugnazione quando il suo esercizio sia stato preceduto da una impugnazione di diversa specie.
Sotto altro profilo, deve escludersi che la proposizione dell’appello, da parte dello stesso Istituto, abbia determinato il decorso del termine breve ai fini del ricorso per cassazione avverso la medesima decisione (infatti, il ricorso per cassazione è stato notificato due giorni prima della scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di appello).
Come noto, la tempestività’ della seconda impugnazione è da verificare con riferimento non solo al termine annuale ma anche al termine breve, il quale decorre – in mancanza di anteriore notifica della sentenza appellata – dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante.
2. Quanto alla individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro la decisione del Tribunale di Salerno (depositata il 25 marzo 2006) va richiamata la disposizione della L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 la quale modificando la disposizione dell’art. 616 c.p.c., ha inserito nel testo dell’articolo la previsione secondo la quale la causa è decìsa con sentenza non impugnabile, rimanendo pertanto soggetta al ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.
Qualche: perplessità potrebbe forse nascere dal raffronto della nuova disciplina di cui alla L. n. 69 del 2009 con quella introdotta dalla L. n. 22 del 2006 poichè quest’ultima, all’art. 22, aveva fissato al 1 marzo 2006 la sua entrata in vigore (senza chiarire peraltro se le nuove disposizioni dell’art. 616 c.p.c. dovessero applicarsi anche ai giudizi pendenti).
La giurisprudenza di questa Corte ha precisato, tuttavia, che operando il principio “tempus regit actum” il regime delle impugnazioni della sentenza deve essere determinato dalla legge vigente al momento in cui l’atto viene posto in essere (Cass. 14 dicembre 2007 n. 26294 e 20 settembre 2006 n. 20414, 12 maggio 2000 n. 6099).
Tale principio è stato ribadito da alcune decisioni successive, con specifico riferimento alla nuova formulazione dell’art. 616 c.p.c. (Cass. 29 gennaio 2010 n. 2043).
Anche in difetto di disciplina transitoria, pertanto, deve giungersi alle conclusioni indicate dalla Corte Costituzionale, per la quale il principio dell’immediata applicabilità della legge processuale (sentenza Corte Cost. 13 marzo 2008 n. 53, 11 giugno 2009 n. 69, 16 gennaio 2009 n. 6, e 4 aprile 1990 n. 155), ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa.
L’unico mezzo di impugnazione praticabile nel caso di specie era appunto il ricorso per cassazione.
Può pertanto essere affermato il seguente principio di diritto:
“Alle sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 1 marzo 2006 il regime applicabile resta quello della normale appellabilità; mentre quelle pubblicate successivamente sono soggette alla nuova regola della inimpugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c. (e quindi alla ricorribilità in cassazione)”.
“Per le ipotesi, invece, in cui il giudizio di primo grado sia invece pendente alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 deve trovare applicazione – ai sensi dell’art. 49 – la nuova disposizione dell’art. 616 c.p.c., che ha eliminato la previsione della non impugnabilità della decisione, con la conseguenza che la sentenza resa sulla opposizione alla esecuzione deve considerarsi ora appellabile e non più ricorribile in cassazione”.
Può dunque procedersi all’esame dei motivi del ricorso proposto da Credito Fondiario e Industriale.
3. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli artt. 2808, 2809, 2839 e 2858 c.c. in relazione all’art. 111 Cost. e all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La sentenza impugnata aveva messo a fondamento della decisione una circostanza assolutamente irrilevante (vale a dire: la conoscenza, in capo al terzo acquirente dell’ipoteca gravante sul bene trascurando il fatto oggettivo della esistenza del vincolo e della relative pattuizioni sul tasso di interesse).
In realtà, nessun argomento a favore della tesi sostenuta dalla L. potrebbe trarsi dalla mancata annotazione nella nota di iscrizione ipotecaria de saggio del 16,50% previsto nel secondo atto di erogazione del mutuo (a riduzione di quello precedentemente iscritto del 22.50% indicato nel primo contratto condizionato di mutuo).
Il vincolo che deriva dalla ipoteca ed il connesso diritte di seguito discendono dalla semplice iscrizione nei registri immobiliari.
Dunque, la ipoteca diventa opponibile ai terzi indipendentemente dalla conoscenza che essi abbiano del titolo, una volta che questo sia stato reso conoscibile mediante la iscrizione.
La indicazione delle variazioni di saggio degli interessi (tra l’altro, in una percentuale inferiore a quella annotata nella nota) costituiva circostanza del tutto ininfluente, considerato che la espropriazione immobiliare era stata condotta nei limiti del tasso inferiore.
Il ricorso pone il seguente quesito di diritto:
“Dica la Suprema Corte di Cassazione che il diritto di seguito della ipoteca opera in relazione alle risultanze della nota di iscrizione, indipendentemente dalla conoscenza concreta che di essa abbia il terzo acquirente dell’immobile ipotecato, sicchè il tasso di interesse rilevante deve essere quello risultante dalla iscrizione ipotecaria”.
Il quesito è privo del carattere della specificità non contenendo alcun riferimento al caso di specie, (Cass. S.U., 5 gennaio 2007 n. 36).
E’ appena il caso di ricordare che il D.Lgs. n. 40 del 2006 ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte, quesito che deve trovare la sua collocazione a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di ricorso che, da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame.
Deve pertanto essere dichiarato inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte. (Cass. S.U. 26 marzo 2007 n. 7258).
Inoltre, la ricorrente principale non censura la autonoma “ratio decidendi” contenuta nella sentenza J impugnata, secondo la quale il saggio di interessi applicabile al caso in esame era quello del 13% “considerata la natura di credito fondiario e la non opponibilità di patti accessori e non trascritti alla acquirente relativamente al maggior tasso del 16,50%”.
Una altra ragione di inammissibilità del ricorso principale deve essere ravvisata nella mancata riproduzione integrale dei documenti richiamati nei motivi di ricorso.
La ricorrente principale non ha riprodotto integralmente la nota di iscrizione, nè ha precisato il luogo ed il momento nel quale la stessa sarebbe stata prodotta.
In tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 cod. proc. civ. richiede la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, al fine di realizzare l’assoluta precisa delimitazione del “thema decidendum”, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli vengono sottoposti e di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente.
Nè può ritenersi sufficiente la generica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Cass. 31 ottobre 2007 n. 23019).
La riproduzione dell’integrale contenuto della nota di iscrizione e dell’atto di acquisto dell’immobile sarebbe stata tanto più necessaria, nel caso di specie, alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte, riguardante la disposizione dettata dall’art. 2855 c.c., comma 2, che prevede e condiziona l’estensione della ipoteca agli interessi stessi alla indicazione della loro misura nella iscrizione. (Cass. 28 giugno 2002 n. 9497, 11 aprile 2008 n. 9674).
La mancata, integrale, riproduzione dei contenuti della nota di iscrizione determina, come conseguenza, la irrilevanza della questione se, nel caso di espropriazione immobiliare individuale basata su credito fondiario, debba trovare applicazione in materia di interessi la disposizione di cui all’art. 2855 c.c., ovvero la normativa speciale dettata dal T.U. n. 646 del 16 luglio 1905 e possano trovare applicazione anche in caso di mutuo concesso a costruttore, successivamente frazionato, le disposizioni, della L. 17 agosto 1974, n. 397 (art. 2, comma 2) (su cui v. Cass. 19 giugno 19 90 n. 6153).
4. Analoghe censure di violazione di norme di legge sono formulate con il secondo motivo del ricorso principale (deducendosi con esse la violazione degli artt. 1372, 2808 e 2858 c.c. in relazione all’art. 111 Cost. e all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la sentenza impugnata ritenuto opponibili al terzo acquirente dell’immobile ipotecato unicamente i patti risultanti dal proprio atto di acquisto).
Erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto che la misura entro la quale il terzo acquirente è tenuto a subire la espropriazione potesse essere in qualche modo influenzata dal contratto da questi concluso, senza tener conto delle disposizioni di legge le quali espressamente prevedono l’obbligo del terzo acquirente di soggiacere alla esecuzione condotta dai creditori iscritti nei limiti dei crediti risultanti dai titoli stessi.
In questo modo, la sentenza impugnata era incorsa nella violazione dell’art. 1372 c.c., secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge.
Era altresì incorsa nella violazione delle disposizioni degli artt. 2808 e 2858 c.c., i quali prevedono l’obbligo del terzo acquirente di soggiacere alla esecuzione condotta dai creditori iscritti, nei limiti dei crediti risultanti dal titoli debitamente resi pubblici mediante l’iscrizione ed aventi prelazione sul bene.
Questo il quesito di diritto posto con il secondo motivo di ricorso:
“Dica la Suprema Corte di Cassazione che il contenuto dell’atto di acquisto dell’immobile ipotecato concluso tra il debitore sovvenuto ed il terzo acquirente non può limitare il credito garantito ed i relativi interessi, nella misura pattuita con il sovvenuto, nè il conseguente diritto di fare espropriare il bene sul quale è stata iscritta ipoteca a garanzia del suddetto credito”.
Anche questo quesito di diritto è privo del carattere della specificità.
Si rinvia a quanto già esposto a proposito del precedente motivo di ricorso, anche in ordine alla mancata indicazione degli atti ed alla riproduzione degli atti e documenti richiamati.
5. Quanto al terzo motivo, con lo stesso si deduce il vizio di omessa, insufficiente e – comunque – contraddittoria motivazione, su un punto essenziale della decisione per avere la sentenza impugnata ritenuto opponibile al creditore ipotecario un tasso di interesse contemplato da un contratto diverso da quello garantito e per avere affermato la inopponibilità al terzo acquirente di patti accessori.
La ricorrente principale indica quale punto decisivo in ordine al quale sarebbe stata omessa ogni pronuncia quello della esistenza della ipoteca, inizialmente produttiva di interessi al saggio del 22,50%, poi ridotta al 16,50% in seguito al frazionamento del primo mutuo fondiario concesso al costruttore.
Il motivo per cui si sarebbe dovuto sostituire al saggio di interesse pattuito con il sovvenuto, il diverso saggio del 13%, relativo ad un diverso finanziamento, non è minimamente spiegato dalla sentenza del Tribunale.
Secondo la ricorrente principale, la affermazione che il minor saggio doveva considerarsi l’unico applicabile, in quanto conosciuto dalla terza acquirente, non spiegherebbe affatto perchè la conoscenza concreta di un determinato saggio di interesse (riguardante – tra l’altro – un finanziamento diverso da quello garantito e gravante, addirittura, su beni diversi da quelli acquistati) dovrebbe consentire di superare le previsioni del titolo, debitamente reso pubblico mediante il richiamo nella nota di iscrizione ipotecaria.
Con la conseguenza che la sentenza impugnata dovrebbe considerarsi affetta dal vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
La semplice affermazione – da considerarsi svolta in via incidentale – della mancata trascrizione dei patti accessori del contratto di mutuo, aggiunge ancora la ricorrente principale, costituisce una motivazione solo apparente, del tutto inidonea a sorreggere la statuizione contenuta nella gravata sentenza.
Non era dato comprendere se il termine “trascritti” riferito ai patti accessori dovrebbe essere riferito alla mancata riproduzione del contenuto di tali patti in altro negozio, ovvero alla mancanza di una loro “trascrizione” nel senso previsto dal vigente sistema di pubblicità immobiliare.
Anche quest’ultimo motivo è inammissibile.
Nessuna censura – come già rilevato in precedenza – è stata formulata dalla società ricorrente in ordine alla autonoma argomentazione conclusiva formulata dal Tribunale, secondo la quale “detto calcolo tra le diverse ipotesi prospettate è quello applicabile al caso in esame, considerata la natura di credito fondiario…” (pag. 3 della sentenza impugnata).
La ricorrente principale si limita, infatti, ad affermare che la pronuncia riguardante la mancata trascrizione dei patti accessori del contratto di mutuo costituirebbe una affermazione incidentale, senza censurare in alcun modo la autonoma affermazione secondo cui, trattandosi di creduto fondiario, la misura degli interessi doveva essere comunque contenuta nel minore saggio del 13%.
A questo rilievo di inammissibilità di tutte le censure formulate con questo mezzo di impugnazione deve esserne aggiunto un altro.
L’ultimo motivo è inammissibile, per l’insanabile contraddditorietà tra la prospettata omissione di motivazione e la contraddittorietà della decisione, entrambe dedotte con l’unico motivo di ricorso e per la mancanza di un momento di sintesi relativo al fatto controverso, in ordine al quale si deduce che la motivazione sia insufficiente, omessa o contraddittoria.
“In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè’ secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
La relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di salutazione della sua ammissibilità” (Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20603).
Alla inammissibilità del ricorso principale consegue la inefficacia del ricorso incidentale (Cass. S.U. 14 aprile 2008 n. 9741).
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P. Q. M.
LA CORTE riunisce i ricorsi.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale.
Compensa le spese del giudizio di cassazione.
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